Cresce l’ammontare di banconote in circolazione nel nostro Paese. Nel 2014 la massa monetaria complessiva ha sfiorato i 164,5 miliardi di euro. Negli ultimi 7 anni di crisi, fa sapere la CGIA, l’incremento percentuale è stato del 30,4 per cento, a fronte di una variazione dell’incidenza delle banconote sul Pil del +2,4 per cento e di un aumento dell’inflazione che ha sfiorato il 10 per cento.
Nonostante l’Italia abbia il limite all’utilizzo del contante più basso d’Europa, l’evasione fiscalenon sembra averne risentito. Anzi, dall’analisi elaborata dall’Ufficio studi della CGIA, emerge un dato sorprendente: c’è pochissima correlazione tra la soglia limite all’uso di cartamoneta imposta per legge e il rapporto tra la base imponibile Iva non dichiarata e il Pil, vale a dire l’evasione fiscale.
Tra il 2000 e il 2012 (ultimo anno in cui i dati sono disponibili), a fronte di una soglia limite all’uso del denaro che è rimasta pressoché stabile fino al giugno 2008, l’evasione ha registrato un andamento altalenante fino al 2006 per poi scivolare progressivamente fino al 2010. Se tra il 2010 e l’anno successivo l’”asticella” del limite al contante si è ulteriormente abbassata (passando da 5.000 e 1.000 euro), l’evasione, invece, è salita fino a sfiorare il 16 per cento del Pil, per poi ridiscendere nel 2012 sotto quota 14 per cento.
Alla luce di questa comparazione possiamo affermare che non c’è una stretta correlazione tra l’uso della carta moneta e l’evasione fiscale. Anzi, il minor utilizzo del contante può diminuire le possibilità di riciclaggio di denaro proveniente da attività illegali che, come sappiamo, non venivano però incluse nelle statistiche ufficiali riferiti all’evasione fiscale.
Tra i principali membri dell’Unione europea, ben 11 Paesi non prevedono alcun limite all’uso del contante. La Francia e il Belgio hanno una soglia di spesa con la cartamoneta di 3.000 euro, laSpagna di 2.500 euro e la Grecia di 1.500 euro. L’Italia e il Portogallo, invece, manifestano la situazione più restrittiva: la soglia massima oltre il quale non si può più usare il contante è pari a 1.000 euro.
“Il diffusissimo uso del contante è correlato al fatto che in Italia ci sono quasi 15 milioni di unbanked– dichiara Giuseppe Bortolussi segretario della CGIA – ovvero di persone che non hanno un conto corrente presso una banca. Un record non riscontrabile in nessun altro paese d’Europa. Non avendo nessun rapporto con gli istituti di credito, milioni di italiani non utilizzano alcuna forma di pagamento tracciabile, come la carta di credito, il bancomat o il libretto degli assegni. Questa specificità tutta italiana va ricercata nelle ragioni storiche e culturali ancora molto diffuse in alcune aree e fasce sociali del nostro Paese. Non possiamo disconoscere – conclude Bortolussi – che molte persone di una certa età e con un livello di scolarizzazione molto basso preferiscono ancora adesso tenere i soldi in casa, anziché affidarli ad una banca. Del resto, i vantaggi economici non sono indifferenti, visto che i costi per la tenuta di un conto corrente sono in Italia i più elevati d’Europa”.
Consulta l’allegato: CGIA Mestre – Contante in circolazione
FONTE: CGIA Mestre