Per la Corte UE giudizio su sgravi fiscali correlati alla crescita del consumo elettrico: un parere sulla normativa italiana che attribuisce incentivi alle sole imprese “energivore” che operano nel settore manifatturiero.
Gli eurogiudici chiamati a pronunziarsi sulla conformità della normativa italiana che attribuisce incentivi alle sole imprese “energivore” che operano nel settore manifatturiero.
Nel corso del 2014, una fondazione operante nel settore dell’erogazione dei servizi sanitari ha chiesto al Tar Lombardia l’annullamento degli atti con cui la competente Autorità nazionale per l’Energia elettrica ed il Gas le ha negato la fruizione degli incentivi fiscali previsti in tema di copertura degli oneri generali del sistema elettrico, riconoscendo tali benefici solo alle imprese c.d. “energivore” del settore manifatturiero.
Il contenzioso nazionale
Il Tar ha dichiarato irricevibile il ricorso perché tardivo. Adito in appello il Consiglio di Stato, quest’ultimo ha ritenuto di dover sospendere il procedimento e formulare una domanda di pronuncia pregiudiziale alla Corte di giustizia in ordine all’interpretazione dell’articolo 17 della direttiva 2003/96. Tale direttiva, recepita in Italia con il D.L. 83/2012 e concretizzata con un primo decreto del ministero dello Sviluppo economico del 5 aprile 2013, prevede, da un lato, sgravi fiscali ed agevolazioni per le imprese a forte consumo di elettricità e, dall’altro, oneri a carico dei consumatori e delle altre imprese, destinati a finanziare interessi generali, come fonti rinnovabili, messa in sicurezza del nucleare e compensazioni territoriali.
La fondazione lamentava l’esclusione da tali benefici, previsti soltanto per alcune tipologie di imprese.
Le questioni pregiudiziali
Il Consiglio di Stato ha chiesto alla Corte Ue, in via pregiudiziale:
- se sia riconducibile al campo di applicazione della direttiva 2003/96 una normativa nazionale la quale, per un verso, reca una definizione di “imprese a forte consumo di energia” compatibile con quella della direttiva e che, per altro verso, riserva a tale tipologia di imprese incentivi in tema di corrispettivi a copertura degli oneri generali del sistema elettrico (e non incentivi relativi alla tassazione dei prodotti energetici e dell’elettricità in quanto tale);
- se l’ordinamento dell’Unione e, segnatamente, gli articoli 11 e 17 della direttiva citata ostino a una disciplina come quella nazionale la quale, per un verso, opta per l’introduzione di un sistema di agevolazioni sul consumo di prodotti energetici da parte delle imprese “a forte consumo di energia” e, per altro verso, limita la possibilità di fruire di tali agevolazioni in favore delle sole imprese “energivore” che operano nel settore manifatturiero, escludendola nei confronti delle imprese che operano in diversi settori produttivi (e, segnatamente, nel nostro caso, nel settore dei servizi sanitari).
La decisione degli eurogiudici
Per rispondere alla prima questione, a parere della Corte di giustizia, occorre accertare se i corrispettivi citati costituiscano un’imposta indiretta. Tali corrispettivi sono previsti in Italia dall’articolo 39 del decreto legge n. 83/2012 e la Corte ritiene, salva diversa valutazione del giudice interno, che abbiano natura di imposta, in quanto gli enti che utilizzano i servizi della rete elettrica hanno l’obbligo giuridico di versare i corrispettivi di cui trattasi alla Cassa conguaglio per il settore elettrico. Essi, inoltre, non sono destinati a finanziare i costi di produzione e distribuzione dell’elettricità ma sono rivolti a finalità di interesse generale, andando a gravare sul consumatore finale del bene o del servizio fornito, essendo inclusi nell’importo indicato nella fattura e collegati all’elettricità consumata, in quanto si appalesano decrescenti in funzione dei consumi. Rappresentando un’imposta indiretta, i benefici riconosciuti alle imprese “energivore” certamente possono, pertanto, essere equiparati ad uno sgravio fiscale.
Via libera alla discrezionalità del ministero
In merito alla seconda questione – proseguono gli eurogiudici – l’articolo 17 della direttiva citata precisa che gli Stati membri possono prevedere limiti più stringenti alla nozione di “impresa a forte consumo di energia” rispetto al dettato europeo, relativi, ad esempio, al valore del fatturato o alle definizioni del processo produttivo del settore industriale di riferimento. Per tale ragione – ad avviso della Corte di giustizia – non è possibile individuare nella scelta discrezionale del ministero dello Sviluppo economico alcuna lesione al principio di parità di trattamento, in considerazione delle diverse scelte politiche che per tale via il governo nazionale intende perseguire.
Le conclusioni della Corte
L’ articolo 17 paragrafo 1 della direttiva 2003/96 CE, che ristruttura il quadro comunitario per la tassazione dei prodotti energetici e dell’elettricità, deve essere interpretato nel senso che rientrano nella nozione di “sgravi fiscali” gli incentivi riconosciuti, dal diritto nazionale, alle imprese a forte consumo di energia, quali definite dalla medesima disposizione, relativamente a corrispettivi, come quelli in discussione nel procedimento principale, a copertura degli oneri generali del sistema elettrico italiano, con riserva di verifica, da parte del giudice del rinvio, degli elementi di fatto e delle norme del diritto nazionale su cui siffatta risposta della Corte si basa.
L’articolo 17 paragrafo 1 della direttiva 2003/96 deve essere interpretato nel senso che esso non osta ad una normativa nazionale che prevede sgravi fiscali sul consumo di elettricità, a favore delle imprese a forte consumo di energia, ai sensi della disposizione in parola, unicamente del settore manifatturiero.