cooperative compliance 2La circolare 38/E del 16 settembre 2016, mediante la formula “domanda e risposta”, risolve quesiti e dubbi concernenti l’applicazione del nuovo istituto. In particolare, fornisce precisazioni in merito alle disposizioni contenute nel provvedimento 14 aprile 2016 dell’Agenzia delle Entrate, che definiscono i requisiti soggettivi di accesso al regime con riguardo, ad esempio, alla disposizione che estende la partecipazione al regime alle società del gruppo che svolgono “funzioni di indirizzo in relazione al sistema di controllo del rischio fiscale”.

 

Sono poi approfonditi i profili di corporate governance che coinvolgono l’implementazione del tax control framework, con particolare riferimento all’individuazione di ruoli e responsabilità, viene declinata la modalità di “mappatura dei rischi fiscali” e chiarito il concetto di “rischio rilevante”, la cui mancata comunicazione o individuazione determina la potenziale fuoriuscita dal regime.

 

Vengono, inoltre, anticipati alcuni temi centrali dell’istituto che costituiranno oggetto di approfondimento in successivi provvedimenti di attuazione quali:

 

 

  • l’ambito oggettivo della previsione di cui all’articolo 6, comma 3, Dlgs 128/2015, ossia la riduzione a metà delle sanzioni amministrative applicabili sui rischi comunicati nel corso delle interlocuzioni
  • le modalità e i tempi della pubblicazione delle operazioni, delle strutture e degli schemi di pianificazione fiscale aggressiva (articolo 5, comma 1)
  • gli effetti dell’eventuale fuoriuscita dal regime, con particolare riguardo al trattamento degli elementi informativi acquisiti durante il periodo di collaborazione
  • la competenza per i controlli e per le attività relative al regime di adempimento collaborativo (articolo 7, comma 1).
    Tra i temi trattati meritano particolare attenzione i chiarimenti in materia di tax control framework e di mappatura dei rischi fiscali.

 

 

Sistema di controllo del rischio fiscale, Ocse oriented

 

L’impresa che aderisce al nuovo regime di adempimento collaborativo deve disporre di un efficace sistema di controllo del rischio fiscale, impostato su una chiara tax strategy. Quest’ultima può essere definita anche in base alle linee guida Ocse 2016 contenute nel documento “Building better tax control framework”. La strategia deve riflettere innanzitutto la propensione al rischio fiscale dell’impresa e includere i percorsi operativi necessari per posizionare la società su livelli di rischio prescelti.

 

In linea con gli orientamenti Ocse, viene chiarito che il ruolo del dipartimento fiscale dell’impresa e la sua responsabilità nell’implementazione del sistema di controllo del rischio fiscale devono essere chiaramente riconosciute e adeguatamente supportati in termini di risorse. In quest’ottica, si auspica un pieno coinvolgimento della funzione fiscale nelle decisioni di business, favorendo un’interazione critica per l’assunzione di decisioni consapevoli in relazione a ogni aspetto della vita aziendale suscettibile di interessare la variabile fiscale.

 

La circolare si concentra quindi sugli aspetti applicativi del principio di separazione dei compiti (“segregation of duties”) ossia sui criteri da seguire per far fronte all’esigenza di assicurare la separatezza tra le funzioni operative e quelle di controllo, al fine di evitare conflitti di interessi. In particolare, nel raccomandare un modello di controllo strutturato in più fasi e basato sulle cosiddette “tre linee di difesa”, il documento di prassi chiarisce che ciascun livello di controllo deve essere implementato da strutture indipendenti.

 

Il controllo di primo livello o “di linea” è generalmente posto in essere dalle funzioni operative in relazione ai processi di competenza e dalla funzione fiscale per i processi da essa direttamente gestiti. Il controllo di secondo livello, diretto a verificare l’efficacia e l’effettività dei controlli di primo livello, è invece demandato a una funzione che assicuri un elevato grado di indipendenza rispetto a quelle che effettuano il controllo di linea. Con riguardo a tale tipo di controllo, la circolare fornisce qualche esempio di modalità applicativa di separazione ipotizzando l’attribuzione delle funzioni di controllo di secondo livello a un’unità dotata di specifiche competenze fiscali in seno alla più generale funzione aziendale di compliance ovvero a un’unità inserita nell’ambito della funzione fiscale ancorché separata, dal punto di vista organico e funzionale, dalle unità di essa che svolgono attività inerenti gli adempimenti e la consulenza in materia fiscale.

 

Il controllo di terzo livello, volto a valutare periodicamente l’adeguatezza del generale sistema di controllo dei rischi sia in termini di design sia in merito all’effettivo funzionamento, può essere svolto da una funzione interna (internal audit) o da un ente esterno (società d revisione) in grado, entrambi, di garantire valutazioni indipendenti.

 

Con riguardo a tutti i livelli di controllo, la circolare sottolinea il requisito dell’indipendenza delle funzioni aziendali deputate a porre in essere le attività a essi connessi ed evidenzia l’opportunità che i responsabili di tali funzioni siano collocati in una posizione gerarchico funzionale adeguata e abbiano la concreta possibilità di comunicare con i vertici aziendali senza restrizioni o intermediazioni.

 

Mappatura dei rischi fiscali

 

Tra i documenti da esibire in sede di presentazione dell’istanza di accesso al regime assume particolare rilievo e interesse la mappa dei rischi. All’interno della circolare sono chiariti gli elementi essenziali che definiscono tale documento. La mappa è redatta per processo aziendale e per ogni attività di cui questo si compone. A ogni attività deve essere attribuito, laddove quantificabile, un valore economico. Per la stessa sono da evidenziare gli eventuali rischi, la rilevanza degli stessi ai fini del raggiungimento degli obiettivi aziendali, nonché i controlli posti a presidio. L’approccio per processo nella costruzione della mappa si accompagna a un approccio ex antenella stesura della stessa. In tale ottica, la mappa deve riportare “l’indicazione dei rischi fiscali, potenziali e attuali, associati ai processi e alle attività aziendali, conosciuti o conoscibili al momento dell’implementazione del sistema e ritenuti in grado di inficiare la corretta operatività fiscale dell’impresa, presente o futura”.

 

La mappa, inoltre, è un documento dinamico, intendendo con questo il continuo aggiornamento che sulla stessa si dovrà operare integrandola di nuovi elementi frutto di un mutato contesto normativo, operativo o interpretativo o eliminando quegli elementi che non costituiscono più un rischio alla luce dei citati mutamenti. La circolare precisa che l’omessa indicazione di un rischio all’interno della mappa di per sé non è causa di esclusione dal regime, posto che lo stesso non sia rilevante ovvero che la mancata individuazione o comunicazione non sia tale da compromettere l’affidamento dell’ufficio nel sistema stesso.