A stabilirlo è una recente sentenza della Cassazione, la numero 16850/2024, che sostiene la legittimità dei controlli bancari sui conti correnti da parte dell’Agenzia delle Entrate se i ricavi non sono giustificabili.


Il principio rappresenta un importante precedente e  si pone come riferimento per future verifiche fiscali. Nel caso in esame a seguito di una verifica fiscale, sono emerse diverse irregolarità nei conti di una società e dei suoi rappresentanti.

La controversia

Le anomalie rilevate includevano fatture prive di elementi essenziali, registrazioni di costi non pertinenti, omissioni nei versamenti di ritenute, fatture attive non registrate nei registri IVA e mancate liquidazioni.

A fronte di queste irregolarità, la Guardia di Finanza ha condotto un’indagine approfondita sui conti correnti della società, del legale rappresentante, del procuratore generale e di alcuni stretti congiunti, destinatari di alcune delle fatture contestate. L’obiettivo era ricostruire il reale volume d’affari della società.

Di fronte alla richiesta di documentazione bancaria, le parti coinvolte hanno fornito giustificazioni parziali e incomplete. In assenza di spiegazioni convincenti, l’Agenzia delle Entrate ha emesso un atto di accertamento fiscale, contestando le irregolarità rilevate e ricostruendo il reddito non dichiarato della società tramite controlli bancari.

La società ha deciso di ricorrere contro il provvedimento dell’istituzione finanziaria e così il caso è arrivato di fronte ai giudici.

Legittimi i controlli bancari sui conti correnti da parte dell’Agenzia delle Entrate

I giudici della Corte di Cassazione hanno respinto le obiezioni della società, confermando la legittimità dell’accertamento. Secondo la Corte, gli articoli 32 del Dpr n. 600/1973 e 51 del Dpr n. 633/1972 stabiliscono una presunzione legale a favore dell’erario.

Questa presunzione non richiede i requisiti di gravità, precisione e concordanza delle presunzioni semplici previste dall’art. 2729 del Codice civile. Per superare tale presunzione, il contribuente deve fornire prove analitiche specifiche che dimostrino che i movimenti bancari non sono riferibili a operazioni imponibili.

Nel caso specifico, la decisione della Corte ha preso in considerazione due aspetti fondamentali:

  • mancanza di documentazione: per alcuni conti correnti, non è stata fornita alcuna documentazione a supporto delle movimentazioni effettuate.
  • irrilevanza reddituale non provata: per altri conti, non è stata dimostrata l’irrilevanza reddituale delle movimentazioni.

Alla luce di queste carenze, la Corte ha ritenuto legittimo l’accertamento fiscale eseguito dall’Ufficio, respingendo il ricorso della società.

In conclusione questa pronuncia della Corte di Cassazione sottolinea l’importanza di fornire giustificazioni dettagliate e documentate per i movimenti bancari, per evitare che vengano automaticamente considerati come ricavi non dichiarati. L’ordinanza rappresenta pertanto un monito per i contribuenti e un rafforzamento dei poteri dell’Amministrazione finanziaria nel combattere l’evasione fiscale.

Il testo della sentenza

Qui il documento completo.