Il nuovo contratto per le funzioni locali, firmato il 21 maggio con efficacia dal giorno successivo, ha avuto un lungo periodo di gestazione; alcuni dei problemi affrontati si riflettono anche nella certificazione positiva della Corte dei conti arrivata con la delibera n. 6/2018 a sezioni riunite.


Il legislatore ha provveduto, per le amministrazioni ricomprese nel settore statale, a stanziare le risorse necessarie per i miglioramenti economici del personale pubblico. Con la legge di stabilità 2016 (art. 1, comma 466, l. 28 dicembre 2015, n. 208), sono stati stanziati 300 milioni per il personale dello Stato, compreso quello in regime di diritto pubblico.

 

Tali risorse risultavano, peraltro, sufficienti a corrispondere la sola indennità di vacanza contrattuale. Per le restanti amministrazioni pubbliche, la stessa legge aveva previsto, in coerenza con l’art. 48, comma 2, del d.lgs. n. 165 del 2001 (come sostituito dall’art. 60, comma 1, lett. b), d.lgs. n. 150 del 2009), la copertura di tali oneri a carico dei rispettivi bilanci. Il successivo d.P.C.M. 18 aprile 2016 ha definito i criteri di determinazione degli oneri, in coerenza con i parametri previsti per le amministrazioni statali.

 

In coerenza con il disegno complessivo di superamento della frammentazione dei comparti di contrattazione e di conseguente omogeneizzazione delle regole contrattuali per tutti i dipendenti delle amministrazioni pubbliche, l’art. 23, comma 1, del d.lgs. n. 75 del 2017 dispone che “la contrattazione collettiva nazionale, per ogni comparto o area di contrattazione opera, tenuto conto delle risorse di cui al comma 2, la graduale convergenza dei medesimi trattamenti anche mediante la differenziata distribuzione, distintamente per il personale dirigenziale e non dirigenziale, delle risorse finanziarie destinate all’incremento dei fondi per la contrattazione integrativa di ciascuna amministrazione”.

 

Allo stesso tempo, l’obiettivo di “armonizzazione dei trattamenti accessori” si coniuga con l’esigenza di tutela degli equilibri finanziari.

 

Secondo il principio contabile applicato punto 5.2 dell’allegato 4/2 al Dlgs 118/2011 l’ente avrebbe dovuto, in attesa della sottoscrizione dei contratti, accantonare le risorse necessarie in capitoli di bilancio, non impegnabili (voce di IV livello – Fondo rinnovi contrattuali – U.1.10.01.04.000).

Le somme accantonate e non utilizzate avrebbero dovuto concorrere alla determinazione del risultato di amministrazione, vincolato per la sola quota del fondo prevista dalla contrattazione collettiva nazionale. Infine, poiché gli incrementi contrattuali rappresentano una voce di spesa ricorrente da finanziare con entrate correnti altrettanto ricorrenti, è vietato finanziarli con avanzo, pena la violazione del pareggio di bilancio e dei principi dell’armonizzazione contabile.

 

In allegato il testo completo della Sentenza.