contratto rete agricoloL’Agenzia delle Entrate, sollecitata da alcune associazioni interessate, fornisce utili precisazioni in merito al trattamento tributario ai fini dell’Iva e delle imposte dirette.


 

L’Agenzia delle Entrate, con la risoluzione n. 75/E del 21 giugno 2017, rispondendo a un’istanza di consulenza giuridica, fornisce interessanti chiarimenti e precisazioni sul trattamento tributario, ai fini dell’Iva e delle imposte dirette, del contratto di rete agricolo.

 

Il contratto di rete

 

L’amministrazione, nell’articolare la propria risposta, parte dalla definizione di contratto di rete, ricordando che si tratta di uno schema operativo attraverso il quale “più imprenditori perseguono lo scopo di accrescere, individualmente e collettivamente, la propria capacità innovativa e la propria competitività sul mercato e a tal fine si obbligano, sulla base di un programma comune di rete, a collaborare in forme e in ambiti predeterminati attinenti all’esercizio delle proprie imprese ovvero a scambiarsi informazioni o prestazioni di natura industriale, commerciale, tecnica o tecnologica ovvero ancora a esercitare in comune una o più attività rientranti nell’oggetto della propria impresa (articolo 3, comma 4-ter, Dl 5/2009).

 

Il contratto di rete agricolo

 

Nel più ampio genus del contratto di rete rientra una peculiare figura, operante dal 2014 nel nostro ordinamento: si tratta del “contratto di rete agricolo”. Il legislatore, infatti, ha previsto che, nei contratti di rete stipulati tra imprese agricole piccole e medie, “la produzione agricola derivante dall’esercizio in comune delle attività, secondo il programma comune di rete, può essere divisa fra i contraenti in natura con l’attribuzione a ciascuno, a titolo originario, della quota di prodotto convenuta nel contratto di rete” (articolo 1-bis, comma 3, DL 91/2014).

 

Dal punto di vista soggettivo, quindi, un contratto di rete agricolo può essere stipulato da sole imprese agricole, singole o associate, che, secondo il diritto europeo, presentano i requisiti per essere qualificate piccole e medie (fatturato annuo non superiore a 50 milioni di euro ovvero totale di bilancio annuo non superiore a 43 milioni di euro; meno di 250 occupati).

 

Sotto il profillo oggettivo, invece, le imprese che sottoscrivono tra loro un contratto di rete agricolo mettono in comune i fattori della produzione (attrezzature, know how, risorse umane) per il raggiungimento dello scopo comune dichiarato nel contratto: la realizzazione di una produzione agricola che favorisca la crescita imprenditoriale delle imprese partecipanti, in termini di innovazione e competitività nell’ambito di un segmento della filiera di produzione (accordo-integrazione orizzontale).

 

Dalla lettura della norma e sulla base dei chiarimenti offerti dal ministero delle Politiche agricole, alimentari e forestali, interpellato sul punto dall’Agenzia delle Entrate, emerge che la caratteristica peculiare del contratto di rete agricolo è rappresentata dall’acquisto a titolo originario della produzione agricola da parte delle imprese partecipanti alla rete.

 

Secondo quanto previsto dal legislatore, quindi, questo schema contrattuale si caratterizza per la divisione in natura della produzione a titolo originario e, cioè, per l’assenza di una funzione di scambio. Detto altrimenti, il contratto di rete agricolo “esaurisce la sua funzione con la ripartizione a titolo originario della produzione”. Esso, cioè, prevede che più imprese agricole, mantenendo la propria autonomia giuridica, si associno per lo svolgimento in comune di attività, il cui risultato (la produzione agricola) può essere diviso fra le stesse imprese a titolo originario in base alla quota convenuta nel contratto.

 

Tuttavia, tale elemento non è un effetto automatico della costituzione della rete, ma una facoltà rimessa alla scelta delle imprese. Ne consegue che, in mancanza, si rientra nell’alveo dei contratti di rete in genere.

 

Sul punto, l’Agenzia precisa che l’acquisto a titolo originario della produzione agricola (elemento che, come si dirà tra breve, assume una rilevanza fiscale decisiva) è subordinato al ricorrere delle seguenti condizioni:

 

 

  • tutte le singole imprese devono svolgere attività agricole di base e le eventuali attività connesse non solo non devono essere prevalenti, ma devono essere legate alle prime da un rapporto di stretta complementarietà
  • obbligatoria messa in comune dei terreni
  • l’apporto alla rete di ogni singola impresa deve essere equivalente (condivisione dei mezzi umani e tecnici, proporzionati alla potenzialità del terreno messo in comune, con divieto di monetizzazione delle spettanze)
  • la divisione della produzione tra le imprese deve avvenire in maniera proporzionata al valore del contributo che ciascuna partecipante ha apportato alla realizzazione del prodotto comune
  • i prodotti oggetto di divisione non devono essere successivamente oggetto di cessione tra le imprese partecipanti alla rete, dal momento che tale tipologia di rete è finalizzata alla sola produzione.

 

 

Aspetti fiscali: Iva

 

L’Agenzia chiarisce che, solo in presenza delle descritte condizioni, la ripartizione della produzione agricola tra le imprese partecipanti alla rete, in quanto divisione in natura dei prodotti a titolo originario, secondo le quote definite dal contratto di rete, non produce effetti traslativi tra le imprese stesse e, di conseguenza, non assume rilevanza ai fini Iva. Sempre ai fini Iva, la risoluzione chiarisce che, intervenuta la divisione (per effetto della quale i prodotti agricoli sono stati acquistati a titolo originario), la singola impresa che cede a terzi i propri prodotti rientra, in presenza delle condizioni previste dalla legge, nell’ambito del regime speciale per i produttori agricoli disciplinato dall’articolo 34, Dpr 633/1972, con applicazione delle percentuali di compensazione ivi previste.

 

Se oltre al contratto di rete agricolo, le imprese dovessero decidere di istituire anche una rete finalizzata alla successiva cessione a terzi dei prodotti, all’uopo conferendo a una capofila il mandato a vendere, per tali cessioni troverebbero applicazione le regole ordinarie di determinazione dell’Iva. La capofila, invece, al ricorrere delle condizioni richieste, potrà applicare il regime speciale (e le relative percentuali di compensazione) solo per le cessioni dei propri prodotti.

 

Aspetti fiscali: imposte dirette

 

Dal punto di vista delle imposte dirette, invece, l’Agenzia sostiene che il contratto di rete agricolo realizza una fattispecie assimilabile alla conduzione associata, poiché ciascuna impresa agricola che aderisce alla rete, unendo le proprie risorse con lo scopo di accrescere, individualmente e collettivamente, la produzione in virtù delle sinergie realizzabili attraverso l’esercizio in comune delle attività previste dall’accordo, risulta conduttore, oltre che del proprio terreno, anche del fondo di proprietà delle altre imprese agricole partecipanti per la quota stabilita nel contratto.

 

Di conseguenza, può trovare applicazione la norma del Tuir in materia di imputazione del reddito agrario (articolo 33, comma 2), in base alla quale “nei casi di conduzione associata, salvo il disposto dell’articolo 5 (redditi prodotti in forma associata, ndr) il reddito agrario concorre a formare il reddito complessivo di ciascun associato per la quota di sua spettanza (…)”.

 

Peraltro, alla luce della circostanza che nel contratto di rete agricolo il terreno utilizzato per lo svolgimento dell’attività è il risultato della messa in comune di più terreni da parte dei soggetti partecipanti alla rete, per determinare il reddito agrario da imputare a ciascuna impresa per la quota di propria spettanza, è necessario individuare un criterio di calcolo che tenga conto del reddito agrario di ogni terreno utilizzato per l’attività comune. A tal proposito, l’Agenzia ritiene che un criterio ragionevole sia quello che prevede la sommatoria dei redditi agrari dei singoli terreni messi in comune e la sua successiva ripartizione tra le imprese della rete, in base alle rispettive quote previste dal contratto. Pertanto, in sede di dichiarazione dei redditi, ciascuna impresa dovrà dichiarare, per la quota di prodotto a essa spettante, il reddito agrario di ciascuno dei terreni messi in comune (si veda l’esempio riportato nella risoluzione).