Sono da considerare penalmente rilevanti i comportamenti dell’imputato fraudolenti, simulatori o comunque finalizzati alla creazione e all’utilizzo di documentazione non vera.
Non può venire in considerazione la scriminante dell’abuso del diritto, la cui applicazione ha carattere solo residuale, quando i comportamenti a esso riconducibili integrano gli elementi costitutivi del delitto di dichiarazione infedele per la comprovata esistenza di una falsità ideologica che interessa il contenuto della dichiarazione. A fornire questa precisazione, la Corte di cassazione, con la sentenza n. 38016 del 31 luglio 2017.
I fatti di causa
I giudici di primo grado avevano condannato un imprenditore alla pena di un anno e quattro mesi di reclusione per il reato di dichiarazione infedele previsto dall’articolo 4 del Dlgs 74/2000, perché, in qualità di legale rappresentante di una Srl, dietro l’apparenza di una operazione di cessione di quote societarie, aveva occultato un trasferimento di beni immobili: nella dichiarazione dei redditi presentata per l’anno d’imposta 2008 aveva riportato una plusvalenza in regime di esenzione parziale, anziché indicare una plusvalenza ordinariamente tassabile. In particolare, il legale rappresentante aveva omesso di dichiarare elementi attivi per un ammontare pari al 95% della plusvalenza realizzata, con una conseguente considerevole evasione d’imposta. Il ricorrente sosteneva che l’intenzione delle parti non era quella di cedere la partecipazione societaria, bensì una serie di immobili facenti parte di un complesso aziendale agricolo, e che tale cessione era da ritenersi, quindi, soggetta a tassazione ordinaria.
Dopo la conferma della condanna anche in appello, l’imputato è ricorso in Cassazione, eccependo come la censura di eventuali operazioni considerate “abuso del diritto” non assumessero alcuna rilevanza penale a seguito dell’introduzione dell’articolo 10-bis dello Statuto del contribuente. Il ricorrente denunciava, inoltre, la mancanza, l’insufficienza, la contraddittorietà e l’illogicità della motivazione della sentenza impugnata.
La decisione della Suprema corte
I giudici della Cassazione hanno precisato che l’abuso del diritto non esclude il reato e, quindi, la rilevanza penale delle condotte oggetto di contestazione, se c’è stato falso ideologico. L’articolo 10-bis, comma 13, dello Statuto del contribuente, introdotto dal Dlgs 128/2015, esclude che operazioni esistenti, anche se prive di sostanza economica e tali da realizzare vantaggi fiscali indebiti, possano integrare condotte penalmente rilevanti.
Tuttavia, la Corte chiarisce che, in presenza di comportamenti simulatori finalizzati ad alterare il contenuto della dichiarazione, l’istituto dell’abuso del diritto ha “applicazione solo residuale e non può venire in considerazione quando i fatti integrino gli elementi del delitto di dichiarazione infedele per la comprovata esistenza di una falsità ideologica che interessa, nella parte che connota il fatto evasivo, il contenuto della dichiarazione, inficiandone la veridicità, per avere come obiettivo principale l’occultamento totale o parziale della base imponibile“. In applicazione della nuova norma sulle condotte abusive (articolo 10-bis, comma 13, legge 212/2000), i fatti contestati sarebbero irrilevanti ai fini penali, ma poiché l’imputato aveva adottato comportamenti simulatori preordinati a evitare la tassazione delle somme risultanti dalla cessione, è venuta a configurarsi la condotta più grave, e penalmente rilevante, della falsità ideologica.
Nel caso in esame, i giudici di merito hanno ritenuto la sussistenza degli elementi costitutivi del reato di dichiarazione infedele, sul rilievo che la società, in sede di denuncia dei redditi concernenti l’anno di imposta 2008, avesse indicato, tra le variazioni in diminuzione, una partecipazione non meritevole dell’esenzione prevista dall’articolo 87 del Tuir, in quanto non sussisteva il necessario requisito previsto dalla lettera d) citato articolo. L’abuso del diritto non può trovare applicazione, come nella fattispecie in esame, in caso di comportamenti fraudolenti, simulatori o comunque finalizzati alla creazione e all’utilizzo di documentazione falsa di cui al Dlgs 74/2000, cosicché esso non viene mai in rilievo quando i fatti in contestazione integrino le fattispecie penali connotate da tali elementi costitutivi (Cassazione 40272/2015).
Il comportamento fraudolento dell’imputato di voler cedere immobili anziché quote societarie ha portato la Corte a bocciare il ricorso e a confermare le motivazioni dei giudici di merito, ravvisando nelle azioni del legale rappresentante della società un insieme di condotte simulate, connotate dal dolo di evasione.