Arriva la “tassa” sull’aria condizionata. Lo annunciano Federconsumatori e Adusbef che stimano l’aggravio in circa 200 euro a famiglia.
“Da quella sul gradino a quella sull’ombra… a popolare la ricca fauna delle tasse più curiose nel nostro Paese arriva la tassa sul condizionatore. Ebbene sì, sono arrivati a tassare anche l’aria… solo quella condizionata però. L’esigenza di introdurre tale tassa deriva dalla necessità per l’Italia di adeguare la propria legislazione a una direttiva europea.”
Una direttiva che ha il nobile scopo di tutelare l’ecosistema limitando l’immissione di anidride carbonica nell’atmosfera. Il problema sorgerebbe perché la direttiva in questione paragona i condizionatori agli impianti di riscaldamento, obbligando i proprietari a possedere un libretto di impianto, oltre a introdurre controlli ogni 4 anni dei condizionatori stessi.
Tutto ciò si traduce in una spesa non indifferente per i cittadini: per il rilascio del libretto e del primo bollino per i condizionatori si stima una spesa di 180 – 220 euro, che salgono a circa 300 se i condizionatori in casa sono più di uno. A questi costi si aggiungono le ricadute indirette. I condizionatori si trovano anche e soprattutto negli esercizi commerciali, nei ristoranti, negli studi di professionisti.
La maggiore spesa a carico di questi ultimi sicuramente troverà modo di ripercuotersi sulle tasche dei cittadini.
Sono previste delle multe salate per chi non è in regola: dai 500 ai 3mila euro per il proprietario dei condizionatori. L’Associazione dei consumatori si chiede se, invece di tassare ulteriormente le tasche già vuote dei cittadini, non sarebbe stato opportuno stanziare incentivi per l’acquisto di condizionatori a basso impatto energetico e per la rottamazione di quelli che consumano di più. In questo modo i benefici per l’ambiente sarebbero stati salvi e anche le tasche dei cittadini che non si possono permettere tali aggravi.
In ogni caso Federconsumatori e Adusbef hanno già dichiarato guerra alla presunta tassa e sono pronte, in sede europea ed anche in ambito nazionale, a mettere in campo tutti gli strumenti per la cancellazione di tale “obolo”.
Secondo il sito del ministero, però, ad essere sotto controllo saranno solamente gli impianti superiori ai 12 Kw.
Il tutto è contenuto in un decreto del 10 febbraio 2014 recante “Modelli di libretto di impianto per la climatizzazione e di rapporto di efficienza energetica”.
Testualmente il sito del ministero riporta:
” […] si procede al controllo di efficienza energetica solo quando la potenza utile, in una delle modalità di utilizzo (climatizzazione invernale/estiva), è maggiore o uguale a 12 kW. Per quanto riguarda i limiti degli intervalli di potenza di cui alla nota “1” dell’allegato A del D.P.R. 74/2013 che recita “I limiti degli intervalli sono riferiti alla potenza utile nominale complessiva dei generatori o delle macchine frigorifere che servono lo stesso impianto”, si precisa che per “stesso impianto” si intende che la somma delle potenze va effettuata solo quando le macchine siano al servizio dello stesso sottosistema di distribuzione. Per i singoli apparecchi con potenza inferiore ai valori limite riportati sul suddetto allegato A non si compilano, pertanto, i rapporti di controllo di efficienza energetica. Circa i limiti delle potenze, (maggiore o uguale o semplicemente maggiore e segni adottati) citati nel comma 1 dell’art. 8 e nell’allegato A del D.P.R. 74/2013, vanno interpretati nel senso di “maggiore o uguale” in accordo con l’art. 9 del D.P.R. 74/2013 che stabilisce i limiti di potenza per gli accertamenti e le ispezioni. Non si possono, infatti, fare gli accertamenti e/o le ispezioni se non sono previsti i controlli di efficienza energetica.”
L’esigenza di introdurre tale direttiva deriva dalla necessità per l’Italia di adeguare la propria legislazione alla direttiva europea che ha il nobile scopo di tutelare l’ecosistema limitando l’immissione di anidride carbonica nell’atmosfera.