L’introduzione del Concordato Preventivo Biennale potrebbe rappresentare una significativa opportunità per Imprese e Partite IVA oppure si tratta di una “scommessa rischiosa da parte del Governo? Scopriamolo.


Il Concordato Preventivo Biennale (CPB), introdotto dal d.lgs. 13/2024, è un istituto facoltativo che consente di stabilire anticipatamente i redditi e il valore netto della produzione imponibili per i periodi d’imposta 2024 e 2025. Questo strumento si rivolge a imprenditori e lavoratori autonomi, società di persone e soggetti assimilati ai sensi dell’art. 5 TUIR (tra cui anche le associazioni professionali), società di capitali e enti commerciali e non commerciali con riferimento alle loro attività di natura commerciale, che applicano gli ISA, ossia gli Indici sintetici di affidabilità. A titolo sperimentale, l’adesione è estesa ai contribuenti in regime forfettario, ma limitatamente al solo periodo d’imposta 2024.

Accesso al Concordato Preventivo Biennale

L’accesso al CPB è subordinato al possesso di alcuni requisiti da parte dei contribuenti. In particolare, l’art. 11 del d.lgs. 13/2024 individua le condizioni necessarie, nonché le cause di esclusione e quelle di decadenza:

  • assenza di debiti tributari e contributivi relativi al 2023, o estinzione di quelli superiori a 5.000 euro;
  • presentazione regolare delle dichiarazioni dei redditi per i periodi d’imposta 2021, 2022 e 2023;
  • assenza di condanne per reati tributari ai sensi del d.lgs. 74/2000 o per reati come false comunicazioni sociali, riciclaggio e autoriciclaggio relativi agli anni dal 2021 al 2023;
  • conseguimento di redditi esenti, esclusi o non concorrenti alla base imponibile in misura superiore al 40% del reddito d’impresa o professionale nel 2023;
  • prevedibile assenza di cambiamenti nella compagine sociale per società di persone e soggetti assimilati.

La proposta di concordato dell’Agenzia delle Entrate

L’Agenzia delle Entrate elabora una proposta di concordato, basandosi sui dati forniti dai contribuenti attraverso il modello ISA relativo all’anno d’imposta 2023, oltre che su altre informazioni inerenti al tipo di attività esercitata, all’andamento economico della stessa e del settore di riferimento. Per perfezionare l’adesione al Concordato, i contribuenti dovevano presentare il Modello Redditi 2024 entro il 31 ottobre 2024, compilando il quadro riservato all’opzione CPB.

L’adesione alla proposta di concordato da parte dei contribuenti determina la tassazione dei soli redditi da lavoro autonomo e d’impresa preconcordati con l’Agenzia delle Entrate. Ciò significa che eventuali redditi superiori rispetto a quelli concordati non sono rilevanti ai fini fiscali, ottenendo così un vantaggio in termini di risparmio d’imposta. Tuttavia, qualora i redditi effettivi risulteranno inferiori a quelli concordati, il contribuente sarà comunque vincolato al pagamento delle imposte sulla base dei redditi stabiliti, rappresentando ciò un potenziale svantaggio economico.

Assoggettamento del reddito di impresa o di lavoro autonomo

Inoltre, il d.lgs. 108/2024 ha introdotto, per i contribuenti che hanno aderito al CPB, la possibilità di assoggettare la parte di reddito d’impresa o di lavoro autonomo derivante dall’adesione al concordato, che risulta eccedente rispetto al corrispondente reddito dichiarato nel periodo precedente, a una imposta sostitutiva delle imposte sul reddito, addizionali comprese, applicando un’aliquota del:

  • 10% per punteggi ISA di 8, 9 o 10;
  • 12% per punteggi ISA di 6 o 7;
  • 15% per punteggi ISA pari o inferiori a 5.

Esonero dagli accertamenti del DPR 600/1973

L’adesione al CPB esonera il contribuente dagli accertamenti previsti dall’art. 39 D.P.R. 600/1973 per i periodi d’imposta concordati, purché non si verifichino cause di decadenza. Inoltre, garantisce i benefici premiali del regime ISA (art. 9-bis, comma 11, del DL 50/2017). Tuttavia, per i contribuenti che non aderiscono, l’Agenzia delle Entrate potrebbe intensificare i controlli, anche se il rifiuto della proposta non comporta, di per sé, conseguenze negative immediate per il contribuente.

Regime di ravvedimento speciale

Un ulteriore beneficio per i contribuenti che hanno aderito al CPB consiste nella possibilità di accedere a un regime di ravvedimento speciale, che consente di sanare le annualità ancora accertabili dal 2018 al 2022 tramite il versamento di un’imposta sostitutiva. Questa sanatoria, introdotta dall’art. 2-quater del d.l. 113/2024, calcola l’imposta sostitutiva su un incremento percentuale variabile del reddito in base al punteggio ISA e applica aliquote proporzionate:

  • 5% per Isa pari a 10;
  • 10% per Isa tra 8 e 10, considerato “affidabile”;
  • 20% per Isa tra 6 e 8;
  • 30% per Isa tra 4 e 6;
  • 40% per Isa sotto 4;
  • 50% per Isa inferiore a 3.

L’incremento di reddito è tassato con aliquote variabili anch’esse in base al punteggio Isa:

  • 15% per Isa inferiore a 6;
  • 12% per Isa tra 6 e 8;
  • 10% per Isa tra 8 e 10.

Entro il 31 marzo 2025, il contribuente può pagare in un’unica soluzione o in rate, tramite modello F24. Per le società, sono necessari adempimenti separati per imposte sui redditi e Irap. Tuttavia, il ravvedimento decade qualora il pagamento non sia completato entro le scadenze o se intervengano atti di accertamento.

Le adesioni al concordato secondo il viceministro Maurizio Leo

In una recente intervista rilasciata dal viceministro dell’Economia, Maurizio Leo, al Sole 24 Ore, sembra che, secondo alcune stime iniziali, abbiano aderito al Concordato più di 500.000 partite Iva, con un incasso potenziale per le casse dello Stato pari ad oltre 1,3 miliardi di euro. Secondo quanto dichiarato da Leo, le cifre ammonterebbero a circa 425 milioni per il 2024 e 865 milioni per il 2025. Si tratta di risorse che verranno impiegate, prevalentemente, per ridurre le aliquote Irpef. Nelle intenzioni del Governo, infatti, vi è quella di ridurre la seconda aliquota dal 35% al 33%, al fine di venire incontro alle esigenze del ceto medio, ossia i contribuenti con un reddito che oscilla tra i 28.000 e i 50.000 euro.

Opportunità o salto nel buio?

Tanto premesso, facciamo alcune considerazioni in relazione a tale strumento.

Apparentemente, il concordato preventivo biennale è assimilabile ad una sorta di scommessa che il contribuente fa con l’Agenzia delle Entrate. L’esito positivo o negativo della stessa scommessa dipende dall’ammontare del reddito annuale prodotto dal contribuente. Infatti, se questo sarà superiore alla base concordata con il Fisco, allora il contribuente beneficerà di un’imposizione fiscale più bassa e vincerà la scommessa. Situazione del tutto inversa qualora il reddito prodotto sia inferiore rispetto alla base concordata. In questo caso, infatti, la scommessa sarà persa, in quanto il contribuente sarà comunque tenuto a pagare le imposte in base al reddito concordato con l’AdE, senza alcuna possibilità di rinegoziazione.

Sebbene quindi il concordato sembri potenzialmente vantaggioso, dietro di esso si annida un rischio elevato, ossia quello di effettuare una erronea stima dei potenziali redditi prodotti nei due anni successivi all’adesione al CPB. Infatti, effettuare una previsione relativa all’andamento della propria attività nel prossimo biennio è un compito piuttosto arduo, che può facilmente comportare la commissione di errori, dai quali deriverebbe l’obbligo di versare più imposte di quante effettivamente dovute, rendendo quindi vani i benefici derivanti dal concordato stesso.

Le difficoltà per piccole imprese e startup

Un altro elemento a sfavore di tale misura consiste nel fatto la stessa è stata introdotta soprattutto a beneficio di piccole imprese e startup in crescita. Tuttavia, sembra che il legislatore non abbia tenuto conto della difficoltà di prevedere l’andamento di attività di questo genere. Soprattutto con riferimento alle startup, queste ultime operano in situazioni di grande imprevedibilità, dal momento che la loro attività potrebbe tanto avere un enorme impatto, generando ricavi molto elevati (e quindi, in questi casi, la scommessa col Fisco sarebbe vinta dal contribuente), quanto rappresentare un fallimento. Il concordato sarebbe vantaggioso però per quelle startup che riescono ad effettuare una stimare accurata della loro crescita potenziale, in quanto potrebbero beneficiare di una riduzione della pressione fiscale complessiva e dei rischi derivanti da accertamenti futuri.

Quali sono i timori relativi all’utilizzo di questo strumento?

Il vero nodo tuttavia è un altro, ossia il timore che, dietro allo strumento del concordato, vi sia l’incapacità, da parte dell’Amministrazione finanziaria, di intervenire con misure serie ed efficaci, finalizzate a contrastare ed eliminare l’evasione fiscale.

Ben venga indubbiamente l’introduzione di un meccanismo attraverso il quale il Governo cerca di venire incontro alle esigenze dei contribuenti, provando al contempo a ridurre l’evasione fiscale. Tuttavia, lo stesso strumento prevede anche l’esonero da ogni controllo fiscale per i periodi concordati, quasi invogliando i contribuenti ad evadere, vista l’assenza di verifiche da parte del Fisco.

L’auspicio è che, nei prossimi anni, il legislatore si focalizzi sulla realizzazione di un’amministrazione finanziaria maggiormente organizzata, che operi nel rispetto di criteri di trasparenza, celerità e certezza. Un’amministrazione che abbia a propria disposizione strumenti necessari ed idonei a contrastare l’evasione e che non debba giungere a compromessi con gli evasori per recuperare le risorse mancanti nelle casse dello Stato.