Nemmeno il concordato preventivo supera il divieto di soccorso finanziario alle Società Partecipate in perdita. Lo afferma la sezione di controllo della Corte dei conti della Calabria con la delibera 29/2018.
L’articolo 7, comma 8, della legge 5 giugno 2003, n. 131 dispone che i Comuni, tramite il Consiglio delle Autonomie Locali, se istituito, possano richiedere alle Sezioni regionali di controllo della Corte dei conti pareri in materia di contabilità pubblica. In via preliminare la Sezione è chiamata a verificare i profili di ammissibilità soggettiva (legittimazione dell’organo richiedente) e oggettiva (attinenza del quesito alla materia della contabilità pubblica).
Il secondo periodo dell’articolo 14 del testo unico delle Società Partecipate rappresenta una eccezione alla regola del divieto di disporre finanziamenti in favore delle società in perdita da tre anni. E quindi la predetta disposizione non può che essere interpretata restrittivamente. Con la conseguenza che le uniche forme di finanziamento di una società in perdita, partecipata dalle amministrazioni pubbliche, come individuate dall’articolo 1 comma 3 della legge 196 del 2009, sono esclusivamente quelle specificatamente e tassativamente indicate e tipizzate dal legislatore.
La disposizione in argomento ‐ comma 6 dell’articolo 161 della legge fallimentare – prevede la presentazione di “un piano contenente la descrizione analitica delle modalità e dei tempi di adempimento della proposta, che deve indicare l’utilità specificamente individuata ed economicamente valutabile che il proponente si obbliga ad assicurare a ciascun creditore”. Il piano ivi contemplato contiene in effetti una proposta di massima relativa al pagamento dei creditori, quindi alla estinzione dei debiti, che non può corrispondere al “piano di risanamento” di cui al testo unico delle società partecipate sopra citato.
Mentre infatti il testo unico consente esclusivamente, in varie forme, il trasferimento di risorse finanziarie a fronte di convenzioni, contratti di servizio o di programma relativi allo svolgimento di servizi di pubblico interesse ovvero alla realizzazione di investimenti, nella specie si tratterebbe invece di un “sostegno finanziario al concordato in bianco”, sostegno che si risolverebbe nella diretta erogazione di risorse finanziarie per il pagamento di creditori della società, ivi compresi i dipendenti della stessa.
Alla luce di quanto sopra, non può che concludersi che la fattispecie disciplinata dall’articolo 161 della legge fallimentare non integra né può essere assimilata, sotto alcun profilo, alle ipotesi ricorrendo le quali è consentito “finanziare una società in perdita da parte di un ente locale”.
In allegato il testo completo della Sentenza.