Le Amministrazioni pubbliche, tenute a versare l’Iva, invece che al fornitore, direttamente all’erario, possono anche utilizzare l’importo dovuto in compensazione verticale.
Nuovo meccanismo, nuovi comportamenti. Con l’introduzione dello split payment cambiano anche gli adempimenti, soprattutto contabili e di registrazione, degli attori coinvolti: Amministrazioni pubbliche e loro fornitori. In particolare, questi ultimi, per le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate nei confronti delle Pa, devono: a) emettere fattura, in modalità elettronica, ai sensi dell’articolo 21 del Dpr 633/1972, con l’annotazione scissione dei pagamenti ovvero split payment – articolo 17-ter del Dpr 633/1972; b) annotare la fattura emessa nel registro Iva vendite, di cui all’articolo 23 del Dpr 633/1972, in modo distinto; c) non computare nella liquidazione l’Iva addebitata alla Pa.
Compiti delle Pa
Principale adempimento delle Amministrazioni pubbliche acquirenti è quello di versare all’erario (anziché al fornitore) l’Iva addebitatagli. Ciò avviene secondo modalità distinte a seconda che la Pa agisca o meno in qualità di soggetto passivo.
Nell’ipotesi in cui si presenta come soggetto passivo, la stessa dovrà:
- annotare la fattura del fornitore nel registro acquisti di cui all’articolo 25 del Dpr 633/1972, ai fini dell’esercizio (se e nei limiti previsti) del diritto di detrazione
- annotare la fattura del fornitore anche nel registro Iva vendite/corrispettivi di cui agli articoli 23 o 24 dello stesso Dpr.
Per effetto della doppia annotazione (a credito e a debito), potrebbe, quindi, verificarsi che nessun versamento debba essere eseguito dalla Pa, vista la possibilità di utilizzare l’importo dell’Iva, relativa all’operazione resa nei suoi confronti dal fornitore, in compensazione con altri crediti Iva vantati dalla stessa Pa nel periodo di liquidazione.
Nella diversa ipotesi in cui l’Iva relativa all’acquisto non venisse completamente neutralizzata in sede di liquidazione, l’eventuale eccedenza a debito dovrà essere versata con i normali codici tributo dell’Iva periodica, utilizzando l’F24 ovvero, ricorrendone i presupposti, l’F24Ep.
Nel caso in cui la Pa agisca nell’ambito delle proprie attività istituzionali, non potrà far confluire l’Iva addebitata dal fornitore nella propria liquidazione, ma dovrà provvedere al versamento all’erario dell’imposta addebitata:
- entro il giorno 16 di ciascun mese, cumulativamente per tutte le fatture per le quali l’imposta è divenuta esigibile nel mese precedente
- con versamenti distinti dell’Iva, entro la medesima scadenza del 16 del mese successivo al momento di esigibilità:
– in ciascun giorno del mese, per il complesso delle fatture per le quali l’imposta è divenuta esigibile in tale giorno
– per ciascuna fattura la cui imposta è divenuta esigibile.
Con la risoluzione n. 15/E del 2015 sono stati individuati appositi codici tributo e le modalità del versamento (620E per il modello F24Ep, 6040 per l’F24 “ordinario”).
Per quanto riguarda poi agli acquisti di beni e servizi destinati a essere utilizzati promiscuamente, sia nell’ambito di attività istituzionali sia commerciali, la Pa dovrà individuare, con criteri oggettivi, la parte della relativa imposta da imputare rispettivamente alle due differenti attività, per le quali l’ente è tenuto a eseguire separati adempimenti.
Regolarizzazione e note di variazione
Il meccanismo della scissione dei pagamenti implica un’applicazione particolare degli ordinari strumenti per rimediare a errori di fatturazione. Si pensi alla procedura che obbliga i cessionari/committenti a regolarizzare le fatture errate ricevute (articolo 6, comma 8, Dlgs 471/1997) e allo strumento delle note di variazione (in aumento o in diminuzione) emesse dal fornitore ogni qual volta, successivamente al momento di effettuazione di un’operazione, si determina una variazione dell’imposta o dell’imponibile dell’operazione già effettuata.
Riguardo alla procedura di regolarizzazione, la circolare n. 15/2015 ribadisce che la Pa dovrà, comunque, applicare lo split payment in relazione all’imposta erroneamente addebitata dal fornitore e, altresì, fare ricorso alla procedura di regolarizzazione per la parte di imposta da correggere (cfrcircolare n. 6/2015).
In merito alle note di variazione, la circolare n. 15/2015 chiarisce che:
- per le note di variazione in aumento, la Pa corrisponderà al fornitore solo l’eventuale maggiore imponibile e verserà all’erario (con le modalità dello split payment) l’eventuale maggiore Iva
- per le note di variazione in diminuzione, in caso di un’operazione originariamente effettuata nel 2015, e quindi, nell’ambito dello split payment, trattandosi di una rettifica apportata a un’Iva che non è confluita nella liquidazione periodica del fornitore, lo stesso non avrà diritto a portare in detrazione l’imposta corrispondente alla variazione. Conseguentemente, la Pa committente o cessionaria:
– nell’ipotesi di acquisto commerciale, provvederà alla registrazione della nota di variazione nel registro “Iva vendite”, ferma restando la contestuale registrazione nel registro “Iva acquisti”, al fine di recuperare l’imposta precedentemente computata nel debito e rettificare quella detraibile
– nel caso di acquisto istituzionale, in relazione alla parte d’imposta già versata all’erario, la Pa potrà computare tale maggior versamento a scomputo dei successivi, da effettuare nell’ambito del meccanismo della scissione dei pagamenti
- per le note di variazione in diminuzione, in relazione a operazioni effettuate nel 2014 e, quindi, prima dell’entrata in vigore dello split payment, tornano applicabili le regole ordinarie e il fornitore avrà diritto alla detrazione dell’imposta corrispondente alla variazione. Conseguentemente, la Pa committente o cessionaria:
– nell’ipotesi di acquisto commerciale, provvederà a registrare la nota di variazione nel registro “Iva vendite”, ferma restando la contestuale registrazione nel registro “Iva acquisti”, per recuperare la parte di imposta precedentemente computata a debito e rettificare quella detraibile
– nel caso di acquisto istituzionale, in relazione alla parte d’imposta già versata all’erario, potrà computare tale maggior versamento a scomputo dei successivi, da effettuare nell’ambito del meccanismo della scissione dei pagamenti.
Va ricordato, infine, che, con l’ultimo documento di prassi, è stato concesso al fornitore di applicare la disciplina della scissione dei pagamenti anche per le note di variazione in diminuzione emesse dopo il 1° gennaio 2015, ma che si riferiscono a una fattura originaria del 2014.
Lo strumento della nota di variazione, ai sensi dell’articolo 26, terzo comma, del Dpr 633/1972, potrà essere utilizzato dal fornitore, anche in unico esemplare, per correggere tutte le fatture erroneamente emesse senza l’indicazione “scissione dei pagamenti”.
Sanzioni
Sempre la circolare n. 15/E, considerate le obiettive condizioni di incertezza di una procedura appena avviata, salva i comportamenti attuati prima della sua pubblicazione, cioè prima del 14 aprile scorso, solo quando, però, l’imposta sia stata assolta (tutto ciò, in ossequio alle indicazioni dell’articolo 10, comma 3, della legge 212/2000 – Statuto dei diritti del contribuente).
Pertanto, ove le Amministrazioni pubbliche, dopo il 1° gennaio 2015, abbiano corrisposto al fornitore l’Iva a esse addebitata in relazione a operazioni fatturate a partire dalla medesima data e, a sua volta, il fornitore abbia computato in sede di ordinaria liquidazione, l’imposta incassata dalle Pa, non occorrerà effettuare alcuna variazione.
Laddove, tuttavia, la Pa non abbia corrisposto al fornitore l’Iva, da questi erroneamente addebitata, quest’ultimo potrà procedere a “regolarizzare” con l’emissione di apposita nota di variazione (exarticolo 26, terzo comma, del Dpr 633/1972). Al contrario, ove il fornitore abbia erroneamente emesso fattura con l’annotazione “scissione dei pagamenti” lo stesso dovrà correggere il proprio operato ed esercitare la rivalsa nei modi ordinari. In tal caso, le Pa dovranno corrispondere al fornitore l’Iva addebitata.
Una disposizione a regime, invece, è quella relativa ai fornitori, che emettono fattura non contenente l’indicazione “scissione dei pagamenti” o “split payment“: a questi è applicabile la sanzione di cui all’articolo 9, comma 1, del Dlgs 471/1997. Resta salva la non applicazione della predetta sanzione nell’ipotesi in cui il fornitore si sia attenuto alle indicazioni fornite dalla Pa circa la riconducibilità dell’operazione nell’ambito soggettivo di applicazione della scissione dei pagamenti e sempre che l’imposta sia stata assolta, ancorché in modo irregolare.
Concludendo, alle Pa responsabili del versamento all’erario dell’imposta addebitata, nel caso di omesso o ritardato adempimento, è applicabile la sanzione dell’articolo 13 del Dlgs 471/1997. Le somme che la Pa avrebbe dovuto versare saranno riscosse mediante atto di recupero di cui all’articolo 1, comma 421, della legge 311/2004.