incandidabilita amministratoriGli emolumenti degli amministratori sono oggetto di alcune richieste di chiarimento avanzate dagli enti locali in merito ai dubbi sollevati dal Testo Unico sulle partecipate.

 


Sulla questione, immancabilmente, sono arrivate le prime risposte delle Sezioni regionali di controllo; la problematica, in mancanza del decreto attuativo sulle “cinque fasce” (che avrebbe dovuto vedere la luce 30 giorni dopo l’entrata in vigore del T.U.), è stata per molto tempo condizionata dalla vecchia versione dell’articolo 4, commi 4 e 5, del D.L. n. 95/2012.

 

Gli interventi della sezione Liguria (delibera n. 90/2016) e della sezione Marche (delibera n. 160/2016) convergono sul mantenere in vita il tetto ai compensi commisurato all’80% di quanto percepito dagli amministratori nel 2013; ciò in base allarticolo 11, comma 7 del T.U. dove, effettivamente, si stabilisce che fino all’emanazione del nuovo decreto resta in vigore l’articolo 4, comma 4, secondo periodo, del D.L. n. 95/2012.

 

La disciplina dei vincoli finanziari agli emolumenti degli amministratori di società partecipate da enti locali è stata oggetto di plurimi interventi interpretativi da parte delle Sezioni regionali di controllo della Corte dei conti, anche sotto il profilo dei rapporti fra le limitazioni poste dalla legge finanziaria per il 2007 (riferite specificatamente alle sole società partecipate da enti locali) e quelli introdotti dall’art. 4 del citato decreto-legge n. 95 del 2012 (riferiti a tutte le società partecipate da enti pubblici).

 

Nel caso esaminato da SRC Lombardia, nella deliberazione n. 1/2015/PAR (in termini, solo per citarne alcune, anche SRC Veneto, deliberazione n. 68/2016/PAR e SRC Piemonte, deliberazione n. 2/2016/PAR), la richiesta di parere verteva proprio sull’interpretazione dell’art. 16, comma 1, del citato decreto-legge n. 90 del 2014, che ha modificato i commi 4 e 5 dell’art. 4 del decreto-legge n. 95 del 2012. Limitando l’analisi ai profili che interessano in questa sede, in virtù di quest’ultima norma, a decorrere dal 1° gennaio 2015, il costo annuale sostenuto per i compensi degli amministratori delle società partecipate, direttamente o indirettamente, da pubbliche amministrazioni (sia quelle gerenti servizi strumentali per almeno il 90% del fatturato che le altre), ivi compresa la remunerazione di quelli investiti di particolari cariche, non può superare l’80 per cento di quello complessivamente sostenuto nell’anno 2013.

 

Nel caso di amministratori di società partecipate da enti locali, il compenso massimo erogabile al singolo amministratore deve rispettare, altresì, quanto prescritto, in precedenza, dall’art. 1, comma 725, della legge n. 296 del 2006 (può farsi rinvio alle deliberazioni di SRC Lombardia n. 88/2015/PAR, SRC Abruzzo n. 80/2016/PAR, SRC Emilia Romagna n. 119/2015/PAR). Quest’ultima norma stabilisce che, nelle società a totale partecipazione di comuni e province, il compenso lordo annuale, onnicomprensivo, attribuito al presidente ed ai componenti del consiglio di amministrazione, non può essere superiore, per il presidente, al 70 per cento e, per i componenti, al 60 per cento delle indennità spettanti, rispettivamente, al sindaco ed al presidente della provincia (ai sensi del testo unico sugli enti locali, decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267). Resta ferma, precisa la norma, la possibilità di corrispondere un’indennità di risultato solo nel caso di produzione di utili ed in misura comunque non superiore al doppio dell’indicato compenso onnicomprensivo.

 

La giurisprudenza contabile si è più volte pronunciata sulle questioni interpretative attinenti ai due articoli di legge sopra indicati. Si è ritenuto, in particolare, ai fini del presente parere, che le limitazioni in parola operino anche nei confronti dell’amministratore unico, che potrà eventualmente beneficiare dell’indennità di risultato nei limiti e alle condizioni previste dai limiti di finanza pubblica (SRC Liguria, deliberazione, n. 70/2013/PAR).

 

In allegato le delibere della Regione Liguria e Marche.