decadenzaLa pronuncia in esame è resa nell’ambito di una controversia tra una società cooperativa e lo Stato belga in merito al rifiuto opposto dal Fisco a tale società di dedurre l’Iva assolta a monte, nell’ambito dei lavori edili realizzati in vista della gestione di un centro residenziale per anziani.

 

In particolare, al momento della sua costituzione, la cooperativa gestiva istituti di cura ed assistenza per persone svantaggiate, in primis anziani e disabili; successivamente, iniziava una rilevante attività di recupero edilizio finalizzata alla locazione di monolocali in favore di persone autosufficienti, ottenendo – a tal fine – una partita Iva.

 

Il centro residenziale per anziani così strutturato in mono e bilocali, offriva sia ai suoi residenti, certamente anziani ma autosufficienti, sia ad altre persone, come gli accompagnatori o i visitatori,  diversi servizi a titolo oneroso, quali bar, ristorante, parrucchiere, lavanderia, fisioterapia, analisi cliniche e visite mediche.

 

Le posizioni delle parti ed il contenzioso nazionale

 

Prontamente, il Fisco belga contestava l’illegittima deduzione dell’Iva assolta a monte nell’ambito dei lavori di costruzione/ristrutturazione dei suddetti immobili, in quanto l’attività concretamente offerta dalla cooperativa doveva considerarsi esente Iva ai sensi della normativa nazionale sull’assistenza sociale; si richiedeva, pertanto, il versamento dell’imposta erroneamente detratta.

 

La cooperativa contestava l’esenzione, in quanto nonostante l’autorizzazione statale necessaria per lo svolgimento del servizio, si trattava di prestazioni a titolo oneroso offerte senza l’ausilio di alcun finanziamento pubblico: si trattava, a parere della cooperativa, di un centro residenziale per anziani di carattere privato, non di una casa di riposo con finalità assistenziale di rilievo pubblicistico, con conseguente esenzione Iva. Il primo ed il secondo grado di giudizio vedevano soccombere la cooperativa, ma il giudice di ultima istanza, nutrendo perplessità in materia, decideva di rivolgersi alla Corte di giustizia.

 

Le questioni pregiudiziali

 

Di seguito le questioni pregiudiziali portate all’attenzione degli eurogiudici:

 

  • se un centro residenziale per anziani che gestisce, a scopo di lucro, alloggi privati concepiti per una o due persone, comprendenti una cucina attrezzata, un soggiorno, una camera e un bagno attrezzato, che consentono loro di condurre una vita indipendente, nonché vari servizi facoltativi forniti a titolo oneroso, a scopo di lucro, non riservati ai soli occupanti del centro residenziale per anziani (gestione di un ristorante bar, di un parrucchiere ed estetista, di una sala di kinesiterapia, di attività di ergoterapia, di una lavanderia, di un ambulatorio in cui possono essere effettuati prelievi, di uno studio medico), sia un organismo avente, essenzialmente, carattere sociale che fornisce “prestazioni di servizi e cessioni di beni strettamente connesse con l’assistenza sociale e la previdenza sociale”, ai sensi dell’articolo 13, parte A, paragrafo 1, lettera g), della direttiva Iva;

 

  • se, ai fini della risposta alla precedente questione, faccia differenza se il centro residenziale per anziani di cui trattasi ottenga, per la fornitura dei servizi in parola, sovvenzioni o qualsiasi altra forma di vantaggio o di intervento finanziario da parte delle autorità pubbliche.

 

La risposta della Corte 

 

La Corte premette che l’esenzione di cui all’art. 13 citato mira a ridurre i costi dei servizi sociali al fine di ampliarne il numero dei beneficiari e che la formulazione di tale disposizione annovera espressamente le prestazioni effettuate dalle case di riposo tra i servizi e le cessioni di beni strettamente connessi con l’assistenza sociale.

 

I giudici ritengono che le case di riposo forniscono, in sostanza, i medesimi servizi dei centri residenziali per anziani (alloggio, sostegno e cura) per cui occorre loro riconoscere il medesimo trattamento Iva per il basilare principio di neutralità fiscale; ciò indipendentemente dalla circostanza che essi ricevano o meno un finanziamento pubblico, poiché ciò che rileva è l’intrinseca natura delle operazioni effettuate (profilo oggettivo) e non la qualità dell’operatore che fornisce il servizio né il fatto che le prestazioni vengano eventualmente pagate dalla previdenza pubblica o privata (profilo soggettivo), nella specie, una compagnia assicurativa privata.

 

Per quanto riguarda, infine, il catalogo dei servizi offerti  a titolo facoltativo (lavanderia, parrucchiere, estetista etc.) spetta al giudice nazionale – alla luce della normativa del singolo Stato –  stabilire se possano essere considerati strettamente connessi  all’assistenza sociale, rivestendo un carattere essenziale per l’espletamento delle prestazioni esentate.

 

Conclusioni

 

L’articolo 13, parte A, paragrafo 1, lettera g), della direttiva Iva deve essere interpretato nel senso che, tra le prestazioni fornite da un centro residenziale per anziani, come quello di cui trattasi nel procedimento principale, il cui carattere sociale deve essere valutato dal giudice del rinvio rispetto, in particolare, agli elementi menzionati nella presente sentenza, quelle consistenti nel mettere a disposizione alloggi adatti a persone anziane possono beneficiare dell’esenzione prevista da tale disposizione. Anche le altre prestazioni fornite da tale centro residenziale per anziani possono beneficiare di tale esenzione, purché, in particolare, le prestazioni che i centri residenziali per anziani sono tenuti a offrire, in applicazione della legislazione nazionale pertinente, siano volte a garantire sostegno e cura alle persone anziane e corrispondano a quelle che anche le case di risposo sono tenute a offrire conformemente alla legislazione nazionale in questione.

 

Non rileva, al riguardo, che il gestore di un centro residenziale per anziani come quello di cui al procedimento principale benefici o meno di sovvenzioni o di qualsiasi altra forma di vantaggio o di partecipazione finanziaria da parte delle autorità pubbliche.