Come noto, l’articolo 36-ter del Dpr n. 600/1973, al secondo comma dispone che, senza pregiudizio dell’azione accertatrice a norma degli articoli 37 e seguenti del citato decreto, gli uffici possono – tra l’altro – escludere, in tutto o in parte, le detrazioni d’imposta non spettanti in base ai documenti richiesti ai contribuenti o agli elenchi di cui all’articolo 78, comma 25, della legge 413/1991, ossia quelli forniti dai soggetti eroganti mutui agrari e fondiari o forme pensionistiche complementari, imprese assicuratrici o enti previdenziali.
A sua volta, il successivo terzo comma prevede che, ai fini dei commi 1 e 2, il contribuente o il sostituto d’imposta è invitato, anche telefonicamente o in forma scritta o telematica, a fornire chiarimenti in ordine ai dati contenuti nella dichiarazione e a esibire o trasmettere ricevute di versamento e altri documenti non allegati alla dichiarazione o difformi dai dati forniti da terzi.
Da ultimo, l’ancora successivo quarto comma impone che l’esito del controllo formale è comunicato al contribuente o al sostituto d’imposta con l’indicazione dei motivi che hanno dato luogo alla rettifica degli imponibili, delle imposte, delle ritenute alla fonte, dei contributi e dei premi dichiarati, per consentire anche la segnalazione di eventuali dati ed elementi non considerati o valutati erroneamente in sede di controllo formale entro i trenta giorni successivi al ricevimento della comunicazione.
Nella controversia oggetto della decisione di legittimità in rassegna (n. 15410/2015), l’ufficio finanziario aveva invitato il contribuente a fornire la documentazione sulla spettanza della detrazione dall’Irpef di alcuni contributi previdenziali e degli interessi passivi sul mutuo ipotecario, ma il destinatario dell’invito non aveva fornito alcunché, con l’effetto che l’ufficio finanziario gli aveva inviato comunicazione dell’esito positivo, per l’Erario, del controllo formale.
Il contribuente aveva impugnato la conseguente cartella di pagamento, eccependo la mancanza di apposita motivazione di tale atto di riscossione, seppure in quest’ultimo fossero stati specificamente indicati gli oneri non riconosciuti in detrazione e gli veniva formulato l’invito a esibire ulteriore dati o elementi non in possesso dell’ufficio.
Il giudice di seconda istanza ritenne indetraibili vuoi i contributi previdenziali integrativi versati alla cassa previdenziale privata in quanto non rientranti tra quelli obbligatori deducibili di cui all’articolo 10 del Tuir, vuoi gli interessi passivi sul mutuo ipotecario, in quanto quest’ultimo era stato stipulato oltre il termine annuale dalla data di acquisto dell’immobile.
La sentenza del Supremo collegio in rassegna risulta rispettosa del dettato legislativo prima riportato, in quanto la specifica indicazione delle spese in ordine alle quali non era stata riconosciuta al contribuente la detraibilità, per carenza dei relativi presupposti, “era idonea a consentirgli l’esercizio del diritto di difesa già in fase precontenziosa, mediante integrazione dei documenti originari con la segnalazione di ulteriori dati ed elementi”.
Nessun ragionevole dubbio dovrebbe sorgere sulla presenza di idonea manifestazione delle ragioni della pretesa fiscale nell’ambito del procedimento instaurato dall’ufficio finanziario a seguito dell’invio, prima, dell’invito al contribuente a produrre la documentazione giustificativa della spettanza della detrazione dall’Irpef e, di seguito, della comunicazione dell’esito del controllo formale.
La condizione posta esplicitamente dalla decisione in commento è che tale comunicazione inviatagli ex articolo 36-ter, comma 4, abbia avuto “specificamente ad oggetto gli oneri non riconosciuti”, in tal modo escludendosi la dedotta nullità della cartella per difetto di motivazione anche perché, ci permettiamo di aggiungere, l’atto di riscossione non deve contenere alcuna motivazione della pretesa, appannaggio, invece, degli atti di accertamento, ma solo l’indicazione degli atti a esso presupposti in quanto legittimanti la sua emissione.
Non si riscontrano precedenti della Corte regolatrice del diritto negli esatti termini, ma possiamo segnalare che la Corte di legittimità, nella sentenza 11 febbraio 2005, n. 2819, aveva ritenuto illegittima la cartella di pagamento che evidenzi una mera sequela di numeri privi di riferimento concreto, tali da non consentire l’effettivo esercizio del diritto di difesa da parte del contribuente.