canone-unico-centri-abitatiCanone Unico: chi equivoca sui centri abitati? Una riflessione a cura di Stefano Gennai.


Nella rubrica Anutel del quotidiano telematico del Sole 24 Ore “NT+ Enti Locali ed Edilizia” di martedì 8 giugno, si legge un articolo dal titolo “Canone Unico: l’equivoco sulla competenza territoriale all’interno dei centri abitati”.

Vittime dell’equivoco, stando all’autore, sarebbero quelle “amministrazioni provinciali, che invocano la loro competenza in materia di occupazione suolo pubblico all’interno dei centri abitati con popolazione inferiore a 10mila abitanti appartenenti a Comuni aventi un numero complessivo di residenti superiore a questo limite”.

L’autore, infatti, sostiene con sicurezza che per quanto riguarda il presupposto legato alle occupazioni di suolo pubblico “la competenza è suddivisa, in modo differente a seconda se il Comune interessato ha una popolazione residente superiore o inferiore a 10mila abitanti. Per i Comuni che superano detta soglia di abitanti, la loro attività sarà estesa a tutte le strade comunali, nonché a quelle statali, regionali e provinciali che corrono all’interno dei centri abitati. Gli altri enti territoriali manterranno pertanto competenza solo per le strade di loro proprietà nei tratti al di fuori dei confini dei centri abitati. Per i Comuni invece che non superano la soglia di diecimila abitanti, la loro competenza ai fini del canone sarà limitata alle strade di loro proprietà, anche se per l’attività amministrativa saranno comunque chiamati a gestire il rilascio delle autorizzazioni anche sulle strade di proprietà di altri enti locali all’interno dei loro centri abitati”.

L’autore, tuttavia, non spiega per quale ragione un canone, che lui stesso riconosce avere natura patrimoniale, dovrebbe essere riscosso, sul presupposto occupazionale, dall’Ente a cui il suolo occupato non appartiene.

Canone Unico: chi equivoca sui centri abitati?

Ai sensi dell’art.2, comma 7, del codice della strada (cui il comma 818 della legge 160/2019 fa espressamente rinvio) “Le strade urbane di cui al comma 2, lettere D, E e F, sono sempre comunali quando siano situate nell’interno dei centri abitati, eccettuati i tratti interni di strade statali, regionali o provinciali che attraversano centri abitati con popolazione non superiore a diecimila abitanti”.

E questo significa che appartengono al demanio provinciale anche i tratti delle strade provinciali che attraversano i centri abitati con popolazione fino a 10.000 abitanti di Comuni con popolazione complessiva superiore a 10.000 abitanti perché ai fini della proprietà delle strade conta la popolazione dello specifico centro abitato che viene attraversato, non la popolazione complessiva del Comune.

Allora perché, in caso di occupazione del suolo pubblico provinciale (dove la Provincia fa manutenzione ed assume gli obblighi del custode), il canone (di natura patrimoniale) dovrebbe essere riscosso dal Comune?

La risposta non può essere legata al rilascio delle autorizzazioni e concessioni.

Innanzitutto perché il presupposto per la riscossione del canone non è il rilascio delle concessioni e delle autorizzazioni, bensì  “l’occupazione, anche abusiva, delle aree appartenenti al demanio o al patrimonio indisponibile degli enti e degli spazi soprastanti o sottostanti il suolo pubblico” (comma 819 dell’art.1 legge 160/2019).

E poi perché l’articolo 26, comma 3, codice della strada, che stabilisce la competenza del Comune al rilascio delle autorizzazioni e concessioni nell’ambito dei centri abitati previo nulla osta dell’Ente proprietario della strada, da un lato, fa anch’esso riferimento (esattamente come l’articolo 2, comma 7, CDS) alla popolazione del centro abitato e non del Comune nel suo complesso; dall’altro, si applica in tutti i casi, quindi sia per i centri abitati dei Comuni con popolazione superiore a 10.000 abitanti, sia per i centri abitati dei Comuni con popolazione inferiore.

L’articolo 26, comma 3, codice della strada non è quindi argomento che possa utilizzarsi a sostegno della tesi dell’autore Anutel, il quale giunge a scomodare la risoluzione ministeriale  n. 260/E del 31 ottobre 1995 che “chiarì come il ripetuto limite di diecimila abitanti, fosse riferito all’entità della popolazione dislocata sull’intero territorio del Comune e non a quella relativa ai singoli insediamenti costituenti centri abitati”, ma lo fece con riferimento alla disciplina TOSAP (di natura tributaria), ossia all’art.38, comma 4, del D.Lgs. 15 novembre 1993, n.507, che aveva un contenuto ben diverso dall’articolo 1, comma 818, legge 160/2019 disponendo che “Le occupazioni realizzate su tratti di strade statali o provinciali che attraversano il centro abitato di comuni con popolazione superiore a diecimila abitanti sono soggette all’imposizione da parte dei comuni medesimi”; ciò che non fa l’articolo 1, comma 818, legge 160/2019, non foss’altro per l’espresso rinvio all’articolo 2, comma 7, codice della strada.

Del resto, dopo la risoluzione del 1995 c’è stata la normativa COSAP, che proprio per i centri abitati (ed in ragione della sua natura patrimoniale) aveva introdotto il criterio opposto (articolo 63, comma 1, decreto legislativo n.446/1997 come sostituito dall’articolo 31, comma 20, Legge n.448/1998); criterio opposto che si trova oggi chiaramente espresso anche nel comma 837 legge 160/2019 sul canone mercatale, anch’esso di natura patrimoniale.

Il comma 818 dell’articolo 1 Legge n.160/2019 rinvia espressamente all’articolo 2, comma 7, del codice della strada (con la formula “… individuabili a norma dell’articolo 2, comma 7, …”), il quale:

  • non individua i centri abitati (perché i centri abitati sono definiti e quindi individuati dall’art.3 CDS);
  • non stabilisce come si delimitano i centri abitati (perché di questo si occupa l’art.4 CDS), ma individua proprio le strade comunali fissando il regime proprietario delle strade che intersecano i centri abitati:
    • i tratti delle strade provinciali che attraversano centri abitati con popolazione superiore a diecimila abitanti sono comunali ex lege;
    • i tratti delle strade provinciali che attraversano centri abitati con popolazione fino a diecimila abitanti restano provinciali.

Conclusioni

Ergo, trattandosi di un canone di natura patrimoniale, diversamente da ciò che sostiene l’autore Anutel, deve ribadirsi che in virtù dell’articolo 1, comma 818, legge 160/2019:

  • le occupazioni con mezzi pubblicitari di strade provinciali all’interno dei centri abitati con popolazione fino a 10.000 abitanti sono soggette al canone per l’occupazione di suolo pubblico dovuto alla Provincia (o Città Metropolitana) e al canone per la diffusione dei messaggi pubblicitari dovuto al Comune (il comma 820 applicandosi soltanto ai Comuni);
  • per tutte le altre occupazioni, diverse dagli impianti pubblicitari, il canone spetta esclusivamente alla Provincia (o Città Metropolitana) quando trattasi di strade provinciali, che tali rimangono anche quando attraversano centri abitati con popolazione fino a 10.000 abitanti;
  • i Comuni con popolazione complessiva superiore a 10.000 abitanti non possono sul presupposto dell’occupazione del suolo pubblico pretendere alcunché quando trattasi di strade provinciali che attraversino i loro centri abitati minori perché quei tratti di strada sono e restano di proprietà della Provincia (o Città Metropolitana) ai sensi dell’articolo 2, comma 7, del codice della strada, cui il comma 818 dell’articolo 1 Legge 160/2019 fa espressamente rinvio.

Per maggiori informazioni

Nel dettaglio: https://www.lentepubblica.it/contabilita-bilancio-tasse-tributi/canone-occupazione-strade-provinciali-centri-abitati/

 


Fonte: articolo di Stefano Gennai