La Corte Costituzionale, con sentenza n. 6/2017, ha dichiarato l’illegittimità dell’articolo 3 della legge Regione Sardegna n. 6/2016, relativa al bilancio pluriennale per gli anni 2016-2018, per contrasto con la Costituzione e il D.Lgs. n. 118/2011.
Con il ricorso indicato in epigrafe il Presidente del Consiglio dei ministri ha impugnato l’art. 3 della legge della Regione autonoma Sardegna 11 aprile 2016, n. 6 (Bilancio di previsione per l’anno 2016 e bilancio pluriennale per gli anni 2016-2018), in riferimento all’art. 81, terzo comma, della Costituzione ed in relazione all’art. 3, comma 13, del decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118 (Disposizioni in materia di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle Regioni, degli enti locali e dei loro organismi, a norma degli articoli 1 e 2 della legge 5 maggio 2009, n. 42).
La norma impugnata stabilisce che: «1. È approvato in euro 8.884.339.515,84 in termini di competenza e in euro 8.515.821.189,22 in termini di cassa, dal 1° gennaio al 31 dicembre, il totale della spesa della Regione per l’anno 2016. La differenza tra il totale dell’entrata di cui all’articolo 2, comma 6, e il totale della spesa, pari a euro – 31.553.438,75, costituisce, ai sensi dell’articolo 3, comma 13, del decreto legislativo n. 118 del 2001, e successive modifiche ed integrazioni, disavanzo tecnico da coprirsi, nei bilanci degli esercizi successivi con i residui attivi reimputati a tali esercizi eccedenti rispetto alla somma dei residui passivi reimputati e del fondo pluriennale vincolato di entrata. 2. Sono autorizzati gli impegni e le liquidazioni delle spese, per l’anno 2016, 2017 e 2018, dal 1° gennaio al 31 dicembre di ciascun anno, secondo lo stato di previsione della spesa annesso alla presente legge entro il limite di stanziamento di competenza e per l’anno 2016 sono autorizzati i pagamenti nei limiti degli stanziamenti di cassa».
Il d.lgs. n. 118 del 2011 è stato emanato ai fini dell’armonizzazione dei bilanci pubblici, materia attribuita in via esclusiva allo Stato dall’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., per cui un esame meramente formale di tali censure condurrebbe ad una loro intrinseca incoerenza in relazione all’accostamento tra parametro costituzionale e norma interposta. L’aporia è solo apparente: la Corte, infatti, ha chiarito che esistono alcuni complessi normativi i quali «non integrano una vera e propria materia, ma si qualificano a seconda dell’oggetto al quale afferiscono» (sentenza n. 303 del 2003). Per quel che riguarda il particolare ambito dell’armonizzazione dei bilanci pubblici, i principi contabili di cui al d.lgs. n. 118 del 2011 sono al centro di un «intreccio polidirezionale delle competenze statali e regionali in una sequenza dinamica e mutevole della legislazione» (sentenza n. 184 del 2016) afferente ai parametri costituzionali posti a presidio degli interessi finanziari, cosicché il d.lgs. n. 118 del 2011 non contiene disposizioni ispirate soltanto all’armonizzazione dei bilanci. Dette disposizioni riguardano anche altri parametri quali, nel caso di specie, il principio dell’equilibrio di bilancio di cui all’art. 81 Cost.
In allegato il testo della Sentenza.