Con la sentenza 6883 dell’8 aprile 2016, la Cassazione ha affermato che, in ambito Iva, l’articolo 19-bis1 del Dpr 633/1972 esclude che l’imprenditore possa detrarre l’imposta addebitatagli a titolo di rivalsa dal cedente quando l’operazione sia relativa all’acquisto di fabbricati a destinazione abitativa, eccetto per le imprese che hanno a oggetto esclusivo o principale dell’attività esercitata, la costruzione di tali fabbricati. Pertanto, quando l’operazione non rientra nell’oggetto esclusivo o principale dell’attività d’impresa, è onere del compratore dimostrare, non solo che l’immobile acquistato è inerente e strumentale all’attività stessa, in base a elementi certi e oggettivi (così come previsto dall’articolo 19 del Dpr Iva), ma anche che lo stesso non rientra più nella categoria dei beni a destinazione abitativa.
La questione origina dal ricorso in Cassazione presentato dall’Agenzia delle Entrate avverso una sentenza di secondo grado che, nel rigettare il gravame dalla stessa proposto, aveva riformato la pronuncia di prime cure con la quale era stato confermato l’avviso di accertamento emesso nei confronti di una Srl e finalizzato a recuperare l’Iva indebitamente detratta relativa all’acquisto di una villa.
In particolare, l’ufficio aveva ritenuto che l’immobile compravenduto non fosse strumentale all’attività d’impresa svolta dalla società acquirente, che non aveva per oggetto esclusivo o principale la costruzione o vendita di immobili abitativi, e, quindi, aveva recuperato a tassazione l’Iva relativa all’acquisto, indebitamente detratta.
Di diverso avviso, invece, la Ctr, secondo cui le presunzioni su cui l’ufficio aveva fondato il suo accertamento non risultavano fondate, in quanto la società aveva evidenziato la connessione dell’operazione con la sua attività imprenditoriale – laddove aveva dichiarato di avere acquistato l’immobile per adibirlo a propria sede legale – e che la strumentalità non poteva essere messa in discussione per il fatto che la vendita, la gestione e la locazione di immobili non fossero tra gli scopi esclusivi o principali della società. Oltretutto, l’ufficio non aveva dimostrato che l’immobile non era stato adibito a sede legale della società, una volta completata la ristrutturazione.
Nel ricorso in Cassazione, l’Amministrazione finanziaria lamenta, tra le altre, l’insufficienza motivazionale della sentenza impugnata, nel punto in cui i giudici di appello, nel ritenere la “strumentalità” della villa acquistata, abbiano fatto riferimento alle sole note integrative ai bilanci 2003 e 2004 – dalle quali emergeva che la stessa, una volta ristrutturata, sarebbe stata destinata a sede legale della società – anziché su fatti oggettivi, come ad esempio il progetto, i lavori in corso e il cambio di destinazione d’uso.
La Cassazione accoglie il ricorso sulla base del combinato disposto degli articoli 19 e 19-bis1, comma 1, lettera i), del Dpr 633/1972. Nello specifico, l’articolo 19 consente al contribuente, per le operazioni passive, cioè per i beni o servizi importati o acquistati, di portare in detrazione l’imposta addebitatagli a titolo di rivalsa dal venditore o prestatore quando trattasi di acquisto effettuato nell’esercizio d’impresa e richiede, oltre alla qualità di imprenditore dell’acquirente, l’inerenza, del bene o servizio acquistato, all’attività imprenditoriale, intesa come strumentalità del bene o servizio stesso, ponendo, inoltre, l’onere probatorio di detta inerenza o strumentalità a carico dell’interessato, senza possibilità che la sussistenza dei predetti requisiti possa presumersi in ragione della sola qualità di società commerciale dell’acquirente.
In deroga alla regola generale, l’articolo 19-bis1, comma 1, lettera i), dispone, invece, l’indetraibilità dell’imposta relativa all’acquisto di fabbricati, o di porzioni di fabbricato, a destinazione abitativa, salvo che per le imprese che hanno per oggetto esclusivo o principale dell’attività esercitata la costruzione dei predetti fabbricati o delle predette porzioni. La ratio dell’indetraibilità oggettiva di cui al citato articolo 19-bis1 – introdotta per ragioni di cautela fiscale – va ravvisata, in linea generale, nell’esigenza di evitare indebite detrazioni di imposta nei casi in cui i beni e/o i servizi acquistati siano suscettibili di essere utilizzati sia nell’attività d’impresa sia per finalità estranee a tale attività.
Proprio con riferimento all’interpretazione del richiamato articolo 19-bis1, la Cassazione conferma l’orientamento per cui, qualora la strumentalità non risulti immediatamente verificabile, l’intenzione del soggetto passivo d’imposta di utilizzare il bene a fini aziendali deve essere confermata da elementi obiettivi che consentano in concreto di ritenere l’acquisto prodromico all’esercizio effettivo dell’attività di impresa (cfr Cassazione, 25986/2014) e destinato, almeno in prospettiva, a procurargli un lucro (cfr Cassazione, 1859/2014, 4157/2013 e 7344/2011).
In sostanza, continua la Corte, l’onere probatorio posto in capo all’imprenditore che intenda avvalersi della detrazione Iva sull’acquisto è ancora più stringente nelle ipotesi in cui, come nel caso di specie, l’operazione consista nell’acquisto di un bene per il quale vige espressamente il regime dell’esclusione della detrazione (fabbricato a uso abitativo), perché compiuto da parte di un’impresa che non esercita in via esclusiva o principale l’attività di costruzione di tale tipologia di fabbricati. In tal caso, la prova deve essere fornita mediante elementi oggettivi e dovrà riguardare, in concreto, non solo l’inerenza, ma anche l’effettiva riconduzione del bene a una categoria per la quale non vige l’esclusione della detrazione.
Tanto premesso, la Cassazione ritiene la sentenza impugnata priva di motivazione laddove non ha tenuto conto dell’elemento fattuale offerto dall’Agenzia delle Entrate, circa la destinazione abitativa dell’immobile acquistato e rilevante ai fini dell’applicazione dell’esclusione della detrazione, nonché di altri elementi – che, se debitamente valutati, avrebbero potuto portare a una soluzione diversa – quali la sproporzione tra il relativo impegno finanziario e il capitale sociale, la circostanza che il cedente fosse anche socio della cessionaria, l’assenza di una struttura organizzativa e gestionale rapportata all’operazione posta in essere.