Azienda ceduta a rate con clausola: come si comporta il Fisco?
La normativa tributaria, a differenza di quella civilistica, dà rilevanza non al definitivo trasferimento di proprietà del bene, bensì al momento dell’accollo di rischi e benefici. Una vendita a rate, con riserva di proprietà (eventualmente) esercitata per inadempienza del compratore, produce un (ri)trasferimento della proprietà fiscale dell’impresa all’originario venditore. All’operazione si applicano le normali regole tributarie previste per le cessioni d’azienda. Questo il succo della risoluzione n. 91/E del 13 ottobre 2016, con la quale l’Agenzia delle Entrate risponde ai quesiti posti da una società che ha venduto un bar pasticceria utilizzando la clausola “con riserva di proprietà” e paventa la possibilità che l’operazione non vada a buon fine causando, in pratica, l’annullamento della cessione.
Per l’istante, il verificarsi di questa eventualità non comporterebbe un nuovo trasferimento dell’azienda, bensì un ricongiungimento del diritto di proprietà, in virtù del fatto che il passaggio non si è mai effettivamente concretizzato, perché il cessionario non ha “onorato” i termini del contratto, che prevedevano la conclusione della transazione solo a pagamento ultimato delle rate.
In particolare, la società cedente chiede il parere dell’Agenzia sul:
- regime di responsabilità solidale per i debiti fiscali contratti dall’acquirente
- trattamento Ires e Irap del credito residuo non incassato
- tassazione Ires e Irap, da riservare all’indennità che il giudice potrebbe disporre a carico del venditore quale “reductio ad equitatem” (articolo 1526, comma 2, cc)
- trattamento ai fini dell’imposta di registro, riguardo all’esercizio della clausola risolutiva espressa o al ricorso ex articolo 700 del codice di procedura civile.
Azienda ceduta a rate con clausola: come si comporta il Fisco?
Alle soluzioni proposte dall’istante che si agganciano al contenuto dell’articolo 1523 cc, secondo il quale “nella vendita a rate con riserva della proprietà, il compratore acquista la proprietà della cosa col pagamento dell’ultima rata di prezzo, ma assume i rischi dal momento della consegna”, l’Agenzia risponde con l’ordinamento tributario, non sempre (come in questo caso) allineato con quello civilistico. Il tutto avvalorato dai principi contabili nazionali e dell’articolo 109, comma 2, lettera a) del Tuir, dalla cui lettura emerge che, ai fini fiscali, vale il momento della conclusione del contratto, quello in cui l’acquirente assume rischi e benefici, e non quello del formale trasferimento del bene avvenuto con il pagamento dell’ultima rata.
Di conseguenza, l’eventuale risoluzione del negozio per mancato pagamento, da parte del cessionario, di almeno due rate del prezzo pattuito, produrrebbe un (ri)trasferimento della “proprietà fiscale” dell’impresa. In sostanza, si verificherebbe una nuova cessione d’azienda: una tesi sostenuta anche da precedenti documenti di prassi e norme tributarie, che sanciscono l’irrilevanza tributaria della “riserva di proprietà”, adottando come presupposto impositivo il momento della stipula dell’atto.
Detto ciò, l’Agenzia, in merito al secondo quesito, indica il corretto comportamento fiscale che la società dovrebbe adottare:
“1) attribuire all’azienda riconsegnata un valore pari al valore normale dei beni che la compongono;
2) stornare il valore residuo del credito (derivante dalla cessione…. ) per un importo pari al valore dell’azienda riconsegnata, come determinato al punto precedente. Pertanto: a) nell’ipotesi in cui il valore dell’azienda sia inferiore al valore residuo del credito, la differenza costituirà una perdita su crediti deducibile ai fini IRES ai sensi dell’articolo 101 del TUIR; tale perdita risulterà indeducibile ai fini IRAP in quanto relativa ad un fenomeno non rilevante per la determinazione del valore della produzione; b) diversamente, nell’eventualità – puramente teorica – in cui il valore dell’azienda sia superiore al valore residuo del credito, emergerà una sopravvenienza attiva che concorrerà alla formazione della base imponibile ai fini IRES ai sensi dell’articolo 88 del TUIR e che risulterà irrilevante ai fini IRAP”.
La risoluzione concorda, invece, con quanto proposto dalla società con il terzo quesito, ovvero sul trattamento fiscale da applicare all’indennità pattuita nel caso di inadempienza in favore del venditore, nell’ipotesi in cui il giudice disponga per una somma inferiore. Ebbene, tale indennità costituirà una sopravvenienza passiva deducibile dall’Ires ma non dall’Irap, “in quanto correlata ad un componente reddituale (plusvalenza/minusvalenza) che non ha assunto rilevanza nella determinazione della base imponibile di periodi d’imposta precedenti”.
Sul regime di responsabilità solidale per i debiti fiscali contratti dall’acquirente, invece, il documento di prassi richiama l’articolo 14 del Dlgs 472/1997, in base al quale il cessionario è “responsabile in solido, fatto salvo il beneficio della preventiva escussione del cedente ed entro i limiti del valore dell’azienda o del ramo d’azienda, per il pagamento dell’imposta e delle sanzioni riferibili alle violazioni commesse nell’anno in cui è avvenuta la cessione e nei due precedenti, nonché per quelle già irrogate e contestate nel medesimo periodo anche se riferite a violazioni commesse in epoca anteriore”. Inoltre, ricorda che anche la Cassazione, intervenendo su una questione relativa a una cessione d’azienda con riserva di proprietà, ha chiarito che l’acquirente resta responsabile in solido per i debiti fiscali contratti dal cedente prima della vendita anche nell’ipotesi in cui il contratto venga risolto e l’azienda torni nella proprietà del cedente (ordinanza 11972/2015).
Infine, riguardo all’imposta di registro da applicare alla risoluzione del contratto, viene chiarito che, in assenza di corrispettivo, è dovuta in misura fissa (articolo 28, comma 1, del Tur), attualmente pari a 200 euro. Invece, circa il trattamento applicabile all’eventuale provvedimento d’urgenza ex articolo 700 cpc, qualora lo stesso abbia contenuto definitorio analogo alle categorie elencate nell’articolo 8 della Tariffa, parte I, allegata al Tur, va assoggettato a registrazione in termine fisso.
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