Il Consiglio di Stato, sez. V, con la sentenza n. 3108/2017, ha stabilito che l’aumento delle tariffe della Tarsu deve essere adeguatamente motivato e deve rispettare il principio di proporzionalità.
L’appellata sentenza aveva accolto il ricorso principale sul presupposto che l’art. 69 del d.lgs. n. 507 del 1993 stabilisce che, ai fini del controllo di legittimità, la deliberazione deve indicare le ragioni dei rapporti stabiliti tra le tariffe, i dati consuntivi e previsionali relativi ai costi del servizio discriminati in base alla loro classificazione economica, nonché i dati e le circostanze che hanno determinato l’aumento per la copertura minima obbligatoria del costo ovvero gli aumenti conseguenti alla dichiarazione di dissesto. Nei casi in esame, l’amministrazione comunale si è limitata ad affermare, con motivazione generica ed inadeguata, che la determinazione delle tariffe nella misura stabilita è avvenuta per fini di equilibrio di bilancio, dal che deduceva il vizio di motivazione dei provvedimenti impugnati.
Per contro, la sentenza riteneva non illegittime le deliberazioni comunali n. 191 del 19 dicembre 2008 e n. 137 del 25 giugno 2009, che confermavano il contenuto delle delibere indicate ed esplicitavano le ragioni delle determinazioni delle tariffe per gli anni 2008 e 2009 (da considerarsi provvedimenti amministrativi “nuovi” che, “per una parte, confermano il contenuto delle precedenti delibere, per l’altra, ne integrano il contenuto sul piano della motivazione).
Essendo un tributo, la Tarsu viene parametrata alla potenziale produzione dei rifiuti, valutata in riferimento al tipo di uso delle superfici tassabili, ed è finalizzata a consentire la copertura dei costi dei servizi. Non essendo un’imposta non può, quindi, essere considerata come un’atipica forma di prelievo sul reddito o sul patrimonio. La necessità di tale parametrazione e il rigoroso vincolo funzionale escludono che un Comune possa determinare le aliquote in libertà, poiché in questo modo potrebbe generare irragionevoli o immotivate disparità tra categorie di superfici tassabili potenzialmente omogenee, giustificandole con argomenti estranei a tale specifico contesto.
Non pare idoneo ad assolvere l’onere della motivazione – in punto di proporzionalità della scelta – il rilievo che l’ente si sarebbe adeguato alle aliquote fiscali applicate da alcuni comuni limitrofi, esulandosi dai presupposti stessi della tassa: invero, la possibilità – riconosciuta dalla legge ai singoli comuni – di graduare le aliquote Tarsu si giustifica con la necessità di consentirne l’adeguamento, di volta in volta, alle specifiche realtà municipali, non anche per generici fini di uniformità o, comunque, emulativi di altre realtà sociali.
In allegato il testo completo della Sentenza.