atti, sentenzaL’orientamento favorevole all’amministrazione finanziaria sulla questione relativa alla validità degli atti sottoscritti da personale incaricato di funzioni dirigenziali a seguito della sentenza della Corte costituzionale del 17 marzo 2015, n. 37, continua a consolidarsi nelle pronunce delle Commissioni tributarie provinciali e regionali.

 

Meritevole di attenzione è la recente sentenza del 29 settembre 2015, n. 4212/42/2015, con cui la Commissione tributaria regionale della Lombardia, disattendendo la dedotta nullità degli atti impugnati per effetto della sentenza della Corte costituzionale n. 37/2015, ha affermato che la questione di cui si tratta appare suscettibile di corretta soluzione muovendo dal passo della sentenza stessa secondo cui “la funzionalità delle Agenzie non è condizionata dalla validità degli incarichi dirigenziali previsti dalla disposizione censurata”. Già con precedente pronuncia del 28 settembre 2015, n. 4113/05/2015, la stessa Commissione tributaria ha respinto l’eccezione preliminare relativa alla sottoscrizione degli atti da parte di incaricati, precisando che “con la sentenza n. 37 della Corte Costituzionale non decade con effetto ex tunc la nomina … (del sottoscrittore, ndr), bensì viene dichiarata incostituzionale la norma; nomina che deve essere revocata con specifico provvedimento che, pertanto, ha effetto ex nunc, lasciando validi gli atti che il predetto soggetto aveva precedentemente firmato”.

 

Nello stesso solco s’inserisce la sentenza del 14 settembre 2015, n. 1341/03/2015, con cui la Commissione tributaria regionale della Calabria ha ritenuto infondata l’eccezione in questione sulla base dell’irrilevanza nei confronti dei terzi del rapporto tra pubblica amministrazione e persona fisica, richiamando il rilievo della Corte costituzionale secondo cui il principio di conservazione degli atti, posto a fondamento della funzionalità della Pa, non è comunque inficiato dalla questione relativa agli incarichi dirigenziali.

 

In tal senso già si era espressa la Commissione tributaria regionale del Friuli Venezia Giulia, che con sentenza del 10 luglio 2015, n. 295/08/2015, ha ritenuto infondata nel merito l’eccezione pregiudiziale sull’asserita illegittimità degli atti impugnati per difetto di sottoscrizione, confermando l’orientamento secondo cui l’impianto normativo dichiarato incostituzionale non colpisce gli atti in precedenza emanati (a tal riguardo, cfr anche: Ctp Ferrara, 24 settembre 2015, n. 602/01/15; Ctp Parma, 2 settembre 2015, n. 698/06/15).

 

In senso conforme, quanto alla portata applicativa della citata pronuncia della Corte costituzionale, si segnalano anche le sentenze del 7 agosto 2015, n. 3606/67/2015 e n. 3609/67/2015, della Commissione tributaria regionale della Lombardia, sezione staccata di Brescia. Tali pronunce hanno rilevanza anche sotto il profilo dell’accertata inammissibilità della rimostranza in questione, ove introdotta in giudizio per la prima volta con motivo aggiunto.

 

In particolare, con la prima è stato stabilito che il “motivo aggiunto è inammissibile perché formulato in violazione delle modalità prescritte dall’art. 24 comma 2 e 4 decreto legislativo 31 dicembre 1992 n. 546”; con la seconda, oltre a ribadire le argomentazioni espresse nella precedente sentenza, la Commissione tributaria regionale ha altresì precisato che “il motivo aggiunto, proposto con la memoria formulata ai sensi dell’art. 32 del decreto legislativo 31 dicembre 1992 n. 546, è inammissibile. Contrariamente a quanto affermato dall’appellante, la dedotta nullità degli avvisi di accertamento (perché sottoscritti da dirigente che non ha conseguito la qualifica a seguito di pubblico concorso) non è rilevabile d’ufficio e la relativa eccezione, se non formulata nel giudizio di primo grado, non è ammissibile qualora venga proposta nelle successive fasi del giudizio (Sez. 5, Sentenza n. 10802 del 05/05/201, Rv. 612623)”.

 

Sull’argomento specifico va segnalata anche la recente sentenza del 15 settembre 2015, n. 846/24/2015, con cui la Commissione tributaria regionale del Piemonte, dopo aver verificato che nel ricorso introduttivo era stata eccepita l’invalidità dell’atto per mancata allegazione della delega di firma ma non la legittimità della delega o la qualifica del delegante o delegato, ha osservato che “l’eccezione proposta con i motivi aggiunti è da ritenersi quindi diretta su un aspetto del rapporto tributario che non essendo stato oggetto di impugnazione con il ricorso di primo grado è rivolta a contestare per la prima volta un vizio dell’atto che per effetto della mancata impugnazione nel termine di 60 giorni è da ritenersi non più sindacabile e neppure rilevabile d’ufficio. Si è quindi formato un giudicato interno che non può essere rimosso neppure in virtù della sentenza della Corte Costituzionale per garantire la certezza dei rapporti giuridici definitivi. Il motivo è pertanto inammissibile in quanto motivo nuovo e proposto al di fuori delle ipotesi tassativamente indicate dall’art. 24 D.lgs. 546/92, neppure ricorrono le condizioni per una rilevabilità d’ufficio in quanto tale aspetto dell’atto non è più contestabile”.

 

In materia, già la Commissione tributaria provinciale di Nuoro, con sentenza del 20 luglio 2015, n. 212/02/2015, ha ritenuto che “si può escludere che il difetto di sottoscrizione costituisca un vizio dell’atto integrante nullità rilevabile d’ufficio, per cui la questione possa essere esaminata dal giudicante indipendentemente dalla tempestività del motivo. In tal senso si veda quanto statuito sul punto da Cass. Sez. 5 n. 10802 del 05/05/2010, secondo cui nel processo tributario, la nullità dell’avviso di accertamento non è rilevabile d’ufficio e la relativa eccezione, se non formulata nel giudizio di primo grado, non è ammissibile qualora venga proposta nelle successive fasi del giudizio. L’eccezione del difetto di sottoscrizione appare essere un motivo nuovo, non un “motivo aggiunto”, poiché non determinato da alcuna produzione di parte” (in senso conforme cfr anche: Ctp Lucca, 9 settembre 2015, n. 506/04/15, che rileva anche per profilo della non applicabilità dell’articolo 21-septies della legge 241/1990, il quale individua come causa di nullità dei provvedimenti amministrativi il difetto assoluto di attribuzione, riconducibile alla carenza di potere in astratto e, quindi, all’assenza di una norma giuridica attributiva del potere esercitato; Ctp Ferrara, 31 agosto 2015, n. 497/05/15; Ctp Trieste, 13 luglio 2015, n. 224/02/15 e n. 225/02/15).

 

Riguardo alla prova della sussistenza di una valida delega alla sottoscrizione degli atti, merita di essere infine menzionata la sentenza del 23 settembre 2015, n. 535/02/2015, con cui la Commissione tributaria provinciale di Lucca ha ritenuto infondata l’eccezione relativa alla mancata allegazione all’avviso di accertamento della delega al funzionario sottoscrittore, poiché “la delega a sottoscrivere si presume in primo luogo conferita a colui che firma per delega”, oltre alla circostanza che nel caso di specie “l’Ufficio, in risposta alla contestazione mossa, ha comunque prodotto in atti il documento attributivo (…) del potere di sottoscrizione”.