Oltre alle sentenze favorevoli all’Agenzia delle Entrate sono state depositate, da parte di altre Commissioni tributarie, ulteriori pronunce che hanno affermato la validità degli atti sottoscritti da incaricati di funzioni dirigenziali.
In ordine cronologico, muovendo dalla più recente, vale la pena richiamare la sentenza n. 301/3/2015 del 19 maggio scorso, con cui la Commissione tributaria provinciale di Pavia ha ritenuto destituita di fondamento la contestazione relativa alla nullità dell’avviso di accertamento impugnato per vizio di sottoscrizione.
La Ctp ha, infatti, sottolineato che la stessa Corte costituzionale, nella nota sentenza n. 37 del 17 marzo 2015, “pur avendo affermato l’illegittimità degli incarichi dirigenziali conferiti a funzionari dell’Agenzia delle Entrate, ha precisato che tale questione (validità degli incarichi dirigenziali) non si riflette sulla funzionalità della stessa Agenzia, né sull’idoneità degli atti emessi ad esprimere la volontà all’esterno dell’amministrazione finanziaria, la cui validità non è messa in discussione“.
Del resto, anche “la recente giurisprudenza di merito… ha affermato che gli atti ‘medio tempore’ adottati dal funzionario la cui nomina è stata annullata, sono da considerarsi efficaci essendo irrilevante verso terzi il rapporto tra pubblica amministrazione e la persona fisica dell’organo che agisce e ciò per il principio di conservazione degli atti e della continuità dell’azione amministrativa, allorché venga annullata in sede giurisdizionale la nomina del titolare di un organo, non avendo l’accertata invalidità dell’investitura alcuna conseguenza sugli atti emessi in precedenza, tenendo conto che quando l’organo è investito di funzioni di carattere generale, il relativo procedimento di nomina ha una sua piena autonomia, sicché i vizi della nomina non si ripercuotono sugli atti rimessi alla sua competenza generale (Ctp Gorizia sent. n. 63/01/2015; Ctp Macerata sent. n. 150/02/2015)“.
Sono queste le ragioni per cui la Ctp di Pavia ha riconosciuto la legittimità dell’atto impugnato, sottoscritto da un direttore provinciale appartenente alla terza area funzionale e incaricato di funzioni dirigenziali.
Va poi segnalata la sentenza n. 156/02/2015, pubblicata sempre il 19 maggio, con cui la Commissione tributaria provinciale di Trieste ha precisato che “sul motivo pregiudiziale circa il difetto dei poteri di firma, il Collegio rigetta l’eccezione del ricorrente osservando che con la produzione di copia dell’ordine di servizio n. 11/2012, l’Ufficio ha assolto all’onere probatorio legittimamente richiesto da controparte e richiamando sul punto il principio del c.d. funzionario di fatto, la cui applicazione comporta… che l’annullamento dell’atto di nomina non travolge gli atti adottati nell’esercizio della delega di firma sugli atti emessi precedentemente all’annullamento stesso (CdS, IV, 2 1.5.208 n. 2407)“.
Il giorno prima, con sentenza n. 608/13/2015 del 18 maggio, la Commissione tributaria provinciale di Bologna aveva chiarito che la citata sentenza della Corte costituzionale non comporta “affatto la caducazione (nullità) di tali atti, in quanto trova applicazione la ‘teoria del funzionario di fatto“; infatti, come chiarito dalla stessa Corte, “la questione relativa alla validità degli incarichi dirigenziali non si riflette sulla funzionalità dell’Agenzia né sulla idoneità degli atti emessi a esprimere la volontà all’esterno dell’Amministrazione Finanziaria, la cui validità non è messa in discussione“. Ne deriva che “gli attuali funzionari ai quali il Direttore provinciale… ha conferito delega di firma, pur privi della qualifica dirigenziale, possono sottoscrivere gli accertamenti perché appartengono alla terza area che è equiparabile alla ex carriera direttiva“.
Tornando indietro di qualche settimana, meritano di essere citate la sentenza n. 169/11/2015 del 28 aprile scorso, con cui la Commissione tributaria regionale del Friuli Venezia Giulia ha rilevato preliminarmente “l’infondatezza dell’eccezione di illegittimità dell’avviso di accertamento poiché lo stesso risulta sottoscritto dalla dott.ssa… – Direttore dell’Ufficio Territoriale di… – anche in delega del Direttore Provinciale…. Il richiamo alla sentenza C.Cost. n. 37/2015 è del tutto fuorviante ed ultroneo“, nonché la n. 147/10/2015 del 20 aprile, con cui la stessa Commissione tributaria regionale ha precisato che “gli avvisi di accertamento, firmati per delega del direttore… decaduto dalle funzioni dirigenziali per effetto della sentenza 37/2015 della Corte costituzionale, sono da considerarsi non più annullabili, sotto l’aspetto della legittima provenienza degli stessi dalla amministrazione procedente, in virtù del principio giuridico della conservazione degli atti amministrativi sotto forma di conferma che si ha quando l’amministrazione ribadisce e mantiene ferma una precedente sua determinazione, nel caso di specie con la costituzione in giudizio“.
A favore dell’Agenzia, anche diverse decine di sentenze della Commissione tributaria provinciale di Pesaro gemelle della n. 309/1/2015 del 28 aprile e la sentenza n. 393/8/2015 del 27 aprile, con cui la Commissione tributaria provinciale di Bergamo si è conformata all’orientamento della giurisprudenza di legittimità (“Cass 10 agosto 2010 n. 18515 e Cass. 10.7.2013, n. 17044“), secondo il quale il capo di un ufficio è l’organo in grado di manifestare all’esterno la volontà dell’ente a prescindere dalla qualifica dirigenziale dallo stesso ricoperta.
Di gran lunga inferiore è, invece, il numero delle sentenze sfavorevoli all’Agenzia sul tema, per le quali pendono comunque i termini di impugnazione. Si tratta della sentenza n. 3222/25/2015 della Commissione tributaria provinciale di Milano del 10 aprile, la pronuncia n. 2184/13/2015 della Commissione tributaria regionale di Milano del 19 maggio, della sentenza n. 784/3/2015, della Commissione tributaria provinciale di Campobasso del 21 maggio e delle sentenze gemelle nn. 1789 e 1790/02/2015 della Commissione tributaria provinciale di Lecce, sempre del 21 maggio.
Va tuttavia precisato che, nelle pronunce milanesi e leccesi, il motivo principale della soccombenza dell’Agenzia è stato determinato da una circostanza di fatto: la Commissione ha ritenuto non provata in giudizio, da parte dell’ufficio, l’appartenenza alla terza area funzionale o la qualifica dirigenziale del sottoscrittore.