la-situazione-dellassociazionismo-e-delle-unioni-in-lombardia-4-638Secondo l’Anci, i processi associativi tra i Comuni necessitano di essere rilanciati con un quadro normativo più adeguato. Per l’Associazione dei Comuni la disciplina vigente ha inibito e scoraggiato la nascita di Unioni tra comuni.


 

L’obbligo della gestione associata delle funzioni fondamentali è passato da una proroga all’altra, giungendo ormai alla settima proroga (l’attuale scadenza è fissata al 31 dicembre 2017).

 

Le disposizioni vigenti avrebbero dovuto produrre misure semplificatorie volte al conseguimento di obiettivi di maggiore efficienza o migliore organizzazione delle funzioni comunali, riflettendo anche principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica.

 

L’Anci, però, ritiene che tutto ciò evidentemente non si stia realizzando, compromettendo la migliore gestione delle risorse statali appositamente stanziate. L’impianto del D.L. 78/2010, anche come modificato in parte dalla legge 56/2014 (legge Delrio), ha dimostrato di non funzionare.

 

Per questo motivo, l’Associazione ha proposto un emendamento al DDL AS 2960 “Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2018 e bilancio pluriennale per il triennio 2018-2020” prevedendo che i Comuni non debbano svolgere obbligatoriamente in forma associata le funzioni fondamentali. L’emendamento richiama inoltre la possibilità di ricorrere, oltre alle unioni o alle convenzioni, anche al consorzio solo per i servizi sociali come stabilito dall’art.1, comma 456 della legge 11 dicembre 2016, n. 232.

 

L’Anci punta su di un sistema d’incentivazione basato su un’interazione Stato-Regioni (a suo tempo attuata, di fatto, con relativa Intesa nel 2006). Tale sistema d’incentivazione, ove liberato dalle criticità del dl 78/2010 e s.m.i. ed opportunamente rinnovato con una nuova regolamentazione attuativa, può consentire il migliore utilizzo delle risorse statali e regionali.

 

Gli emendamenti dell’Associazione mirano ad abrogare il principio dell’obbligatorietà puntando tutto sull’incentivazione. Quello che i Comuni auspicano è una nuova disciplina che, valorizzando la loro autonomia organizzativa, offra strumenti che promuovano forme di gestione associata delle funzioni e dei servizi. Una mini-riforma dell’associazionismo tra Comuni che non riguarderà, comunque, gli enti locali siciliani.

 

L’art. 41 della legge regionale siciliana n. 15/2015 sancisce, infatti, addirittura il divieto ai Comuni di istituire nuove entità, comunque denominate, ivi compresi gli organismi di cui agli articoli 31 (Consorzi) e 32 (Unioni) del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, per l’esercizio associato di funzioni, fatte salve quelle previste per legge nonché le convenzioni per l’espletamento di servizi.

 

Mentre la normativa vigente, sia pure passando da una proroga all’altra, mira a rendere obbligatorie le associazioni tra Comuni per ottenere economie di scala, il legislatore regionale ha deciso di vietare Unioni e Consorzi di nuova istituzione.

 

Si tratta di una previsione inopportuna e sulla cui legittimità costituzionale, sorgono diversi dubbi. Il divieto lede l’autonomia, costituzionalmente garantita, degli enti locali, inserendo una proibizione per i Comuni siciliani, rispetto a quelli del resto d’Italia. La riforma del titolo V della Costituzione afferma i principi di sussidarietà, differenziazione e adeguatezza e le associazioni tra Comuni rispondono proprio alla necessità di un livello più ampio di quello dei piccoli comuni per offrire i servizi e svolgere funzioni in maniera efficace, efficiente ed economica.

 

Per queste ragioni, pur criticando la disciplina vigente, l’Anci chiede il rilancio delle forme associative tra Comuni.

 

La stessa “Carta europea delle Autonomie Locali”, documento programmatico dell’Unione Europea di grande valenza politico-culturale (anche se non direttamente impegnativa per gli Stati membri), sancisce il diritto di associazione delle collettività locali. Il secondo comma dell’art. 41 della L.r. 15/2015 affida ai Liberi Consorzi ed alle Città metropolitana una funzione di regolamentazione dell’attività dei Comuni siciliani, che non si riscontra nell’architettura costituzionale.

 

Le Province, ed oggi le Città metropolitane e i Liberi Consorzi, non sono istituzioni sovraordinate ai Comuni e, pertanto, non hanno il potere di disciplinarne l’organizzazione. Si tratta di soggetti che non hanno potestà legislativa ma solo statutaria e regolamentare, limitata a disciplinare la propria attività e non quella di altre autonomie locali.