svizzera_2La Svizzera garantirà l’assistenza amministrativa in materia fiscale anche nel caso in cui le domande siano basate su dati rubati, sempreché il Paese richiedente abbia ottenuto tali dati nel quadro di un’ordinaria procedura di assistenza amministrativa o tramite fonti accessibili al pubblico. Nella diversa ipotesi in cui il Paese richiedente abbia avuto un ruolo attivo nell’ottenimento dei dati rubati o abbia offerto -direttamente o tramite terzi- vantaggi di qualsiasi genere, l’assistenza amministrativa fiscale da parte della Svizzera sarà invece negata. È questo il fulcro del progetto in fase di consultazione da parte del Consiglio federale svizzero concernente la revisione della legge sull’assistenza amministrativa fiscale.

 

Il contrasto tra la prassi svizzera e gli standard internazionali – La modifica della legge svizzera sull’assistenza amministrativa in campo fiscale è dettata dalle forti pressioni operate in campo internazionale da parte dei Paesi partner che, in relazione al trattamento dei dati ottenuti illegalmente, considerano la posizione della Svizzera non conforme allo standard dell’OCSE sullo scambio di informazioni in materia fiscale. Secondo il modello internazionale, infatti, lo scambio di informazioni su domanda deve avvenire ogni qualvolta lo Stato richiedente necessiti di informazioni “verosimilmente rilevanti”, senza considerare l’ipotesi che i dati oggetto di domanda siano stati ottenuti in maniera illegale.

 

A tale principio è posto l’unico limite, rinvenibile dall’art. 26 del modello di convenzione OCSE, secondo cui lo scambio può essere negato se contrario all’ordine pubblico, applicabile in realtà a casi estremi quali le domande motivate da persecuzioni razziste, politiche o religiose. La prassi svizzera in materia è molto differente dagli standard di matrice OCSE, radicandosi nelle disposizioni di cui all’art. 7, lett. c) della legge sull’assistenza amministrativa fiscale, la cd. LAAF. La legge svizzera prevede che non si entri nel merito della domanda di assistenza amministrativa in caso di lesione del principio della buona fede, in particolare se la richiesta si fonda su dati ottenuti attraverso comportamenti che il diritto elvetico qualifica come reati, come nel caso di richiesta di assistenza amministrativa derivante da dati ottenuti illegalmente perché, ad esempio, “rubati”.

 

Il caso della Lista Falciani – Il caso più eclatante riguarda certamente la vicenda della cd. Lista Falciani, contenente le informazioni di soggetti -persone fisiche e giuridiche- non residenti in Svizzera risultati detentori di disponibilità finanziarie presso la HSBC Private Bank di Ginevra, che la Francia ha diramato a trenta Paesi partner mediante i canali di mutua assistenza amministrativa internazionale previsti dalle direttive europee. Il caso dei dati rubati alla banca HSBC è tornato agli onori delle cronache all’inizio del 2015 e tale clamore mediatico ha indotto gli Stati a aumentare le richieste di assistenza, sia  amministrativa che penale, sui propri contribuenti inseriti nella Lista presumibilmente detentori di attività finanziarie in Svizzera. Il contrasto è scaturito dal fatto che, da un lato, la Svizzera ha rifiutato l’assistenza per violazione del principio di buona fede mentre, dall’altro, gli Stati richiedenti non ravvisavano alcuna violazione  avendo ottenuto tali informazioni mediante canali legittimi.

 

La modifica normativa – Questa situazione ha rischiato di incrinare i rapporti tra la Svizzera e gli Stati partner e di mettere a rischio i progressi ottenuti nell’ambito della collaborazione in materia di assistenza amministrativa fiscale. Tenuto conto delle esigenze emerse a livello internazionale, la modifica normativa farà sì che le autorità svizzere dovranno entrare nel merito delle domande di assistenza basate su dati che, sebbene siano frutto di comportamenti inquadrabili come reati dal diritto svizzero, come nel caso di dati rubati, siano stati ottenuti nel quadro di una procedura di assistenza amministrativa.

 

Di contro, sarà opposto il rifiuto se la domanda presentata dallo Stato estero non si inquadri nell’ambito di una ordinaria procedura amministrativa o se le informazioni siano state ottenute mediante un comportamento attivo da parte dello Stato richiedente, intendendosi per “comportamento attivo”  quello per cui il Paese richiedente ha posto in essere misure finalizzate all’ottenimento delle informazioni o se le ha ottenute a fronte di specifici vantaggi, direttamente o per il tramite di terzi.

 

Alla stregua di tali indicazioni uno Stato richiedente sarà considerato “passivo” ai fini dell’assistenza fiscale se ha semplicemente accettato le informazioni senza offrire incentivi o vantaggi ovvero se la ha ricavate da fonti liberamente accessibili al pubblico, ad esempio attraverso i media o altri canali di informazione: in tutti questi casi le autorità svizzere potranno certamente entrare nel merito della domanda senza rischio di incorrere nella violazione del principio della buona fede.