art-16-legge-8-2020Pone i conseguenti interrogativi il mancato ritiro, ad oggi, dell’art.16 ter della legge 8/2020, la cui antigiuridicità è, con dettagliata chiarezza, stata esposta nell’articolo, intitolato “Milleproroghe: un’analisi relativa a profili di incostituzionalità”, che questo Quotidiano ha pubblicato in data 1/7/2020, con i relativi allegati:

(link: https://www.lentepubblica.it/contabilita-bilancio-tasse-tributi/milleproroghe-incostituzionalita/).

Rilevanza della fattispecie sul piano della responsabilità amministrativa

Il metodo retributivo previsto dal comma 11 dell’art.16 ter della legge n. 8/2020 (La classe di segreteria delle convenzioni previste dall’articolo 98, comma 3, del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, è determinata dalla somma degli abitanti di tutti i comuni convenzionati), essendo subordinato all’emanazione del decreto di cui al comma 12, sembra riferirsi ad una maggiorazione stipendiale non ancora introdotta nel comparto EE.LL.

Si tratta di un’apparenza non vera, dato che, sebbene il comma 12 parli di “nuovi criteri di classificazione”, quei criteri esistevano prima del d. l. 162/2019 (convertito nella legge 8/2020).

In altre parole, la maggiorazione retributiva prodotta da quei criteri (maggiorazione duplicativa di emolumento spettante e regolarmente corrisposto) è, per consuetudine contra legem, preesistente al predetto decreto ed esiste tuttora.

L’articolo del 1 luglio 2020 contiene l’analisi dimostrativa del fatto che, per effetto di decreti del Ministero dell’interno non conformi al CCNL della categoria, la duplicazione è in vita da quando quest’ultimo è stato introdotto, quindi dal 2001.

L’articolo aggiunge che, d’altra parte, senza questa incompatibilità rispetto al contratto nazionale, la norma non sarebbe stata prevista incostituzionalmente: sarebbe cioè stata prevista non con legge, ma con integrazione contrattuale, nel rispetto della riserva stabilita dall’art. 2, comma 3, del d. lgs. 165/2001.

In conclusione, la non vera apparenza di cui si è detto può avere il solo effetto di far sembrare legittima quella maggiorazione retributiva all’ampia platea dei non addetti ai lavori, non potendo, in rapporto ai pagamenti che vengono effettuati dagli uffici ragioneria comunali, non esserci seri dubbi di legittimità, dopo la lettura normativa che è contenuta nel comunicato RgS prot. n. 76063 del 29/9/2014 e nella nota Aran del 22/12/2016 (si veda sempre l’articolo del 1 luglio scorso, il quale chiarisce che quei pagamenti sono attualmente dovuti al rischio di contenzioso perdente determinato dalle pronunce della magistratura del lavoro ripristinative della consuetudine contra legem che, dopo tredici anni di esborso, era, nel 2014, stata di fatto ufficializzata attraverso il comunicato RgS. In riferimento, poi, al successivo comma 13 dell’art. 16 ter, l’articolo segnala i seguenti ulteriori danni erariali preesistenti: in favore dei segretari comunali in disponibilità, la mancata applicazione della soppressione del divieto di reformatio in peius di cui al comma 458 dell’art. 1 della legge 147/2013 e la corresponsione della “retribuzione del capofila” non prevista dal CCNL della categoria, a differenza di quanto affermato nella circolare del Ministero dell’interno, Albo nazionale dei segretari, prot. n.0000485 E- P del 24/3/2015).

Mancando, come dicevamo, il decreto attuativo di cui al comma 12 dell’art. 16 ter, sembra, in rapporto alle competenze della Corte dei conti, che l’inammissibile maggiorazione stipendiale non sia ancora stata introdotta nel Comparto EE. LL. e che non si sia, quindi, concretizzato danno erariale.

Invece, a fronte di una realtà ben differente, la ragionevole aspettativa è quella dei formali interventi che sono necessari a che gli enti locali siano di fatto sottratti alla costrizione ad effettuare pagamenti non ammessi dall’ordinamento, per evitare contenziosi perdenti, in tal modo alimentando il danno erariale che, a livello nazionale, va massicciamente avanti dal 2001.

 


Fonte: articolo di redazione lentepubblica.it