Con la deliberazione n. 4/SEZAUT del 24 febbraio 2015 la Corte dei conti ha pubblicato le: Linee di indirizzo per il passaggio alla nuova contabilità delle Regioni e degli Enti locali (decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118, recante “Disposizioni in materia di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle Regioni, degli enti locali e dei loro organismi, a norma degli articoli 1 e 2 della legge 5 maggio 2009, n. 42”, modificato ed integrato dal decreto legislativo 10 agosto 2014, n. 126.

In questo quadro, in concomitanza con l’entrata in vigore delle disposizioni volte all’armonizzazione degli ordinamenti contabili degli enti territoriali, si ritiene di dover fornire indicazioni di principio ed operative su alcuni profili di particolare rilevanza, anche al fine di orientare l’uniformità dei comportamenti degli organi di revisione contabile e le correlate attività di controllo delle Sezioni regionali della Corte.

L’avvio dell’armonizzazione delle regole contabili e degli schemi di bilancio, costituisce una irripetibile occasione per rendere più leggibili i conti degli enti territoriali, anche al fine del consolidamento della finanza pubblica. L’impropria cancellazione – oltre che dei residui attivi non esigibili – di entrate di dubbia e difficile esazione, potrebbe condurre ad una proliferazione dei disavanzi, con un allargamento dell’area interessata dalle operazioni di ripiano pluriennale, che il legislatore prevede, con una gradualità di copertura, in un periodo massimo di dieci anni (esteso dalla legge di stabilità 2015 fino a trenta anni).

Ciò impone di contemperare il peso della manovra con l’eccessiva diluizione nel tempo della relativa copertura: nell’ambito di un così esteso arco temporale potrebbero aprirsi, infatti, spazi per l’effettuazione di ulteriori spese, mettendo a rischio in tal modo lo stesso recupero di governabilità dei conti, in termini sia di competenza, sia di cassa.

D’altra parte, una eliminazione dei residui attivi inferiore a quanto previsto dalle nuove regole, potrebbe attenuare gli effetti dell’attività di riaccertamento straordinario e prolungare, sostanzialmente, la stagione dei “disavanzi occulti”.

Il nuovo impianto della contabilità finanziaria delle Regioni e degli Enti locali – imperniato, sostanzialmente, sulla competenza finanziaria potenziata e sulla correlata introduzione del Fondo pluriennale vincolato (in cui assume rilievo decisivo la variabile temporale) – dovrebbe sortire l’effetto, in prospettiva, di un tendenziale ridimensionamento delle poste in conto residui, da collegare a veri crediti e veri debiti della pubblica Amministrazione.

L’operazione non deve, peraltro, essere vanificata dalle preoccupazioni per le possibili conseguenze legate all’affiorare di passati esiti gestionali poco rappresentativi, soprattutto con riferimento ai residui attivi, tanto più che eventuali scostamenti sono connessi, sostanzialmente, alla diversa impostazione del nuovo regime contabile rispetto a quello previgente.

Nell’ambito della sperimentazione (che ha complessivamente coinvolto circa 400 enti), numerose criticità sono venute in evidenza; tra esse spiccano – in termini generali – quelle relative ai profili organizzativi, alla carenza di risorse umane professionalmente formate, all’adeguamento delle procedure informatiche. I nodi tecnici, in particolare, hanno riguardato – come del resto era prevedibile – il corretto svolgimento dell’operazione di riaccertamento straordinario dei residui, la costruzione del Fondo svalutazione crediti (ora Fondo crediti di dubbia esigibilità), nonché la determinazione del Fondo pluriennale vincolato.

Le difficoltà incontrate nell’adozione dei nuovi schemi di bilancio, sia dagli enti locali che dalle Regioni, hanno riguardato, tra l’altro, le attività di riclassificazione dei capitoli e il loro “spacchettamento”; adempimenti, questi, da realizzare con tempestività in quanto propedeutici all’armonizzazione.

 

 

Consulta il documento completo: Corte dei Conti – Armonizzazione, deliberazione n. 4SEZAUT del 24 febbraio 2015

 

 

 

FONTE: Corte dei Conti – Sezione delle Autonomie

 

 

 

 

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