Il presidente dell’Associazione Nazionale dei Comuni Italiani (Anci), Antonio Decaro, lancia un nuovo appello al Governo per bloccare la spending review nei confronti degli enti che hanno ricevuto i fondi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR).
Si tratta di una questione che ha scaldato molto il dibattito nelle ultime settimane: la bozza di decreto ministeriale sul tavolo di Giancarlo Giorgetti ha fatto arrabbiare l’Anci e l’Upi che parlano di tagli «irragionevoli» e «assurdi».
In pratica, come abbiamo già avuto modo di accurare in questo approfondimento, la spending review agirà in modo proporzionale ai finanziamenti ricevuti dal PNRR. Tradotto: più fondi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza ha ricevuto un Comune, maggiore sarà il taglio subito.
Questo meccanismo andrebbe a penalizzare, parodossalmente, proprio quei Comuni impegnati nella realizzazione delle opere pubbliche, attraverso significativi tagli alle risorse di parte corrente.
E ciò potrebbe avere conseguenze significative sulle casse degli enti locali, come accaduto al Comune di Marzabotto e raccontato su questo quotidiano di recente, dove l’ente è finito in default per avere anticipato proprio le spese del PNRR senza ricevere il trasferimento dei fondi da parte del Ministero.
Il nuovo appello del presidente Anci Decaro contro la spending review
La bozza di Giorgetti si applica a 6.838 comuni, 78 province, 13 città metropolitane. Esclusi dalla procedura gli enti in dissesto, quelli in procedura di riequilibrio e quelli che hanno firmato un accordo per il ripiano del disavanzo e il rilancio degli investimenti come Torino, Napoli, Palermo e Reggio Calabria.
Come riportato da Anci Campania, Antonio Decaro ha dichiarato che “le modalità con le quali il Mef intende applicare ai Comuni la spending review prevista dalla legge di bilancio aggravano tutte le nostre peggiori preoccupazioni. Ci aspettavamo una proposta molto diversa, anche se avevamo già lanciato l’allarme e ora dobbiamo confermarlo: con una decisione paradossale e irragionevole il governo intende tagliare le risorse di parte corrente penalizzando fortemente i Comuni che hanno ricevuto i finanziamenti del Pnrr e sono impegnati nella realizzazione delle opere pubbliche.
Come avevamo segnalato con una lettera inviata insieme all’Upi a tutti i ministri interessati sta prevalendo un’interpretazione delle norme di bilancio che ci pare assurda, contraddittoria con lo spirito e le finalità del Pnrr e soprattutto densa di gravissime conseguenze per la gestione delle opere pubbliche tanto attese dai cittadini. Ritorna la volontà di scoraggiare la piena riuscita degli obiettivi del Pnrr, almeno per la parte di competenza dei sindaci“.
Il presidente Anci ha chiuso lanciando un inquietante monito: “La cosa più grave è che il Mef vuole ripartire questo taglio colpendo i Comuni in misura direttamente proporzionale ai finanziamenti Pnrr che hanno ricevuto per gli investimenti.
Col risultato che i tagli saranno più pesanti per chi avrà costruito più asili nido, avrà aperto più case-famiglia, avrà acquistato più autobus elettrici o avrà realizzato più parchi pubblici: tutti investimenti che naturalmente, per poter funzionare, richiederanno ai Comuni maggiore spesa corrente per esempio per le manutenzioni e per l’assunzione degli educatori da impiegare negli asili nido.
Invitiamo tutto il governo a ripensarci prima che sia troppo tardi. Sarebbe una beffa per i cittadini, se dopo aver realizzato le opere pubbliche attese per anni i Comuni fossero costretti ad abbandonarle perché messi nell’impossibilità di gestirle“.
La risposta del Governo: momentaneo stop alla proposta di legge
Il Governo dal canto suo, al momento, sembrerebbe aver fatto momentaneamente retromarcia sul provvedimento. Il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi ha infatti deciso di non includere la discussione del controverso decreto nell’agenda della prossima riunione della Conferenza Stato-Città. Questa mossa ha avuto l’effetto immediato di congelare l’avvio del processo di approvazione del decreto.
La decisione di Piantedosi è stata in realtà strategica: evitando di inserire il decreto all’ordine del giorno, ha impedito l’inizio del countdown di 20 giorni che avrebbe permesso al Governo di procedere con l’approvazione senza il consenso degli enti locali.
Questo rinvio temporale ha allentato la tensione, consentendo di rimandare la questione a dopo le elezioni dell’8 e 9 giugno. Si tratta di una finestra di tempo preziosa che potrebbe permettere di rivedere e rinegoziare i termini del decreto con una maggiore concertazione tra le parti coinvolte.
Fonte: articolo di redazione lentepubblica.it