Si è svolta presso la commissione Bilancio del Senato l’audizione sul decreto enti locali. Nel corso della riunione la delegazione Anci, guidata dal presidente Piero Fassino e dal segretario generale Veronica Nicotra, ha presentato un documento con le proposte Anci, illustrate anche ai Capigruppo di Palazzo Madama.
Con l’introduzione del decreto legge 19 giugno 2015, n. 78, (dl Enti locali), molte delle questioni che l’ANCI aveva sottoposto all’attenzione del Governo nel corso degli ultimi mesi hanno trovato una complessiva, ancorché per diversi aspetti parziale, sistemazione.
E’ giusto riconoscere che i contenuti del decreto legge sono il frutto di un lungo, complesso ed incessante confronto politico e tecnico che ha visto l’Associazione incalzare costantemente il Governo e i Ministeri interessati sulle questioni più rilevanti che toccano la finanza comunale e metropolitana, a partire dalla bozza di decreto legge predisposta dall’ANCI nel febbraio scorso. Da quella data si sono tenute decine di incontri sia tecnici che politici che hanno progressivamente messo a fuoco, con soluzioni normative faticosamente condivise, le questioni prioritarie già individuate, nonché altre esigenze di messa a punto normativa emerse nel tempo. L’aver ottenuto un decreto legge rappresenta di per sé un punto importante per il sistema dei Comuni, per le misure concrete in esso contenute, che aiutano gli enti a regolare il sistema contabile in un contesto che resta molto complesso.
L’ANCI auspica che le questioni che non sono state compiutamente affrontate possano trovare risposta in sede di conversione del decreto legge 78, nella consapevolezza che le difficoltà finanziarie di carattere generale – che non intendiamo sottovalutare – vadano inserite in un quadro di ripresa economica complessiva degli investimenti e di tutela dei servizi locali.
E’ fuori di dubbio che in un contesto di generale e persistente restrizione finanziaria, sia ineludibile predisporre un intervento strutturale sul sistema della finanza locale, sia garantendo certezza alle risorse annualmente disponibili sia portando a termine alcune riforme attese da anni. In questa audizione riteniamo tuttavia opportuno concentrare l’attenzione sulle ulteriori misure che possono concretamente contribuire ad una gestione sostenibile dei bilanci dei Comuni e delle Città metropolitane nel 2015, rimandando all’imminente avvio del confronto sulla Legge di stabilità 2016 le questioni di carattere strutturale (in particolare, la cd. Local tax e l’evoluzione dei vincoli finanziari).
A tal proposito, l’ANCI rinnova l’auspicio che in occasione delle decisioni riguardanti la finanza decentrata venga fornito ai decisori e agli osservatori, e specie al Parlamento più volte chiamato a votare pesanti manovre nei confronti dei singoli livelli di governo, un quadro completo del contributo fornito al risanamento della finanza nazionale dai diversi sottosettori della Pubblica amministrazione. Si potrebbe così valutare con maggior ponderazione la correlazione tra la dimensione del comparto comunale e lo sforzo richiesto.
La sproporzione del contributo richiesto ai Comuni è ormai evidente non solo sulla base delle preoccupazioni e dei dati provenienti dall’ANCI. La Corte dei Conti sia nella “Relazione sulla gestione finanziaria degli enti territoriali 2013” che nel “Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 2015” ha ulteriormente ribadito come le manovre degli ultimi sul sistema dei Comuni si siano caratterizzate per iniquità e sproporzione (“il complesso percorso di riequilibrio dei conti pubblici ha impegnato costantemente il comparto degli enti locali in una misura che eccede i limiti di un ragionevole criterio di proporzionalità tra i rapporti di composizione della spesa della Pubblica amministrazione. Tale percorso di risanamento si è espresso sul piano dei vincoli di spesa e dei tagli ai trasferimenti, con riflesso inasprimento della leva fiscale rimessa all’autonoma disponibilità dei livelli di governo locale”), per aver compresso l’autonomia finanziaria dei Comuni (“… le predette misure di austerità, riducendo gravemente le possibilità di intervento e di gestione degli enti territoriali, hanno inciso profondamente sul grado di autonomia finanziaria e funzionale ad essi garantiti dal Titolo V della Costituzione”), per aver sterilizzato i principi di responsabilità fiscale che erano invece alla base della riforma del Titolo V della Costituzione e della legge 42/2009 (L’aumento della pressione fiscale locale “è stato il frutto di scelte operate a livello di governo centrale, piuttosto che espressione dell’autonomia impositiva degli enti decentrati”).
Per la relazione completa potete consultare il file in allegato all’articolo.