transparent glass chess isolated on whiteNella valutazione delle effettive capacità del Paese di contrastare la cattiva amministrazione, emerge il lavoro costante portato avanti dall’Agenzia delle Entrate.


Transparency international è un’organizzazione non governativa con sede a Berlino e diffusa in oltre 100 Paesi del mondo, dal 1993 attiva nella prevenzione e nel contrasto alla corruzione. Dal 1996 Transparency international è presente anche in Italia, ove rappresenta un fondamentale interlocutore del Governo e delle altre Istituzioni che operano nella lotta alla maladministration.

 

Ad esempio, già nel 2013 ha reso un’importante collaborazione al dipartimento della Funzione pubblica per il Piano nazionale anticorruzione, la cui elaborazione all’epoca era di competenza proprio del Dfp. Nell’occasione, ha preso parte a una procedura di consultazione che, oltre ai membri del Governo, ha visto coinvolte anche le principali autorità istituzionali in materia (Sna, World bank e, appunto, la Ong Transparency-It).

 

Anche per questo 2017Transparency international Italia ha presentato, pochi giorni fa, il proprio report annuale denominato “Agenda anticorruzione – L’impegno dell’Italia nella lotta alla corruzione”. Il documento, sviluppato secondo una precisa e coerente metodologia di analisi del fenomeno, prende le mosse dall’ambito della corruzione e dei connessi reati, assorbendo peraltro nella disamina delle fenomenologie illecite anche quelle tipiche e proprie del settore privato (corruzione privata, riciclaggio, e così via).

 

Le parti successive si rivolgono più approfonditamente al mondo delle aziende, l’altra metà del contesto ove la corruzione, fenomeno in buona sostanza “paritetico” per la sinallagmaticità delle illecite prestazioni dei due contraenti, cerca una espansione che deve essere a ogni costo avversata. L’attenzione si focalizza sul presidio “231” (un modello di organizzazione, gestione e controllo disciplinato dal Dlgs 231/2001, che ha introdotto anche in Italia la responsabilità da reato per gli enti – la responsabilità d’impresa – prevendendo un tertium genus che si aggiunge a quello penale e a quello amministrativo, avviando il superamento del principio romanistico “societas delinquere non potest”) e sugli altri strumenti di controllo, monitoraggio e tutela, oltre che sulla trasparenza delle grandi imprese, con evidenza dei tools da esse implementati per comunicare all’esterno quanto realizzato in tema di etica.

 

L’ultimo segmento è dedicato, invece, al ruolo dei media e della società civile, in un ideale affiancamento degli altri attori nella strategia volta a eradicare definitivamente il fenomeno.

 

La pubblicazione del report offre l’occasione, invece, di aggiungere l’ennesimo commento al rating che colloca l’Italia al 60° posto del Cpi – Corruption perceptions index – e alle cause di questo giudizio, ancora poco lusinghiero pur se in lieve, ma costante miglioramento, per sottolineare i numerosi passaggi, spesso incoraggianti, che sono dedicati dal documento all’Agenzia delle entrate.

 

Il primo accenno è in tema di prevenzione del riciclaggio, alla domanda se le sanzioni e gli incentivi previsti al riguardo abbiano reale efficacia. Il report ricorda che il controllo sui crimini di riciclaggio è demandato, in via principale, alla Guardia di finanza e all’Agenzia delle entrate che, insieme alle Procure, contribuiscono alla loro scoperta e al relativo contrasto. Dal punto di vista operativo, si afferma in generale che le autorità svolgono efficientemente il proprio lavoro e garantiscono, altresì, un effettivo controllo del fenomeno. A questa iniziale positiva osservazione fa seguito l’accento posto sul programma di collaborazione volontaria, più comunemente detto “voluntary disclosure”, introdotto dalla legge italiana per incentivare il rientro delle ingenti somme che negli anni sono state dirottate illecitamente all’estero, con risultati che la stessa Trasparency ha definito “considerevoli”. È ben nota al riguardo la determinante azione svolta proprio dall’Agenzia delle entrate, cui il Parlamento, che nell’occasione ha valutato le esigenze di equilibrio economico nazionale con le conseguenze applicabili agli interessati, ha attribuito specifiche competenze al riguardo (in ultimo, con il Dl 193/2016 che, all’articolo 7, ha previsto la riapertura dei termini della procedura di collaborazione volontaria).

 

Il riflettore viene poi spostato sul grado di effettiva applicazione dei principi contabili e di revisione, individuando ancora nell’Agenzia delle entrate e nella Guardia di finanza le principali autorità competenti alla vigilanza nel settore.

 

Il livello di adeguamento ai richiamati principi, che emerge dalla disamina, evidenzia una significativa conformità al quadro normativo di riferimento: infatti, nel momento in cui procedono a effettuare attività di verifica, si afferma che Agenzia e Gdf “portano a conoscenza del risultato delle stesse solo i soggetti direttamente coinvolti e nei confronti dei quali è stata condotta l’attività”.

 

È evidente che non è possibile rendere noti pubblicamente i casi in cui non sono stati rispettati gli standard in materia di contabilità e revisione e, tantomeno, fornire informazioni al pubblico circa le modalità con cui è stata svolta la specifica attività di verifica e le decisioni prese a seguito della contestazione delle irregolarità/violazioni. In caso contrario, sarebbero ben evidenti le responsabilità: penali per rivelazione e utilizzazione di segreti di ufficio (articolo 326 cp), disciplinari per violazione del Codice di comportamento del dipendente e civili e amministrative per violazione delle norme poste a tutela della privacy (Dlgs 196/2003). Le esigenze di trasparenza risultano garantite dalla pubblicazione di dati di sintesi aggregati, attraverso report periodici sulle attività svolte.

 

Viene monitorato anche il rispetto delle policy conformi ai più elevati standard internazionali, con espressa menzione dell’Agenzia, della quale si richiama l’autonomia regolamentare, amministrativa, patrimoniale, organizzativa, contabile e finanziaria, oltre che la vigilanza effettuata su di essa dal ministero dell’Economia e delle Finanze, cui si aggiunge il controllo esercitato dalla Corte dei conti.

 

È richiamato l’obbligo di pubblicazione e aggiornamento dei Piani triennali anticorruzione, che devono includere un’approfondita mappatura e valutazione dei rischi di corruzione; e anche la soggezione dell’Agenzia al Codice dell’amministrazione digitale, che assicura ai cittadini la disponibilità, la gestione, l’accesso, la trasmissione, la conservazione e la fruibilità delle informazioni sulle entrate statali in modalità digitale, consentendo inoltre la tracciabilità dei movimenti finanziari relativi a rapporti contrattuali e di finanziamento in ambito pubblico, menzionati espressamente nel piano triennale di prevenzione della corruzione. Le informazioni circa l’ammontare e le fonti di provenienza di tasse e dazi sono disponibili in formato aperto attraverso il sito del Mef, permettendo dunque il download, l’uso e la rielaborazione dei dati pubblicati.

 

Nel paragrafo 1.9.2 “integrità delle autorità tributarie”, alla domanda se impiegati e dirigenti presso le Autorità e gli enti del settore tributario debbano rispettare standard etici e di integrità elevati, Transparency.it afferma che “i dipendenti dell’Agenzia delle Entrate …, nello svolgimento dei compiti ad esse attribuiti, si attengono a quanto disposto all’interno del proprio Codice di Comportamento del Personale e del Piano Triennale Anticorruzione, i quali prevedono espressamente una disposizione sulla prevenzione della corruzione in base alla quale: il dipendente rispetta le misure necessarie alla prevenzione degli illeciti nell’amministrazione. In particolare, le prescrizioni contenute nel Piano nazionale anticorruzione e nel Piano Triennale per la prevenzione della corruzione dell’Agenzia”.

 

Sempre l’Agenzia delle entrate è citata, per la regolare somministrazione dei corsi di formazione sulla politica anticorruzione adottata. In particolare, “l’Agenzia delle Entrate prevede una formazione apposita per i dipendenti operanti in settori particolarmente esposti alla corruzione”, oltre alla “attività di formazione specifica periodica per i dirigenti, i neo incaricati di funzioni dirigenziali e per tutti i neo assunti sui temi di prevenzione della corruzione”.

 

Si menziona nel report la presenza, all’interno dell’Agenzia, del Collegio dei revisori dei conti, nonché l’esistenza di una specifica disciplina e di precisi principi cui gli organi di controllo interno devono attenersi (legittimità, regolarità e correttezza dell’azione amministrativa, oltre all’efficacia, efficienza ed economicità della stessa).

 

Nondimeno, è citato il profilo sanzionatorio, con il richiamo alla previsione dell’applicazione di sanzioni, la cui entità è specificatamente definita all’interno del Codice di comportamento dei dipendenti, qualora sussista una violazione degli obblighi del Codice stesso e del Piano triennale per la prevenzione della corruzione. L’Agenda anticorruzione 2017 indica che, dal 2015 a oggi, 27 dipendenti dell’Agenzia delle entrate risultano indagati per corruzione, un numero espressamente definito come “significativo” e che ha avuto molta eco sui media, ma che allo stesso tempo, come ha sottolineato la stessa Agenzia, risulta molto basso se si considera la complessa organizzazione territoriale. A ciò si aggiungano le 474 inchieste amministrative interne e le 3.601 ispezioni per verificare situazioni di incompatibilità e cumulo di impieghi, attività sulla base delle quali sono state inoltrate 86 informative di reato alla magistratura penale e 25 denunce alla Corte dei conti. Tali numeri indicano come il monitoraggio sulle devianze sia preso seriamente all’interno dell’Agenzia delle entrate.

 

Gli “osservatori neutrali” di Transparency Italia hanno individuato nel Piano triennale anticorruzione dell’Agenzia un’apposita sezione dedicata alla procedura di whistleblowing: al riguardo, si afferma espressamente che per l’Agenzia delle entrate “le procedure sono state create con accorgimenti tali da garantire un buon grado di tutela e sicurezza delle generalità dei segnalanti ed anche del contenuto della segnalazione, avendo previsto, oltre al canale più comune delle email, anche un sistema informativo dedicato con garanzia di anonimato”.

 

Chiude la relazione annuale una disamina dell’effettiva sussistenza, nei processi di “riscossione delle tasse”, di garanzie esterne per rilevare e segnalare le violazioni. Ne viene individuata una, rappresentata dall’attribuzione del numero di partita Iva, assegnato ai soggetti che intraprendono l’esercizio di un’impresa, arte o professione o che istituiscono una stabile organizzazione. Per verificare il regolare adempimento degli obblighi tributari, si sottolinea come l’Agenzia delle entrate adotti diversi strumenti di controllo tra cui quelli automatizzati e formali delle dichiarazioni fiscali, inviti al contraddittorio e questionari, attività istruttorie esterne (per esempio, controlli mirati e verifiche fiscali) e indagini finanziarie. Le conclusioni di queste attività istruttorie sono portate a conoscenza del contribuente.