boxCertificazione del costo di esecuzione e dichiarazione sostitutiva di atto notorio con la quale la ditta venditrice attesta che i corrispettivi accreditati a suo favore sono stati registrati nella contabilità dell’impresa ai fini della loro concorrenza alla corretta determinazione del reddito. Sono queste le condizioni, chiarisce la circolare 43/E del 18 novembre 2016, che consentono al contribuente di non perdere la detrazione prevista per gli interventi di recupero edilizio (“bonus ristrutturazioni”) nel caso di acquisto di un box pertinenziale non con bonifico bancario o postale, ma tramite assegni bancari.

 

L’agevolazione è quella prevista dall’articolo 16-bis del Tuir, che riconosce uno sconto pari al 36% dei costi sostenuti, da applicare sull’Irpef lorda, fino a un massimo di 48mila euro di spesa, per gli interventi di recupero del patrimonio edilizio. In realtà, i termini del beneficio, rispetto alla norma ordinaria, sono stati più volte ampliati; da ultimo, la legge di stabilità 2016 ha prorogato, per l’anno in corso, l’innalzamento della percentuale di detrazione fino al 50% e ha mantenuto, per lo stesso periodo, a 96mila euro il limite delle spese ammissibili al beneficio.

 

Tornando alla circolare, l’Agenzia risponde a un contribuente che ha acquistato un appartamento e un box auto da destinare a pertinenza della propria abitazione principale utilizzando, come mezzo di pagamento, assegni bancari (anziché bonifici, come invece prevede la norma agevolativa). Il dubbio è se, in riferimento alle spese per la realizzazione del box, sia possibile usufruire della detrazione prevista dell’articolo 16-bis del Tuir esibendo, esclusivamente, la certificazione della società venditrice.

 

Nessuna incertezza sull’applicabilità dello sconto Irpef alla costruzione del box pertinenziale perché a prevederlo è la lettera d), comma 1, dello stesso articolo 16-bis del Tuir, a patto che, come chiarito in altre occasioni dall’Amministrazione finanziaria, l’impresa fornisca al cliente l’attestazione dei costi sostenuti. Inoltre, precedenti documenti di prassi delle Entrate hanno stabilito che l’agevolazione è riconosciuta soltanto in relazione ai pagamenti effettuati dopo la stipula del preliminare di vendita registrato e del rogito, dai quali emerga il vincolo pertinenziale. Tuttavia, si tratta di requisiti, questi ultimi, che – chiarisce la circolare – possono essere superati nel caso in cui il vincolo pertinenziale risulti costituito e riportato nel contratto di compravendita prima della presentazione della dichiarazione dei redditi nella quale il contribuente opera la detrazione.

 

Avvicinandosi ancor più al quesito specifico, l’Agenzia ricorda che, secondo quanto disposto dal Dm 41/1998, il pagamento delle spese agevolabili deve avvenire – pena la non spettanza della detrazione – tramite bonifico bancario o postale da cui risultino la causale del versamento, il codice fiscale del beneficiario dell’agevolazione e la partita Iva o il codice fiscale del destinatario della somma. L’adozione del bonifico come metodo obbligatorio di pagamento è strumentale all’applicazione della ritenuta d’acconto dell’8%, che banche e Poste devono operare, a titolo di acconto dell’imposta sul reddito dovuta dai beneficiari, nel momento in cui accreditano i pagamenti disposti dai contribuenti per fruire di oneri detraibili o deducibili (articolo 25 del Dl 78/2010).

 

Tuttavia, sono previste alcune uscite di sicurezza per rimediare a errori che potrebbero pregiudicare l’agevolazione. In caso di bonifico non completo, ad esempio, prevede la risoluzione 55/2012, il versamento può essere ripetuto con un nuovo bonifico, questa volta corretto. Ma se tale soluzione non è attuabile, non bisogna arrendersi: a rilevare veramente, per il Fisco, è il raggiungimento del fine della norma e, quindi, la corretta tassazione del reddito proveniente dalla esecuzione delle opere di ristrutturazione edilizia e di riqualificazione energetica. La pregiudiziale è superabile con, in appoggio all’apposita certificazione del venditore sul costo di realizzo del box, una dichiarazione sostitutiva di atto notorio in cui la ditta attesta che i compensi accreditati a suo favore sono stati inclusi nella contabilità dell’impresa perché concorrano alla corretta determinazione del reddito: è questa la soluzione per il caso affrontato nella circolare.

 

Altra eventualità presa in esame è quella in cui il bonifico sia stato compilato in modo che banche e Poste non riescano a operare correttamente la ritenuta. Per superare l’ostacolo, in questo caso, l’intestatario dell’accredito deve attestare nella dichiarazione sostitutiva di aver ricevuto i corrispettivi e di averli regolarmente registrati in contabilità ai fini della loro concorrenza al reddito dell’impresa. La documentazione, ricorda infine l’Agenzia, deve essere esibita al Caf o al professionista abilitato che predispone e trasmette la dichiarazione dei redditi o, se richiesta, agli uffici dell’Agenzia delle Entrate.