La presenza di elementi presuntivi indicativi di capacità contributiva, in assenza di idonea prova contraria, legittimano l’accertamento sintetico dell’ufficio. È quanto affermato dalla Corte di cassazione con la sentenza n. 21143 del 19 ottobre 2016.
La vicenda processuale
Il contribuente impugna gli avvisi di accertamento sintetici emessi per le annualità 2002 e 2003 sulla base di elementi indicativi di capacità contributiva, quali la disponibilità di un conto corrente in Svizzera nonché il possesso e l’utilizzo di beni e servizi (tra cui automobile e immobile). Sia la Commissione tributaria provinciale che la Ctr accolgono le doglianze del contribuente.
Ne deriva il ricorso in Cassazione dell’Agenzia dell’Entrate, che lamenta, oltre alla violazione e falsa applicazione di legge, il difetto di motivazione della sentenza impugnata.
In particolare, i giudici di secondo grado, a fronte delle norme che disciplinano l’accertamento sintetico, imponendo all’ufficio il solo onere di individuare elementi certi di capacità contributiva, avrebbero determinato un’inversione dell’onere della prova, ritenendo plausibili le mere dichiarazioni del contribuente non accompagnate da adeguato materiale probatorio.
Nello specifico, secondo l’ufficio, la Ctr avrebbe omesso di valutare che:
- dal saldo dell’unico conto bancario intestato al contribuente in Italia residua poca ricchezza accumulata precedentemente all’anno accertato
- nessuna spiegazione è stata fornita dal contribuente circa le operazioni bancarie effettuate, tra le quali l’emissione di un assegno di 25mila euro
- nessuna documentazione è stata fornita delle presunte vincite al gioco poste a base della detenzione di disponibilità valutarie in Svizzera, essendo anche illogico che un soggetto privo di disponibilità finanziarie potesse permettersi la frequentazione di casinò
- è altresì illogico ritenere che detta detenzione di conto all’estero sia solo per il deposito di vincite al gioco, considerato che funzionari della dogana hanno rinvenuto, occultata nei bagagli, documentazione di una vendita per l’importo di circa 10mila euro versati su detto conto
- la dichiarata restituzione dell’immobile locato nel 2002 è contraddetta da due contratti di locazione dai quali emerge che alla scadenza del primo (in data 28 febbraio 2003) è seguita la stipula dell’altro con decorrenza 1° aprile 2003 per la durata di quattro anni, al canone di circa 7mila euro annui.
La pronuncia della Cassazione
In accoglimento del ricorso del Fisco, i giudici supremi, allineandosi al consolidato orientamento della Corte sul punto, hanno statuito la legittimità dell’accertamento sintetico presuntivo posto in essere dall’ufficio sulla base della disponibilità, da parte del contribuente, di elementi presuntivi di capacità contributiva in difetto di una idonea valutazione della prova contraria fornita dall’accertato.
Osservazioni
L’Amministrazione finanziaria può accertare sinteticamente il reddito complessivo (ai sensi dell’articolo 38, commi 4 e 6, del Dpr 600/1973) avvalendosi di elementi indicativi di capacità contributiva, qualora lo stesso risulti inferiore rispetto alla suddetta capacità. Nella giurisprudenza di legittimità, è consolidato l’orientamento (Cassazione, pronuncia 16284/2007) in base al quale, in materia di accertamento sintetico, gli elementi indicativi di capacità contributiva costituiti, tra gli altri, dalla disponibilità di autoveicoli, nonché di residenze principali o secondarie, costituiscono una presunzione di capacità contributiva da qualificare “legale” ai sensi dell’articolo 2728 cc, considerando che è la stessa legge che impone di ritenere conseguente al fatto (certo) di tale disponibilità la esistenza di una capacità contributiva, senza che il giudice tributario, una volta accertata l’effettività fattuale degli specifici elementi indicatori di tale condizione, esposti dall’ufficio, abbia il potere di togliere a essi la valenza presuntiva che il legislatore ha connesso alla disponibilità dei beni.
Il contribuente, a sua volta, è gravato dell’onere di prova contraria, potendo sempre dimostrare che il maggior reddito determinato o determinabile sinteticamente è costituito, in tutto o in parte, da smobilizzi patrimoniali o da redditi esenti, sottoposti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta, soggetti a tassazione separata e percepiti nell’anno, prodotti da altri soggetti componenti il nucleo familiare.
Nel caso di specie, pertanto, va cassata la statuizione dei giudici di merito, laddove non hanno fornito una piena valutazione del materiale deduttivo e probatorio della controversia limitandosi ad asserire che le dichiarazioni rese dal contribuente (concessione di uso dell’automobile al fratello, restituzione dell’immobile nel 2002 con abitazione in ospitalità presso terzi, ricorso al conto svizzero per il deposito di occasionali vincite al gioco nel locale casinò) “non sono state poi oggettivamente smentite dall’Ufficio accertatore”.
In altri termini, detto decisum, pur non comportando un’inversione dell’onere della prova (come eccepito dall’ufficio) rispetto al sistema di presunzioni legali normativamente previsto in materia di accertamento sintetico, è viziato sul piano motivazionale laddove non fornisce una adeguata valutazione della prova contraria fornita dal contribuente.
È evidente, dunque, il difetto di motivazione laddove la Ctr ha omesso di specificare:
- le ragioni per le quali le dichiarazioni di parte abbiano rango di prova
- le ragioni per le quali gli importi sul conto italiano (evidenziati dall’ufficio come relativamente esigui a fronte dei redditi conseguiti) possano giustificare gli esborsi, pur a fronte della chiusura del conto stesso
- la coerenza tra l’indicata situazione di improduttività di reddito e l’emergere di operazioni bancarie effettuate
- la coerenza tra la scarsa possidenza e l’effettuazione di scommesse al casinò con detenzione di conto estero, senza la documentazione di vincite
- la coerenza tra la presunta restituzione dell’immobile nel 2002 e la stipula, agli inizi del 2003, di altro contratto di locazione.
La sentenza, dunque, va cassata in quanto i giudici di secondo grado hanno mal governato l’iter decisionale sul piano dell’adeguatezza motivazionale. Questi, invero, pur riconoscendo il valore di presunzione legale agli elementi di capacità contributiva dedotti dall’ufficio, hanno omesso di dar conto della effettiva sussistenza della prova contraria, costituita dalla provenienza non reddituale delle somme necessarie per mantenere il possesso dei beni indicati dalla norma.