L’Amministrazione finanziaria può procedere ad accertamento parziale (ex articoli 41-bis del Dpr 600/1973 e 54-bis del Dpr 633/1972) anche se gli elementi segnalati dalla Guardia di finanza e posti a fondamento della pretesa non presentano un elevato grado di certezza, non essendo necessaria un’attività di valutazione ulteriore rispetto a quella iniziale di mera acquisizione. Ad affermarlo, la Corte suprema con la sentenza 2633 del 10 febbraio scorso.
Fatto
La vicenda è quella di un contribuente raggiunto da tre avvisi di accertamento per gli anni d’imposta 1999, 2000 e 2001, con i quali l’ufficio dell’Agenzia delle Entrate contestava, sulla base dei dati acquisiti dalla Gdf, l’emissione di fatture relative a operazioni soggettivamente inesistenti.
Adita la competente Commissione tributaria provinciale, il ricorrente deduceva l’illegittimità degli avvisi impugnati per violazione dell’articolo 41-bis del Dpr 600/197373, nonché dell’articolo 54-bisdel Dpr 633/72, relativamente al recupero dell’Iva. Tuttavia, i giudici deliberavano in senso favorevole all’ufficio, decretando la legittimità della pretesa.
Il giudizio approdava in Ctr, dove il Collegio accoglieva le doglianze del contribuente, ricordando che l’accertamento parziale “postula il possesso da parte dell’ufficio accertatore di elementi certi da cui desumere errori di calcolo o omissione di elementi reddituali, ai quali sono estranee le ricostruzioni induttive dalle quali trae origine la presunzione D.P.R. n. 600 del 1973 , ex art. 39 …”. Nel caso di specie, puntualizzano i giudici, gli elementi segnalati dagli organi verificatori non presentano un elevato grado di certezza, trattandosi di meri indizi, privi di riscontro oggettivo. L’ufficio avrebbe dovuto procedere a un’ulteriore valutazione degli elementi acquisiti, cosi da condurre un’attività istruttoria completa prima di giungere all’emissione dell’avviso di accertamento.
L’Agenzia delle Entrate ha interposto ricorso per cassazione articolato in un solo motivo: violazione e falsa applicazione degli articoli 41-bis del Dpr 600/1973 e 54-bis del Dpr 633/1972. A giudizio del ricorrente, il Fisco, con lo strumento dell’accertamento parziale, può limitarsi a contestare una fattispecie circoscritta di evasione senza consumare il proprio potere di accertamento; difatti, la caratteristica dell’accertamento parziale è la provenienza esterna delle segnalazioni e la loro immediata utilizzabilità e non il contenuto proprio degli elementi comunicati all’ufficio tributario, demandandosi a un momento successivo un più approfondito accertamento.
Decisione e ulteriori osservazioni
La Corte, nel condividere l’assunto erariale, cassa la sentenza impugnata, rinviando ad altra sezione della Commissione tributaria regionale. L’accertamento parziale, caratterizzato dalla provenienza esterna delle segnalazioni e dalla loro immediata utilizzabilità, osservano i giudici, “è strumento diretto a perseguire finalità di sollecita emersione della materia imponibile laddove le attività istruttorie diano contezza della sussistenza, a qualsiasi titolo, di attendibili posizioni debitorie e non richiedano, in ragione della loro oggettiva consistenza, l’esercizio di una valutazione ulteriore rispetto all’attività che si risolve nel recepire e fare proprio il contenuto della segnalazione”.
Da qui la differenza rispetto alle altre tipologie di accertamento previste dal nostro sistema giuridico, posto che l’accertamento parziale si avvale di una “sorta di automatismo argomentativo indotto” dai dati acquisiti dall’esterno, “sicché il relativo presupposto è costituito non dal notevole grado di certezza degli elementi segnalati (come nella specie erroneamente ritenuto dal giudice tributario)”, bensì dal dato formale estrinseco che la comunicazione degli elementi a fondamento della pretesa proviene da organi o enti distinti ed esterni rispetto all’Amministrazione finanziaria procedente.
La Ctr, concludono i giudici, ponendo a base dell’accertamento parziale il “notevole grado di certezza degli elementi segnalati”, ha violato il predetto principio di diritto, dimenticando che la peculiarità dell’accertamento parziale consiste proprio nel procedere, con immediatezza, al recupero quando siano pervenuti elementi che consentono di determinare autonome irregolarità tributarie.
Com’è noto, infatti, ai sensi del richiamato 41-bis, l’accertamento parziale può trarre origine dall’esercizio di poteri istruttori (accessi, ispezioni e verifiche) posti in essere dalla Guardia di finanza, sempre che in tale sede emergano elementi di prova tali da consentire all’ufficio di accertare ictu oculi e con elevato margine di attendibilità l’evasione del contribuente.
In sostanza, deve trattarsi di elementi di prova diretta che consentono di stabilire con certezza l’esistenza di materia imponibile sottratta a tassazione; non è necessario che tale certezza derivi da prove documentali, ben potendo la stessa essere rilevata da mezzi istruttori diversi come, ad esempio, una confessione del contribuente. Ovviamente, gli “elementi” la cui risultanza consente, a norma del 41-bis, di stabilire l’esistenza di un reddito non dichiarato o il maggiore ammontare di un reddito parzialmente dichiarato, possono avere anche carattere indiziario. In altri termini, tutti gli elementi che, anche presuntivamente, “consentono di stabilire” l’esistenza di un reddito non dichiarato o superiore a quello dichiarato sono validamente opponibili all’imprenditore e, pertanto, sono idonei a fondare un accertamento parziale, a prescindere dal fatto che il maggior reddito da loro desumibile non risulti dalle scritture contabili, la cui attendibilità, in tali casi, risulta pertanto sospetta.
Tale principio è già stato enunciato in più occasioni dalla Corte suprema, che ha sempre confermato la legittima utilizzazione dello strumento dell’accertamento parziale laddove pervenga agli uffici una segnalazione della Guardia di finanza che fornisca elementi tali per ritenere sussistente un reddito non dichiarato, senza che tale strumento debba, neppure prima delle modificazioni legislative apportate nel 2005, essere subordinato a una particolare semplicità della segnalazione pervenuta e potendo, quindi, lo stesso essere utilizzato anche in seguito a un pvc redatto dalle Fiamme gialle (Cassazione, sentenza 23729/2013 e, in senso conforme, sentenza 11057/2006, secondo cui “l’utilizzo dell’accertamento parziale è infatti nella disponibilità degli uffici quando ad essi pervenga una segnalazione della Guardia di finanza che fornisca elementi per ritenere la sussistenza di un reddito non dichiarato, senza che tale strumento debba (neppure prima delle modifiche apportate nel 2004) essere subordinato ad una particolare semplicità della segnalazione pervenuta)”.
Difatti, una delle caratteristiche peculiari dell’accertamento parziale (e che ne giustifica appunto la peculiare qualifica) è che lo stesso non pregiudica l’ulteriore azione accertatrice dell’Agenzia delle Entrate. Se l’ufficio utilizza l’accertamento parziale, non ha la necessità della sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi, per notificare ulteriori atti, non operando il limite di cui all’articolo 43 del Dpr 600/1972; l’ampiezza dell’attuale formulazione normativa non sconta i problemi applicativi legati all’accertamento integrativo e/o modificativo, in ordine alla possibilità di riemettere un nuovo avviso di accertamento laddove emergano elementi – nuovi e sopravvenuti – che, se conosciuti prima, avrebbero portato a una diversa valutazione reddituale.
L’accertamento parziale, in definitiva, si fonda su dati particolarmente affidabili, che non necessitano di un’ulteriore attività istruttoria, senza precludere una successiva attività accertativa sostanziale e, quindi, l’emanazione di avvisi di accertamento “ordinari”.