spese, processoCon la sentenza n. 7870 del 17 aprile 2015, la Suprema corte si è pronunciata in tema di violazione dell’articolo 12, comma 5, della legge 212/2000 (Statuto dei diritti del contribuente), cassando la sentenza della Commissione tributaria regionale che aveva ritenuto nullo l’avviso di accertamento emesso a seguito di verifica fiscale protrattasi oltre il termine previsto da tale norma.
Come noto, la norma citata dispone che “La permanenza degli operatori civili o militari dell’amministrazione finanziaria, dovuta a verifiche presso la sede del contribuente, non può superare i trenta giorni lavorativi, prorogabili per ulteriori trenta giorni nei casi di particolare complessità dell’indagine…”.

 

Nel caso sottoposto al vaglio della Corte di cassazione, il giudice di appello aveva annullato l’atto impositivo sul presupposto dalla mera protrazione della verifica fiscale oltre il termine predetto, senza neppure accertare in concreto se, alla violazione del termine ex articolo 12, comma 5, legge 212/2000 denunciata dal contribuente, corrispondesse nel caso concreto l’effettiva permanenza dei verificatori nei locali dell’impresa ovvero se tale periodo dovesse invece essere riferito alla complessiva attività d’indagine svolta anche al di fuori della sede del contribuente.

 

Accogliendo il motivo di ricorso formulato dall’ufficio, la Suprema corte ha, in primo luogo, ritenuto dirimente osservare che alla violazione del termine di permanenza non è ricollegata dalla legge alcuna conseguenza (inutilizzabilità delle prove raccolte, nullità degli atti di accertamento compiuti, eccetera), attesa la mancanza di una specifica previsione in tal senso.

 

A parere della Corte, infatti, in caso di superamento del termine di durata delle operazioni di verifica, il legislatore non ha stabilito alcuna norma sanzionatoria che renda nulli gli atti compiuti ovvero un’invalidità derivata dell’atto impositivo, e tanto meno ha previsto, in conseguenza della scadenza del termine, la sopravvenuta carenza del potere di accertamento ispettivo dell’Amministrazione finanziaria (cfr Cassazione, sentenza n. 16323/2014, che esclude la natura perentoria del termine in mancanza di una specifica disposizione in tal senso).

 

Né, al contrario, può deporre, secondo il giudice di legittimità, la formula lessicale del divieto utilizzata nella disposizione (la permanenza….non può superare i trenta giorni…”) che appare analoga a quella impiegata nel comma 7 del medesimo articolo (l’avviso non può essere emanato prima della scadenza….) in relazione al termine dilatorio di sessanta giorni previsto, dopo la consegna del pvc, per la emanazione dell’atto impositivo, la cui violazione, alla stregua del principio enunciato nella sentenza 18184/2013, determinerebbe l’invalidità dell’atto emesso “ante tempus”.

 

Non può, infatti, a giudizio della Corte, istituirsi una diretta corrispondenza tra le fattispecie contemplate dalle disposizioni del comma 5 e del comma 7 del medesimo articolo 12, essendo diversi gli “oggetti” (provvedimento tributario; comportamento materiale dei funzionari pubblici) su cui hanno effetto i rispettivi divieti e la rilevanza degli interessi sostanziali a essi sottesi (corretta formazione del rapporto tributario; interesse negativo del soggetto alla presenza di soggetti estranei nei locali in cui si svolge l’attività economica).

 

Nell’ipotesi disciplinata dal comma 7, il divieto si riflette, infatti, sullo stesso esercizio della potestà impositiva, rimanendo questo impedito prima della scadenza del termine: Diversamente, nell’ipotesi contemplata nel comma 5, “non viene in questione un’attività provvedimentale” ma “un mero comportamento materiale tenuto dai funzionari che effettuano la verifica mediante accesso nei locali in cui si svolge l’attività economica, in relazione al quale non ha senso invocare le categorie della invalidità degli atti e dei negozi giuridici”.

 

La differente rilevanza degli interessi presi in considerazione dalle disposizioni dei commi 5 e 7 giustifica, dunque, razionalmente la scelta del legislatore di non ricollegare alla violazione del termine di permanenza nei locali la sanzione di invalidità dell’atto impositivo, non incidendo la violazione della durata della verifica su diritti costituzionalmente tutelati riferibili al contribuente.
Ne consegue che la permanenza dei verificatori nei locali oltre i termini indicati “non preclude l’utilizzo dei documenti, delle informazioni e degli altri elementi probatori, acquisiti oltre la scadenza dei predetti termini, che possono essere bene posti a fondamento della pretesa fiscale”.