Casalinghe, pensionati, badanti, studenti, disoccupati e “dopolavorisiti” sono le categorie che usufruiscono dei cosiddetti voucher, ovvero la possibilità di essere “assunti” per qualche ora da un committente venendo retribuiti attraverso l’utilizzo di un “buono- lavoro” di 10 euro lordi all’ora (pari a 7,5 euro netti).
Dal 2012, anno in cui questo strumento è stato esteso a tutti i settori economici, il ricorso è più che triplicato: da poco più di 23.800.000 ore utilizzate due anni fa si è passati a 71.600.000 ore previste per l’anno in corso.
Se, invece, analizziamo il trend dei lavoratori interessati, scopriamo che nel 2012 sono state coinvolte poco più di 366.000 persone, quest’anno, invece, ne sono previste più di un milione. Anche in questo caso il fenomeno è triplicato. E’ proprio il caso di dire che i cosiddetti mini-jobs stanno conoscendo anche in Italia un vero e proprio boom.
“Grazie all’introduzione di questa formula – segnala il segretario della CGIA Giuseppe Bortolussi – è stato possibile far emergere una quota di sommerso che altrimenti sarebbe stata difficile da contrastare. Ora, anche i lavoretti saltuari sono tutelati. In più, chi viene assunto per poche ore con questi buoni può menzionare nel suo curriculum questa esperienza. Inoltre, per limitare l’utilizzo improprio di questi buoni, il legislatore ha stabilito che ognuno di questi deve essere orario, datato e numerato progressivamente. Tuttavia, la possibilità di aggirare la norma non manca: purtroppo, questa possibilità è presente in qualsiasi caso, figuriamoci quando si tratta di un accordo che, come in questa fattispecie, è di natura verbale”.
Questi voucher, prosegue la CGIA, rappresentano un sistema di pagamento che i datori di lavoro/committenti possono utilizzare per remunerare quelle prestazioni svolte al di fuori di un normale contratto di lavoro, garantendo al prestatore d’opera la copertura previdenziale presso l’Inps e quella assicurativa presso l’Inail. Sia per l’imprenditore sia per il lavoratore la legge stabilisce degli importi annui limite oltre ai quali l’utilizzo dei voucher non è più consentito (vedi nota tecnica).
Lo scarto tra il numero dei voucher utilizzati e quelli venduti si sta assottigliando sempre di più: se nel 2013 l’incidenza dei primi sui secondi era dell’ 88,5 per cento, per l’anno in corso la stessa sale al 93,8 per cento.
Nel 2013, ultimo anno in cui sono disponibili i dati ufficiali, i settori maggiormente interessati dall’utilizzo di questi “buoni-lavoro” sono stati il commercio (25,2 per cento del totale dei lavoratori coinvolti), il turismo/ristorazione (17,6 per cento), e i servizi (13,6 per cento). Resta comunque molto elevato l’uso dei voucher anche nelle restanti attività (19,5 per cento): ovvero il settore manifatturiero.
E’ la seconda parte dell’anno il periodo dove il “consumo” dei voucher è maggiore: le attività stagionali collegate alle vacanze estive, l’agricoltura e i settori economici legati al periodo natalizio fanno aumentare notevolmente negli ultimi 6 mesi dell’anno il ricorso ai mini-jobs.
A livello territoriale, invece, è il Nordest il principale utilizzatore: l’anno scorso sono stati venduti oltre il 40 per cento del totale nazionale dei “buoni”: il 28,5 per cento nel Nordovest, il 16,6 per cento nel Centro e il 14,8 per cento nel Sud e nelle Isole.
FONTE: CGIA Mestre