Volkswagen annuncia chiusura di fabbriche in Germania a causa della propria crisi attuale: anche l’Italia potrebbe essere colpita dall’onda lunga di questa decisione? Scopriamolo.
La decisione di Volkswagen di chiudere tre dei suoi stabilimenti ha scosso il panorama industriale tedesco e ha lanciato un’ombra sull’intero settore automobilistico europeo. La transizione ecologica verso il 2035, con lo stop alla produzione di motori a combustione, si sta dimostrando un processo più impegnativo del previsto.
Nonostante le previsioni di esperti, l’industria sembra trovarsi impreparata davanti alle sfide economiche di questa riconversione.
Volkswagen affronta la crisi con tagli e ristrutturazioni
Volkswagen sta pianificando una serie di interventi drastici per far fronte a costi di produzione sempre più elevati in Germania, stimati fino al 50% superiori rispetto a quelli di altre nazioni. A complicare la situazione è la forte concorrenza cinese, particolarmente incisiva sul fronte dei veicoli elettrici, e una domanda europea inferiore alle aspettative per questi modelli. Di fronte a questo scenario, il gruppo ha scelto di chiudere tre stabilimenti in Germania e ridurre i costi con misure come il taglio degli stipendi fino al 10% e il congelamento degli aumenti salariali per due anni. Questa strategia mira a tutelare la sostenibilità economica e a garantire la sopravvivenza di Volkswagen nel mercato globale.
Reazione sindacale: clima di tensione e protesta
Le decisioni del colosso automobilistico non sono state accolte bene dai sindacati. Il sindacato IG Metall, rappresentato da Thorsten Gröger, ha espresso un forte dissenso, definendo i tagli “una profonda pugnalata” alle relazioni industriali che da decenni caratterizzano Volkswagen. Gröger ha avvisato il consiglio di amministrazione che la controparte sindacale non resterà a guardare e potrebbe mobilitarsi, soprattutto se la linea aziendale rimarrà immutata. Mercoledì 30 ottobre, a Wolfsburg, è previsto un nuovo incontro per le contrattazioni, ma il clima si prospetta teso.
A prendere una posizione particolarmente critica è anche la sindacalista italiana Daniela Cavallo, presidente del consiglio di fabbrica, che ha descritto il piano di ristrutturazione come “un serio progetto di svendita” della principale industria tedesca. Cavallo ha confermato che nessun sito produttivo sarà esente dai possibili tagli, anche se lo stabilimento di Osnabrueck sembra tra i più a rischio. La presidente ha inoltre annunciato che i primi licenziamenti potrebbero avere inizio già dalla metà del 2025.
L’impatto in Italia della crisi Volkswagen in Germania: il taglio dei fondi all’automotive
La crisi di Volkswagen ha riacceso il dibattito sull’industria automobilistica in Italia. L’Anfia, l’Associazione Nazionale Filiera Industria Automobilistica, ha criticato duramente il recente taglio del Governo Meloni di 4,6 miliardi di euro al Fondo automotive, destinato alla riconversione delle filiere per agevolare il passaggio alla produzione di veicoli elettrici. L’associazione ha definito il taglio “un fulmine a ciel sereno”, che contraddice l’impegno del governo italiano nel sostenere la transizione ecologica europea e che annulla mesi di lavoro congiunto tra enti e parti sociali per garantire un futuro stabile all’intero comparto.
Un settore in bilico tra innovazione e rischio
Il settore automobilistico europeo si trova oggi a un bivio: affrontare la sfida della transizione ecologica mantenendo la competitività oppure rischiare di cedere terreno ad altri paesi, Cina in testa. La situazione di Volkswagen e le decisioni politiche italiane evidenziano le difficoltà di un’intera filiera produttiva che, pur rappresentando un pilastro economico, sta affrontando una trasformazione epocale in tempi brevissimi.