La procura di Milano ha recentemente portato alla luce un caso di sottrazione e vendita di dati riservati dalle principali banche dati nazionali, un’operazione che ha condotto all’arresto di sei persone e al sequestro di alcune aziende.


L’indagine, guidata dal nucleo investigativo di Varese e coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia (Dda) di Milano, si concentra su presunti membri di un’organizzazione che, a scopo di lucro, avrebbe orchestrato un sistema per accedere illegalmente a informazioni sensibili contenute in archivi cruciali dello Stato, tra cui Sdi, Serpico, Inps, Anpr e Siva.

Le accuse: sottrazione e vendita di dati riservati e sensibili dalle Banche Dati Nazionali

L’operazione, avvenuta il 25 ottobre, ha portato all’adozione di sei misure cautelari: quattro arresti domiciliari e due misure interdittive, insieme al sequestro di diverse attività. Tra i coinvolti figurano sia membri delle forze dell’ordine, attivi o in congedo, tra cui un carabiniere e un ex poliziotto, sia esponenti noti nel mondo imprenditoriale. Tra gli indagati spicca anche il nome di Enrico Pazzali, presidente della Fondazione Fiera Milano, la quale risulta tuttavia estranea ai fatti.

Al centro dell’indagine c’è l’agenzia di investigazione privata Equalize, ora posta sotto sequestro, sospettata di aver gestito un vasto sistema di raccolta dati per una clientela composta da grandi aziende, studi legali e professionisti. I sospetti riguardano una presunta attività di “dossieraggio” su commissione, un fenomeno che sembra essere divenuto una pratica su larga scala. Questo sistema di spionaggio sarebbe stato progettato per soddisfare le richieste dei clienti attraverso un mercato nero dell’informazione.

Come avveniva il furto di dati?

Il furto di dati dalle banche dati nazionali in questo caso avveniva tramite accessi non autorizzati condotti da membri delle forze dell’ordine o ex agenti, presumibilmente sfruttando il loro accesso privilegiato a informazioni riservate. Grazie a queste connessioni, la presunta organizzazione poteva raccogliere dati di vario tipo e rivenderli tramite un sistema di pagamenti destinato a clienti specifici, tra cui grandi aziende e studi professionali. Questo circuito di “dossieraggio” ha quindi trasformato le informazioni riservate in una merce altamente redditizia e facilmente accessibile per chi fosse disposto a pagare.

Cosa rischiano le vittime?

Il furto di dati dalle banche dati nazionali in questo caso avveniva tramite accessi non autorizzati condotti da membri delle forze dell’ordine o ex agenti, presumibilmente sfruttando il loro accesso privilegiato a informazioni riservate. Grazie a queste connessioni, la presunta organizzazione poteva raccogliere dati di vario tipo e rivenderli tramite un sistema di pagamenti destinato a clienti specifici, tra cui grandi aziende e studi professionali. Questo circuito di “dossieraggio” ha quindi trasformato le informazioni riservate in una merce altamente redditizia e facilmente accessibile per chi fosse disposto a pagare.

Rischi legali per i responsabili

Coloro che hanno condotto questi furti o ne hanno beneficiato potrebbero dover rispondere di accuse come l’accesso abusivo a sistemi informatici, la violazione della privacy e, potenzialmente, l’associazione a delinquere, con sanzioni penali pesanti. Inoltre, eventuali reati contro lo Stato o l’utilizzo fraudolento di informazioni classificate aggiungerebbero ulteriori aggravanti.

Un’indagine che seque quella della procura di Perugia

Questo caso ha richiamato alla memoria un’indagine analoga avviata qualche mese fa dalla procura di Perugia, che aveva già aperto uno squarcio sugli accessi abusivi alle banche dati della Direzione nazionale antimafia (Dna). In quell’occasione, tra gli indagati c’erano il tenente della Guardia di Finanza Pasquale Striano e il magistrato Antonio Laudati, accusati di aver ottenuto informazioni su politici e personaggi pubblici.

Tuttavia, l’inchiesta milanese appare ancora più estesa e complessa, coinvolgendo un numero maggiore di banche dati e svelando una sofisticata rete di pagamenti, che avrebbe contribuito alla nascita di un vero e proprio mercato illecito delle informazioni riservate.