Legittimo il diniego dell’ufficio alla restituzione del tributo assolto da una società su acquisti negli anni 2001-2002 e chiesto a rimborso nel 2004, prima della pronuncia comunitaria. Con la sentenza 5174/2016 (idem 5175/2016), la Cassazione è nuovamente tornata sul tema delle istanze di rimborso dell’Iva versata sull’acquisto di autoveicoli a uso privato (e loro componenti e ricambi), e non detratta in base al previgente testo dell’articolo 19-bis1, primo comma, lettere c) e d), del Dpr 633/1972, a seguito dell’incompatibilità della norma nazionale con la disciplina comunitaria Iva in tema di detrazione, dichiarata nella sentenza della Corte di giustizia europea n. C-228/05 del 14 settembre 2006.
Come noto, con tale ultima sentenza, i togati europei hanno ritenuto non conformi al contenuto della normativa Iva comunitaria le limitazioni del diritto alla detrazione del tributo assolto sull’acquisto di veicoli a uso privato e relativi componenti, ricambi e carburanti, nonché sulle relative prestazioni di impiego, manutenzione, custodia, eccetera, precedentemente previste dall’articolo 19-bis1, lettere c) e d), del Dpr 633/1972; nella stessa sentenza, inoltre, i giudici avevano ritenuto di non dover limitare nel tempo gli effetti della loro pronuncia, stabilendo che “…il soggetto passivo cui sia stata applicata tale misura derogatoria deve poter ricalcolare il suo debito d’imposta…conformemente alle disposizioni dell’art.17, n.2, della sesta direttiva..nella misura in cui i beni e i servizi sono stati impiegati ai fini di sue operazioni soggette ad imposta…“.
In ossequio ai princìpi richiamati in tale decisione, il legislatore nazionale ha quindi emanato il decreto legge 258/2006, con il quale è stata predisposta in favore dei contribuenti interessati una particolare procedura per ottenere il recupero “a posteriori” dell’imposta a suo tempo non detratta, a causa dei suddetti limiti di legge, sugli acquisti dei cennati beni e servizi posti in essere anteriormente alla data di pubblicazione della citata sentenza della Corte europea.
Più in particolare, il Dl in questione ha stabilito la restituzione dell’imposta da parte dell’Erario sulla base di differenti percentuali forfettarie di detrazione per distinti settori di attività, disponendo a tal fine, a carico dei contribuenti, l’obbligo di presentazione in via telematica di un’apposita istanza, mediante utilizzo del modello specificamente approvato con provvedimento del direttore dell’Agenzia delle Entrate del 22 febbraio 2007, per gli acquisti dei suddetti beni effettuati dal 1° gennaio 2003 al 13 settembre 2006 (ultimo giorno antecedente la data di emanazione della citata sentenza della Corte di giustizia europea). Detto provvedimento aveva, inoltre, precisato che “…ai contribuenti che ritengano tali percentuali non rispondenti all’effettivo utilizzo dell’autoveicolo nell’attività d’impresa arte o professione, è riconosciuta la possibilità di individuare analiticamente la misura di detrazione spettante. In tal caso, anziché utilizzare il modello approvato con il presente atto, i contribuenti interessati devono richiedere il rimborso della detrazione non fruita mediante apposita istanza da produrre ai sensi dell’art.21 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n.546, nel termine di due anni decorrenti dal 15 novembre 2006 (data di entrata in vigore della legge 10 novembre 2006, n.278, che ha convertito il decreto-legge 15 settembre 2006, n.258)“.
In relazione a tali disposizioni, con la sentenza in rassegna, la Corte è stata chiamata a pronunciarsi in merito alla legittimità, o meno, del diniego opposto dall’amministrazione finanziaria alla restituzione del tributo assolto da una società nazionale sui suddetti acquisti di beni e servizi da essa posti in essere negli anni 2001-2002, e chiesto a rimborso nell’anno 2004 (anteriormente, quindi, alla pronuncia della Corte comunitaria). Nella specie, il diniego aveva tratto origine dal fatto che, poiché l’istanza di rimborso era stata presentata il 9 luglio 2004, per le somme versate (e non detratte) anteriormente al 9 luglio 2002 doveva considerarsi verificata la scadenza del termine di decadenza biennale per la richiesta di rimborso di cui all’articolo 21, comma 2, del Dlgs 546/1992, in tema di contenzioso tributario, senza possibilità di applicare a tali crediti la sopravvenuta disciplina dettata dal Dl 258/2006.
Investita della questione, la Corte – richiamando a sostegno numerosi propri precedenti (v., tra le varie, le sentenze 14064/2012 e 7641/2014 – ha, in primo luogo, escluso che le suddette disposizioni normative e amministrative recate dal Dl 258/2006, e relativo provvedimento attuativo, avrebbero potuto trovare applicazione anche in quei casi – come quello di specie – in cui i contribuenti avessero già presentato l’istanza di rimborso in un periodo temporale antecedente al 15 novembre 2006 (data di pubblicazione della sentenza della Corte europea), e per annualità anteriori all’anno 2003 (v. il citato provvedimento del 22 febbraio 2007). In secondo luogo, i giudici di legittimità hanno quindi affermato che, per le istanze di rimborso (come quella dedotta in controversia) già presentate “ante” decisione della Corte comunitaria, deve comunque porsi il problema della verifica sia della sussistenza, o meno, in capo al contribuente, dei presupposti ordinari per la detrazione del tributo di cui all’articolo 19 dello stesso Dpr 633 – cioè, l’inerenza effettiva degli acquisti all’esercizio della propria attività d’impresa, con relativa prova a carico del medesimo soggetto (v. anche, in tal senso, la decisione 3456/2014) – sia della condizione della presentazione della domanda di rimborso entro il termine biennale di decadenza stabilito dall’articolo 21, comma 2, del Dlgs 546/1992 (cioè, entro due anni dall’avvenuto versamento dell’imposta non detratta).
In tale ottica, pertanto, nella particolare fattispecie dedotta in controversia, la Corte ha concluso affermando che, per le somme versate a titolo di Iva e non detratte dalla società interessata “ante” la data del 9 luglio 2002, non avrebbe potuto ritenersi più attuabile il relativo recupero, attesa l’avvenuta scadenza del cennato termine decadenziale biennale stabilito dall’articolo 21 del Dlgs 546/1992 al momento della presentazione dell’istanza di rimborso (in quanto, come sopra detto, avvenuta il 9 luglio 2004). Relativamente, poi, alle somme versate e non detratte nel periodo dal 9 luglio al 31 dicembre 2002, i giudici di legittimità hanno comunque ritenuto che il relativo recupero sarebbe risultato parimenti non attuabile in quanto la società non aveva, in concreto, fornito la prova dell’effettivo collegamento degli acquisti in questione con lo svolgimento della propria attività imprenditoriale (v. anche, nello stesso senso, la sentenza 25777/2014).