Vaccino HIV, in Italia passi avanti molto importanti: messo a punto dal Centro di ricerca dell’Istituto Superiore di Sanità un nuovo vaccino, con risultati incoraggianti dal follow up sui pazienti.
Pubblicato su «Frontiers in Immunology», lo studio condotto in 8 centri clinici del Belpaese evidenzia che la somministrazione del vaccino Tat a pazienti in terapia antiretrovirale (Cart) si è rivelata capace di ridurre drasticamente il “serbatoio di virus latente” inattaccabile dalla sola terapia antiretrovirale.
Le buone notizie arrivano dalla sperimentazione del vaccino terapeutico italiano Tat contro Hiv e Aids.
Un follow-up durato 8 anni mostra i risultati ottenuti con il vaccino Tat contro l’Hiv, messo a punto dall’équipe guidata da Barbara Ensoli, direttore del Centro nazionale per la ricerca su Hiv/Aids dell’Istituto superiore di sanità (Iss).
Vaccino HIV in Italia: i dati
Il farmaco si avvale della proteina Tat di Hiv, responsabile della replicazione del virus. E’ stato somministrato a 92 volontari che sono stati monitorati per gli otto anni successivi in vari centri d’eccellenza italiani. Dallo studio emerge che i pazienti hanno mostrato un forte calo del Dna provirale nel sangue, avvenuto con una velocità in media 4-7 volte maggiore di quella osservata in studi analoghi su pazienti trattati solo con Cart. Nei vaccinati, inoltre, la riduzione del serbatoio di virus latente si è associata a un aumento delle cellule T Cd4+ e del rapporto delle cellule T Cd4+/Cd8+. T
Si ricorda che solo dal 1 dicembre – Giornata Mondiale di Lotta all’AIDS – al 7 dicembre 2018 sono pervenute al TV AIDS e IST 800 861061 394 telefonate: di queste il 63,2% sono prime telefonate. Nel 50% dei casi le telefonate sono pervenute dalle Regioni del Nord Italia, seguite da quelle del Centro (29%), del Sud (17%) e delle Isole (4%). Scendendo nel dettaglio, l’analisi della provenienza delle telefonate per province evidenzia che oltre la metà di queste provengono da 10 differenti province.
L’AIDS in Italia
I nuovi dati del Centro Operativo Aids (COA) dell’Istituto superiore di sanità evidenziano una sostanziale stabilità del numero delle nuove diagnosi Hiv negli ultimi tre anni, così come appare stabile la percentuale dei late presenter, vale a dire di coloro che scoprono di essere Hiv-positivi in fase avanzata di infezione. Attualmente, in Italia, sono tra le 125mila e le 130mila le persone che convivono con l’Hiv, e sono prevalentemente di sesso maschile”. Sono questi i dati citati dal ministero della Salute, presentando le iniziative previste per sabato primo dicembre in occasione della trentesima Giornata mondiale nella lotta all’Aids.
Secondo le stime, restano tra le 12mila e le 18mila persone sieropositive che non hanno ancora una diagnosi perché non hanno mai fatto il test, nonostante almeno un terzo (circa 6mila) di loro abbia una situazione immunitaria compromessa. Nel 2017, sono state riportate 3.443 nuove diagnosi di infezione da Hiv che significano 5,7 nuovi casi ogni 100mila residenti.
L’incidenza italiana è simile alla media osservata tra i Paesi dell’Unione Europea (5,8 nuovi casi per 100mila) e dal 2015 l’andamento risulta pressoché stabile. Il trend è chiaro: l’incidenza maggiore di infezione da Hiv è nella fascia di età 25-29 anni.