sorveglianzaAnche se gli utenti hanno disattivato la geolocalizzazione: nell’ultimo anno la compagnia ha incamerato informazioni sulla posizione degli smartphone Android, informazioni ottenute attraverso gli indirizzi dei ripetitori cellulari agganciati dai telefoni.


La posizione è tracciabile sia che il servizio è spento, sia quando non sta usando nessuna app. Persino se non è ancora stata inserita la Sim sul telefono. Non appena si è connessi a internet, il dispositivo invia i dati direttamente a Google. Che ha sviluppato il sistema operativo.

 

Dall’inizio del 2017 i device di Android registrano tutte le antenne ripetitrici più vicine a noi (anche con GPS spento) e inviano queste informazioni a Google, o meglio all’unità Alphabet che sta dietro al mondo Android.

 

Nel lasso di tempo indicato Google ha avuto accesso a informazioni sulle posizioni dei suoi utenti e sui loro movimenti. La vicinanza a due o più ripetitori cellulari può essere sufficiente a triangolare con relativa precisione la posizione di un telefono in un’area densamente popolata.

 

Inoltre, da una ricerca condotta dagli studiosi dello Yale University Privacy Lab e dagli esperti della società francese Exodus Privacy è emerso che circa il 75% delle applicazioni presenti sul Google Play Store utilizzerebbe tracker di terze parti per studiare il comportamento degli utenti e ricavarne dati utili per realizzare dei profili (personali e commerciali) di chi utilizza le loro applicazioni. Questi dati sarebbero poi rivenduti (o utilizzati internamente) per finalità pubblicitarie.

 

“Siamo sorvegliati. Il governo dispone di un sistema segreto, una Macchina, che ci spia ogni ora, di ogni singolo giorno.”

 

Questa frase, prologo di ogni episodio della nota serie televisiva Person of Interest, potrebbe sembrare un esagerazione ai più. Eppure, quotidianamente, questo assunto, che per molti sembra un incubo di matrice tecnofobica, si avvicina ad accarezzare la verità.