Un anno particolarmente infausto, il 2016, per le Università Italiane.
Lo scorso 12 dicembre, a firma Giannini, il Miur ha licenziato il decreto relativo alle procedure per la “Autovalutazione, valutazione, accreditamento iniziale e periodico delle sedi”. Il decreto riscrive le regole attraverso le quali l’Anvur ha sin qui operato e che consentono al Ministero di accreditare e valutare sedi e corsi di studio. Il decreto aveva come intendimento quello di semplificare le deliranti norme precedenti, l’esito – invece – è quello di una sostanziale conservazione dell’approccio burocratico all’accreditamento e alla valutazione/autovalutazione aggiungendo alcune gravissime novità. La prima di queste è relativa alla possibilità di attivare nuove lauree professionalizzanti in deroga agli attuali ordinamenti didattici. L’articolo 8, intitolato “Flessibilità dell’offerta formativa e corsi di laurea sperimentali ad orientamento professionale”, istituisce corsi di studio “direttamente riconducibili alle esigenze del mercato del lavoro” il cui progetto formativo “è sviluppato mediante convenzioni con imprese qualificate”. Il progetto formativo prevede un ampio numero di CFU attribuiti agli studenti attraverso attività di tirocinio in impresa e modifica sensibilmente gli ordinamenti didattici degli usuali corsi di studio.
Se la necessità di sperimentare percorsi di studio più vicini al mondo del lavoro e dell’impresa è un’esigenza avvertita da tempo nel nostro paese, questo decreto – non discusso con le organizzazioni degli studenti né con le rappresentanze universitarie – appare come l’ennesima trovata vuota di progettazione e programmazione. In primo luogo, è inaccettabile che vengano di fatto istituiti nuovi corsi di studio che derogano profondamente dalle attuali norme attraverso un decreto che si occupa di altro: di valutazione, autovalutazione e accreditamento. In secondo luogo, manca un quadro regolamentare e una pianificazione, seppure minima, degli interventi necessari a integrare queste sperimentazioni nel sistema pubblico dell’istruzione terziaria. Ad esempio, appare evidente la mancanza di coordinamento col sistema territoriale degli ITS dei quali, queste lauree, rischiano di essere una replica. Ancora, se gli ordinamenti didattici offrono quel quadro di insegnamenti che rendono i corsi di laurea comparabili, anche dal punto di vista delle conoscenze e competenze acquisite dagli studenti, quasi nulla è detto sull’organizzazione didattica di questi nuovi corsi di laurea. Ciò rischia di porre seri problemi di riconoscibilità del titolo di studio erogato e della sua collocazione nel sistema delle attuali classi di laurea. In ultimo, manca qualsiasi riferimento alla necessità di regolare con attenzione le attività di tirocinio in impresa che mostrano troppo spesso una scarsa funzione formativa.
Il Decreto approvato dalla Giannini non ha solo questa criticità. Una seconda gravissima scelta è quella valutare la qualità della produzione scientifica dei singoli docenti che afferiscono a un corso di laurea attraverso i risultati della VQR. Uno strumento male ideato e peggio realizzato per la valutazione delle strutture di ricerca è utilizzato per la valutazione dei docenti che afferiscono alle strutture didattiche. In tal modo si palesa la profonda “ignoranza” delle differenze essenziali che ci sono tra dipartimenti in quanto strutture di ricerca e corsi di studio. E si rendono accessibili ai responsabili delle strutture i risultati individuali di una valutazione che è però costruita intorno alle strutture. In realtà, abbiamo in questi anni verificato che non si tratta certo di ignoranza, ma di scelte consapevolmente messe in atto per indebolire il sistema universitario pubblico. Del resto, questa norma non fa altro che replicare quanto già accaduto con i collegi di dottorato, con gli esiti che sono sotto gli occhi di tutti: gravissima riduzione dei dottorati e del numero di dottorandi, perdita delle specificità scientifiche e culturali di strutture che assomigliano sempre più a carrozzoni raccogliticci di settori scientifici tra loro anche troppo diversi e senza nessuna reale interdisciplinarietà. A ben guardare, proprio l’interdisciplinarietà e l’internazionalizzazione, predicate a parole, vengono sistematicamente frustrate nei fatti.
Proprio alla luce di questo decreto, appare ancora più grave la scelta del Presidente dell’Anvur, Andrea Graziosi, di presentare i primi risultati della VQR 2011-2014 sotto forma di “classifiche”. Ossia mettendo in lista gli atenei meglio valutati e quelli peggio valutati e pretendendo, peraltro, di giustificare l’operato dell’agenzia mostrando una “convergenza” del sistema frutto della maggiore attenzione dei valutati alla qualità scientifica. Mettendo quindi in raffronto i risultati della precedente VQR con quelli attuali e fingendo di ignorare che – cambiate le modalità di valutazione, gli indicatori, l’arco temporale, gli oggetti osservati – le due VQR sono incomparabili. Ovviamente, la comunità universitaria ha appreso di questi risultati – come è diventato ormai usuale – solo a mezzo stampa e attraverso i proclami di quegli atenei meglio piazzati nelle classifiche dell’agenzia (non ultima, come sempre è accaduto, quella dell’ex ministro).
Il nuovo anno, insomma, si chiude nel solco dei precedenti: quello tracciato dal lento declino del nostro sistema universitario, specchio del resto dell’intero paese. Basti come indice l’ennesimo rapporto relativo ai progetti ERC – i Consolidator Grant – che vedono i ricercatori italiani secondi in Europa per numero di progetti vinti. Molti di questi, tuttavia, già lavorano all’estero e all’estero svolgeranno i loro progetti. Il nostro sistema beneficerà ben poco, così come in passato, di questo importante risultato.
Possiamo solo augurarci che la nuova Ministra segni un cambio radicale di passo e sia meglio disposto dei precedenti al dialogo e all’ascolto innanzitutto della comunità universitaria italiana, e delle organizzazioni sindacali, studentesche, professionali. Dal canto nostro, siamo pronti a rilanciare un nuovo anno di iniziative e di lotte a difesa e per lo sviluppo delle università italiane.