Via libera definitiva dell’Aula della Camera alla legge sulle unioni civili. Il testo è stato approvato a Montecitorio con 372 voti a favore, 51 contrari e 99 astenuti. Il provvedimento crea un nuovo istituto utilizzabile da tutti le coppie maggiorenni dello stesso sesso, attribuendo a costoro gli stessi diritti previsti per il matrimonio nel codice civile. L’iter e la regolamentazione dei rapporti patrimoniali sono infatti praticamente gli stessi con l’unica eccezione delle adozioni a cui i componenti dell’unione non potranno accedere. In particolare l’unione civile non potrà essere realizzata se una delle parti è ancora sposata, non ha la maggiore età (salvo apposita autorizzazione del tribunale); ha un’interdizione per infermità mentale; ha un legame di parentela con l’altra parte; è stata condannata per omicidio consumato o tentato sul coniuge dell’altra.
Le unioni civili si sottoscrivono di fronte a un ufficiale di stato civile, alla presenza di due testimoni e viene iscritta in un registro comunale. È certificata da un documento che attesti la costituzione dell’unione e che deve contenere: dati anagrafici; regime patrimoniale; residenza. Si può scegliere uno dei due cognomi o decidere di adottare entrambi i cognomi.
La similitudine con il matrimonio emerge anche per la regolazione del regime giuridico ovvero diritti e doveri reciproci, figli, residenza, concorso negli oneri, abusi familiari, interdizione, scioglimento dell’unione: il ddl prevede infatti la completa applicazione degli articoli del codice civile previsti per le coppie sposate. In particolare, in caso di decesso di una delle parti dell’unione civile prestatore di lavoro, andranno corrisposte al partner sia l’indennità dovuta dal datore di lavoro (ex art. 2118 c.c.) che quella relativa al trattamento di fine rapporto (ex art. 2120 c.c.). In relazione alla successione, si applicherà ai partner dell’unione civile parte della disciplina contenuta nel libro secondo del codice civile. In caso di decesso il membro superstite avrà diritto, inoltre, alla pensione di reversibilità, alla pensione ai superstiti o all’indennità di morte.
Le coppie di fatto
Oltre alle unioni civili tra persone dello stesso sesso il ddl regola anche le coppie di fatto. Precisando che vengono considerati conviventi di fatto due persone maggiorenni unite stabilmente da legami affettivi di coppia e di reciproca assistenza morale e materiale e coabitanti ed aventi dimora abituale nello stesso comune. La convivenza di fatto può riguardare tanto coppie eterosessuali quanto coppie omosessuali e consiste una forma di tutela più debole rispetto al matrimonio o all’unione civile. In particolare vengono estesi ai conviventi di fatto solo alcune prerogative spettanti ai coniugi (in buona parte sono così codificati alcuni orientamenti giurisprudenziali) come i diritti previsti dall’ordinamento penitenziario, del diritto di visita e di accesso ai dati personali in ambito sanitario; alla facoltà di designare il partner come rappresentante per l’assunzione di decisioni in materia di salute e per le scelte sulla donazione di organi; i diritti inerenti la casa di abitazione; le facoltà riconosciute in materia interdizione, inabilitazione e amministrazione di sostegno; del diritto al risarcimento del danno da fatto illecito.
Da segnalare anche la possibilità di regolare i rapporti patrimoniali attraverso il cd. contratto di convivenza cioè un accordo, con atto pubblico, con cui i conviventi di fatto disciplinano i rapporti patrimoniali relativi alla loro vita in comune e fissano la comune residenza. La proposta specifica i possibili contenuti del contratto, attraverso il quale i partner possono fissare la comune residenza, indicare le modalità di contribuzione alle necessità della vita in comune, scegliere il regime patrimoniale della comunione dei beni, cui si applicano le regole del codice civile. Il contratto di convivenza si risolve in caso di morte; di recesso unilaterale o di accordo tra le parti; in caso di matrimonio o unione civile tra i conviventi o tra un convivente e un terzo.
Alla cessazione della convivenza di fatto potrà conseguire il diritto agli alimenti in capo ad uno dei due partner. Tale diritto deve essere affermato da un giudice ove il convivente versi in stato di bisogno e non sia non è in grado di provvedere al proprio mantenimento (ex art. 438 c.c.). Spetta allo stesso giudice determinare la misura degli alimenti (quella prevista dal codice civile) nonché la durata dell’obbligo alimentare in proporzione alla durata della convivenza.