L’obbligo dichiarativo riguarda anche le ipotesi in cui le attività estere, pur intestate a entità giuridiche diverse dalle società, siano riconducibili a persone fisiche in qualità di “titolari effettivi”. L’articolo 4 del Dl 167/1990 stabilisce che “le persone fisiche, gli enti non commerciali e le società semplici ed equiparate residenti in Italia, che, nel periodo d’imposta, detengono investimenti all’estero ovvero attività estere di natura finanziaria, suscettibili di produrre redditi imponibili in Italia, devono indicarli nella dichiarazione annuale dei redditi“.
Si tratta dell’obbligo di monitoraggio fiscale, assolto mediante la compilazione del quadro RW della dichiarazione dei redditi. Dalla lettura della citata disposizione, si evince che, in linea di principio, anche i trust residenti in Italia aventi natura di enti non commerciali sono soggetti agli obblighi di monitoraggio fiscale e, pertanto, al pari di tutti gli altri contribuenti residenti rientranti nell’ambito soggettivo della normativa in esame, sono tenuti alla compilazione del quadro RW nell’ipotesi di detenzione di attività estere, finanziarie e patrimoniali, a titolo di proprietà o di altro diritto reale, indipendentemente dalle modalità della loro acquisizione (e, quindi, anche se derivanti da eredità o donazioni). Tuttavia, la particolare struttura del trust impone di considerare la questione da una prospettiva più articolata, sulla quale ci si soffermerà a breve.
Agli obblighi di monitoraggio fiscale sono altresì tenuti i soggetti sopra indicati (persone fisiche, enti non commerciali e società semplici ed equiparate residenti in Italia) che, “pur non essendo possessori diretti degli investimenti esteri e delle attività estere di natura finanziaria, siano titolari effettivi dell’investimento secondo quanto previsto dall’articolo 1, comma 2, lettera u), e dall’allegato tecnico del Dlgs 231/2007” (recante norme di materia di antiriciclaggio). L’estensione degli obblighi in materia di monitoraggio fiscale anche ai “titolari effettivi” dell’investimento all’estero o delle attività estere di natura finanziaria si è avuta per effetto della riformulazione del testo dell’articolo 4 operata con l’articolo 9 della legge 97/2013 (“Disposizioni per l’adempimento degli obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione europea – Legge europea 2013“). In tal modo, il legislatore nazionale ha inteso ampliare l’ambito soggettivo della normativa in commento per meglio garantire l’adempimento dell’obbligo di presentazione del quadro RW (che, quindi, non riguarda più soltanto i possessori diretti o formali e coloro che hanno la disponibilità o la possibilità di movimentazione dell’investimento ovvero delle attività finanziarie estere, ma anche chi, sotto un profilo sostanziale, ne sia l’effettivo titolare), con ciò adeguandosi peraltro anche alle indicazioni provenienti dalla Unione europea.
In ordine alle novità introdotte in materia di monitoraggio fiscale dalla legge 97/2013, l’Agenzia delle Entrate ha avuto modo di fornire dettagliate precisazioni nella Circolare 38/E del 23 dicembre 2013 (che ha fatto seguito al provvedimento del 18 dicembre 2013, emanato per dare attuazione alle richiamate disposizioni normative). Con particolare riferimento al trust, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che “l’obbligo di compilazione del quadro RW sussiste non soltanto nel caso di possesso diretto delle attività da parte del contribuente, ma anche nel caso in cui le predette attività siano possedute dal contribuente per il tramite di interposta persona. E’ il caso, ad esempio, di soggetti che abbiano l’effettiva disponibilità di attività finanziarie e patrimoniali “formalmente” intestate ad un trust (sia esso residente o non residente)“. Pertanto, “ogni qualvolta il trust sia un semplice schermo formale e la disponibilità dei beni che ne costituiscono il patrimonio sia da attribuire ad altri soggetti, disponenti o beneficiari deltrust, lo stesso deve essere considerato come un soggetto meramente interposto ed il patrimonio (nonché i redditi da questo prodotti) deve essere ricondotto ai soggetti che ne hanno l’effettiva disponibilità. Al fine di individuare i casi in cui il trust deve essere considerato interposto si può fare riferimento alle fattispecie esemplificative indicate nella circolare 43/E del 10 ottobre 2009, paragrafo 1 e nella circolare n. 61/E del 27 dicembre 2010“.
Alla luce di quanto appena ricordato, quindi, attualmente l’individuazione dei soggetti tenuti all’adempimento degli obblighi di monitoraggio fiscale risponde a criteri di natura sostanziale e di effettività. In particolare, la definizione di “titolare effettivo” rilevante ai fini della seconda parte del comma 1, dell’articolo 4, Dl 167/1990, è stata mutuata dal legislatore dalla definizione contenuta nella normativa antiriciclaggio, di cui all’articolo 1, comma 2, lettera u), Dlgs 231/2007, e all’articolo 2 dell’allegato tecnico al medesimo decreto. Pertanto, come si evince dalla lettura della circolare 38/2013, in caso di entità giuridiche, quali le fondazioni e di istituti giuridici, quali i trust, che amministrano e distribuiscono fondi, per “titolare effettivo” ai fini degli obblighi di monitoraggio fiscale devono intendersi:
- la persona fisica o le persone fisiche beneficiarie del 25% o più del patrimonio di un’entità giuridica, se i futuri beneficiari sono già stati determinati
- la categoria di persone nel cui interesse principale è istituita o agisce l’entità giuridica, se le persone che beneficiano dell’entità giuridica non sono ancora state determinate
- la persona fisica o le persone fisiche che esercitano un controllo sul 25% o più del patrimonio di un’entità giuridica.
In altri termini, l’obbligo dichiarativo riguarda anche i casi in cui le attività estere, pur essendo intestate a entità giuridiche diverse dalle società (ad esempio, fondazioni o trust), siano riconducibili a persone fisiche in qualità di “titolari effettivi” delle attività stesse. La circolare 38/E precisa che “ai fini della determinazione della percentuale rilevante per essere considerato “titolare effettivo” di società e di altre entità giuridiche (quali i trust, ndr), si devono computare anche le partecipazioni imputate ai familiari indicati nell’articolo 5, comma 5, Tuir (…). Il contribuente è tenuto a verificare se durante l’intero periodo d’imposta lo status di titolare effettivo si è realizzato anche per un solo giorno“.
Alla luce dell’assetto normativo sopra sinteticamente descritto, il sorgere dell’obbligo dichiarativo ai fini del monitoraggio fiscale deve quindi essere determinato in concreto, prendendo in considerazione le diverse ipotesi riscontrabili nella pratica. Con particolare riferimento al caso in cui un contribuente detenga investimenti o attività estere per il tramite di un trust, si possono verificare distinte fattispecie a seconda del veicolo attraverso il quale si realizza o meno il requisito della titolarità effettiva. Innanzitutto, come anticipato poco sopra, si ribadisce che i trust, aventi la natura di enti non commerciali, residenti in Italia, non fittiziamente interposti, sono in linea di principio tenuti agli adempimenti di monitoraggio fiscale per gli investimenti all’estero e le attività estere di natura finanziaria da essi detenuti.
Tuttavia, è necessario precisare che, in caso di trust trasparenti residenti, ossia quando il reddito o il patrimonio (o parte di esso) del trust sono direttamente riferibili a beneficiari individuati (ossia a soggetti titolari del diritto di pretendere dal trustee l’assegnazione degli stessi), gli obblighi di monitoraggio delle attività estere ricadono:
- sul trust (sempreché sia un ente non commerciale), se i beneficiari individuati non rivestono la qualifica di “titolari effettivi” ai sensi della predetta normativa antiriciclaggio (ad esempio, perché destinatari di una quota inferiore al 25% del patrimonio). In tal caso, il trust deve indicare nel quadro RW della propria dichiarazione dei redditi il valore delle attività estere e della percentuale del patrimonio non attribuibile ai “titolari effettivi“, se presenti
- sui beneficiari, qualora gli stessi possano essere qualificati come “titolari effettivi” delle attività estere detenute dal trust (ad esempio, perché la percentuale di attribuzione del patrimonio o di controllo è pari o superiore al 25%). I beneficiari individuati titolari effettivi sono tenuti a indicare nel quadro RW della propria dichiarazione dei redditi il valore delle attività estere nonché la percentuale di patrimonio a essi riconducibile. Ad esempio, si pensi al caso di un beneficiario individuato di un trust trasparente che sia destinatario di una quota pari al 25% del patrimonio detenuto all’estero dal trust. In tale ipotesi, il contribuente, in qualità di titolare effettivo degli investimenti all’estero e delle attività estere di natura finanziaria del trust, deve indicare nel quadro RW il valore complessivo delle attività estere (obbligazioni, immobili e conti correnti) nonché la percentuale di patrimonio a esso riconducibile (25%). Il trust, se ente non commerciale residente, deve indicare nel proprio RW il valore dei predetti investimenti e attività e la percentuale del patrimonio non attribuibile al “titolare effettivo” (75%).
Naturalmente, se sussistono titolari effettivi dell’intero patrimonio del trust, quest’ultimo è esonerato dalla compilazione del quadro RW.
Tipo di trust residente
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Caratteristiche
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Soggetto obbligato al monitoraggio
fiscale – compilazione quadro RW |
Opaco
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Trust
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Trasparente
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I beneficiari non sono
titolari effettivi |
Trust
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Solo alcuni beneficiari
sono titolari effettivi |
– Titolari effettivi per le attività ad essi attribuibili
– Trust per le attività non attribuibili ai precedenti |
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Tutti i beneficiari (o l’unico
beneficiario) sono titolari effettivi |
Beneficiari (o l’unico beneficiario)
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Con riferimento alla diversa ipotesi di trust esteri (cioè, non residenti), in capo ai beneficiari individuati residenti sono previsti alcuni adempimenti ai fini del monitoraggio fiscale. In particolare:
- se sono titolari effettivi, devono indicare nel quadro RW le attività detenute all’estero dal trust
- se non sono titolari effettivi, devono indicare nel quadro RW il valore della quota di patrimonio del trust a essi riferibile.
Si ricordi che, in ogni caso, il trustee non può essere qualificato “titolare effettivo“, poiché egli amministra e gestisce i beni in trust “secondo il regolamento del trust o le norme di legge e non nel proprio interesse“. Nella ipotesi di trust con beneficiari non individuati (trust opaco), la circolare 38/2013 evidenzia che “non è pertinente al monitoraggio il criterio utilizzato ai fini della disciplina dell’antiriciclaggio per individuare il titolare effettivo (…).In tal caso, infatti, l’articolo 2, comma 1, lettera b), n. 2), dell’allegato tecnico al decreto legislativo n. 231 del 2007, specifica che per “titolare effettivo” si intende la categoria di persone nel cui interesse principale è istituita o agisce l’entità giuridica. Considerato, infatti, che la dizione “categoria di persone” non consente di individuare puntualmente un soggetto tenuto all’obbligo di monitoraggio, il quadro RW deve essere compilato dal trust stesso, ricorrendone i presupposti“, e cioè nel caso in cui si tratti di trust (opaco) non commerciale residente.
Inoltre, la circolare 38/E precisa che il “titolare effettivo” del trust, individuato secondo i parametri sopra descritti, deve indicare nel quadro RW le attività estere che il trust detiene direttamente e per il tramite di altri soggetti esteri situati in Paesi non collaborativi e fintantoché permanga la condizione di titolarità effettiva degli investimenti.
Per consentire ai “titolari effettivi” del trust di adempiere ai prescritti obblighi dichiarativi, il trustee è tenuto non solo a individuare i titolari effettivi degli investimenti e delle attività detenuti all’estero daltrust, ma altresì a comunicare agli stessi i dati utili per la compilazione del quadro RW, e cioè:
- la quota di partecipazione al patrimonio
- gli investimenti e le attività estere detenute anche indirettamente dal trust
- la loro valorizzazione
- i dati identificativi dei soggetti esteri.