testimonianza-parente-attendibile-cassazioneUna recente Sentenza della Corte di Cassazione risponde all’interessante quesito riguardante la testimonianza di un parente: è attendibile oppure no?


Nel caso specifico, una donna risultava condannata al pagamento in favore di una lavoratrice di oltre 56mila euro a titolo di differenze di retribuzione, Tfr, oltre accessori e regolarizzazione previdenziale e contributiva.

Nella sentenza della Corte di appello, i giudici avevano infatti ridotto la lista testimoniale della ricorrente, escludendo le persone a lei legate da un vincolo di parentela: con, la decisione si sarebbe posta in contrasto con l’art. 244 del Codice di procedura civile, che non vieta l’esame di persone legate da rapporti di parentela con le parti del processo, salvo le ipotesi di cui all’art. 246 dello stesso codice. La statuizione sarebbe stata viziata in ragione di una aprioristica valutazione di inattendibilità di queste persone.

La donna ha quindi proposto ricorso per Cassazione contro la condanna.

Testimonianza di un parente, attendibile oppure no: la Cassazione risponde

La Suprema Corte pertanto, con la Sent. n. 2295/21 del 2.02.2021, ribadisce che in tema di prova testimoniale non esiste alcun principio di necessaria inattendibilità del testimone che abbia con una delle parti processuali un vincolo di parentela o coniugale.

Infatti, l’attendibilità degli stessi non deve essere esclusa aprioristicamente, senza altri elementi da cui il giudice possa desumere la perdita di credibilità.

In tal caso l’ultima parola spetta sempre al giudice, che valuta le prove «secondo il proprio prudente apprezzamento». Pertanto spetta al magistrato dedurre dalle dichiarazioni testimoniali riportate in verbale e dall’analisi delle altre prove se il teste ha detto il vero o meno.

 


Fonte: articolo di redazione lentepubblica.it