Le possibili novità nel Terzo Settore potrebbero avere effetti su molti aspetti: uno di quelli che più fa riflettere è il possibile addio alle Onlus per come le conosciamo. Scopriamone di più.


Rimandato al 1° gennaio 2026 obbligo di passare dal codice fiscale all’apertura partita IVA per tutto il Terzo Settore con un aggravio di adempimenti contabili necessari ed una gestione amministrativa che di certo richiederà ad Associazioni, Non profit e Aps un livello di dettaglio maggiore rispetto al passato, per garantire il rispetto delle norme fiscali. Un rinvio chiesto da più parti e che appare fondamentale per consentire a molte realtà di mettersi in regola e di adeguare anche le norme a latere, soprattutto considerando la varietà e la complessità delle realtà associative coinvolte.

Stretta anche rispetto alla certificazione dei corrispettivi, cosa questa che obbligherà gli enti a documentare in modo appropriato anche tutte le operazioni realizzate con i soci. È proprio su questo tipo di attività, infatti che impatta la principale modifica normativa introdotta con il Decreto-Legge n. 146/2021 che ha ridefinito il trattamento fiscale delle operazioni effettuate dagli enti nei confronti dei soci, con il passaggio da esclusione a esenzione IVA, si introduce un diverso regime fiscale, che comporta l’obbligo di certificare i corrispettivi e rispettare gli ulteriori oneri previsti dalla normativa IVA.

È un dato di fatto, difficilmente confutabile che il terzo settore rappresenta un elemento fondamentale del tessuto sociale italiano, operando in ambiti che spaziano dalla cultura allo sport, dalla solidarietà sociale alla tutela ambientale.

Proprio per l’enorme importanza che queste realtà rivestono, potrebbe essere in arrivo una buona notizia dall’Ue, cioè l’avallo europeo per gli articoli 101, comma 10, Cts (Codice Terzo Settore), e 18, comma 9, d.l.gs. 112/2017. Una novità che consentirebbe di poter finalmente vedere operative ed efficaci norme rimaste inefficaci negli ultimi otto anni. L’ok completerebbe il quadro della riforma rendendone i confini normativi certi e definitivi.

Vediamo gli effetti di questa possibile autorizzazione su Ets, imprese sociali e onlus.

Le novità in arrivo

Il primo fondamentale effetto dell’autorizzazione europea potrebbe essere quello di “sbloccare” il regime fiscale degli Ets a partire dall’imposta sui redditi e dalla possibilità di sanare la dicotomia tra Ets commerciali ed Ets non commerciali (ert.79) attualmente in sospeso.

Ancora più rivoluzionario, sul versante della fiscalità, sarebbe l’effetto prodotto sulle imprese sociali dall’attivazione delle misure di cui all’art. 18 d.lgs. 112/2017 che riconosce la non imponibilità degli utili reinvestiti dalle imprese sociali. Questo che potrebbe essere un cambiamento strutturale con effetti importanti sul panorama Italiano, porrebbe fine ad un’ingiustificata disparità di trattamento attualmente esistente tra cooperative sociali ex l. 381/1991 ed imprese sociali costituite in altra forma.

Questa modifica normativa dovrebbe ulteriormente favorire lo sviluppo di un modello organizzativo del Terzo settore, comunque già dimostra apprezzato dagli stakeholder. L’impresa sociale potrebbe divenire ‘la casa’ naturale, ad esempio, di imprenditori che oggi si trovano non a proprio agio nella veste dell’associazione ordinaria del codice civile, Onlus e Aps di cui all’art. 35 Cts.

Altra spinta importante al “decollo” delle imprese sociali potrebbe arrivare anche dalle misure di cui ai commi 3-5 dell’art. 18. Esse potranno attribuire alle imprese sociali societarie maggiore capacità di acquisire capitale di rischio, remunerato mediante assegnazione di dividendi (cfr. art. 3, comma 3, lett. a), d.lgs. 117/2017) in aggiunta l’entrata in vigore dell’art. 18 potrà costituire il volano per l’istituzione di fondi di investimento, che quindi prevedranno un ritorno economico, destinati alla promozione e allo sviluppo delle imprese sociali, anche costituiti dalle medesime imprese sociali sul modello dei fondi mutualistici di cui alla l. 59/1992 in materia di società cooperative.

Nel Terzo settore si prospetta anche l’addio alle Onlus?

Altro effetto dirompente dell’autorizzazione europea potrebbe consistere nella ‘sospensione’ delle Onlus,  categoria presente nell’ordinamento giuridico italiano, così come ancora vigente ne è il regime fiscale per effetto di quanto disposto dal DD 561/2021 dal 23 novembre 2021, data di avvio del Runts, Registro Unico Nazionale Terzo Settore.

L’art. 101, comma 2, lett. a), CTS, prevede infatti a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in cui l’autorizzazione europea sarà rilasciata l’obbligo per le onlus che non l’abbiano già fatto di iscriversi al Runts ed evitare così l’effetto devolutivo di cui all’art. 10, comma 1, lett. f), d.lgs. 460/1997 (cfr. art. 34, commi 3 e 14, DM 106/2020, e art. 101, comma 8, CTS. Questa misura dovrebbe impattare su  circa 21mila onlus tuttora iscritte all’Anagrafe speciale delle quali solo 1 su 5 alla data di avvio del Runts, novembre 2021, ha già spontaneamente scelto  di aderirvi.

La gran parte del totale non sembra ancora aver preso una posizione precisa ma una volta arrivato l’avallo Europeo, si troverà presto costretto a decidere tra iscriversi e non iscriversi al Registro, ed ancor più specificamente a decidere in quale sezione tra le sette disponibili, iscriversi.

La cancellazione della figura delle Onlus come realtà a se stanti per effetto del prossimo rilascio dell’autorizzazione europea, di fatto armonizzerà e amplierà gli attuali confini del terzo settore. Esclusa una piccola percentuale di Onlus per le quali non sarà possibile il percorso di iscrizione nel Runts, a meno che non vogliano modificare sostanzialmente la propria struttura, tutte le altre Onlus, tanto quelle di natura imprenditoriale che di natura erogativa, potrebbero trovare la loro naturale posizione all’interno del Runts, anche tenendo conto dell’obbligo di devoluzione patrimoniale cui andrebbero incontro ove non s’iscrivessero nel registro del terzo settore.

Per tutte queste realtà la vera  sfida consisterà nell’individuare, tenendo conto della proprie risorse umane, proporzione tra  lavoratori remunerati e volontari e della natura delle proprie entrate, se commerciali e meno, la sezione del Runts nella quale iscriversi.

Resta salva per tutti agli enti iscritti al Registro, in base all’art. 50, comma 3, CTS, e art. 22 DM 106/2020, comunque, la possibilità di spostarsi, “migrare”, da una sezione all’altra del Registro, qualora ci si accorga di non aver effettuato che la scelta più consona.