La Corte di Cassazione ha ribadito che costituisce reato l’installazione in azienda, da parte del datore di lavoro, di dispositivi video collegati a un wi-fi per controllare i lavoratori, senza previo accordo con i sindacati, a nulla rilevando il fatto che i dipendenti abbiano dato il loro consenso scritto.
La Corte di Cassazione ha ribadito che costituisce reato l’installazione in azienda di telecamere di controllo anche con il consenso dei dipendenti.
Con la sentenza n. 22148 dell’8 maggio 2017 viene confermato che, conformemente al dettato normativo (art. 23 del d.lgs n.151/2015), l’installazione di telecamere (da utilizzare soltanto per esigenze organizzative e produttive, per la sicurezza del lavoro e per la tutela del patrimonio aziendale) deve essere preceduta da un accordo tra datore e rappresentanze sindacali dei lavoratori e, in caso di mancata intesa, l’installazione stessa deve essere preceduta dalla richiesta del datore di un provvedimento autorizzativo da parte della direzione territoriale del lavoro.
La norma penale in discorso, al pari di quelle che richiedono l’intervento delle rappresentanze sindacali dei lavoratori per la disciplina degli assetti nei luoghi di lavoro, tutela interessi di carattere collettivo e superindividuale, anche se non è esclusa una possibile interferenza tra la lesione delle posizioni giuridiche facenti capo, sia pure in prima battuta, alle rappresentanze sindacali e quelle facenti capo ai singoli lavoratori.
Telecamere di Controllo, consenso dei dipendenti non è sufficiente
La condotta datoriale, che pretermette l’interlocuzione con le rappresentanze sindacali unitarie o aziendali procedendo all’installazione degli impianti dai quali possa derivare un controllo a distanza dei lavoratori, produce l’oggettiva lesione degli interessi collettivi di cui le rappresentanze sindacali sono portatrici, in quanto deputate a riscontrare, essendo titolari ex lege del relativo diritto, se gli impianti audiovisivi, dei quali il datore di lavoro intende avvalersi, abbiano o meno, da un lato, l’idoneità a ledere la dignità dei lavoratori per la loro potenzialità di controllo a distanza, e di verificare, dall’altro, l’effettiva rispondenza di detti impianti alle esigenze tecnico-produttive o di sicurezza in modo da disciplinarne, attraverso l’accordo collettivo, le modalità e le condizioni d’uso e così liberare l’imprenditore dall’impedimento alla loro installazione. Peraltro, come è stato correttamente sottolineato, sia l’accordo che il provvedimento autorizzativo devono rispettare i principi e le regole stabiliti dall’interpretazione prevalente della normativa lavoristica in tema di controllo nonchè dalla disciplina sul trattamento dei dati personali ( d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196 ).