tassare-criptovalute-in-italiaLe criptovalute, dal loro esordio con la prima release del Bitcoin, hanno colto di sorpresa il mondo bancario e finanziario tradizionale, e questo ha ovviamente avuto ripercussioni su tutta la filiera – compreso l’impatto sui governi centrali, e nello specifico, riguardo alla tassazione delle criptovalute stesse.

La normativa attuale italiana

Le nazioni si sono mosse in ordine sparso riguardo alle cripto, e l’Italia non ha ancora preso una posizione specifica in proposito. Per il momento, aldilà delle valutazioni di metodo sulla loro natura, l’Agenzia delle Entrate ha arbitrariamente equiparato le cripto alle valute estere – anche se ci sono contenziosi aperti in quanto le cripto non hanno alcune caratteristiche che definiscono le monete fiat.

Da un punto di vista fiscale, devono essere dichiarate nel quadro RW della dichiarazione dei redditi, a puro scopo di tracciamento. Una segnalazione che non ha effetto sul contribuente per il calcolo di imposte. Queste invece vengono calcolate, in ragione dell’aliquota del 26% applicata sulle rendite finanziarie, se vi è una plusvalenza nella vendita delle cripto, fatto salvo una franchigia di 51.645,69 euro calcolata sull’ammontare di tutti gli asset cripto posseduti (quindi, un unico conto che accomuna , che protegge i piccoli investitori.

In pratica, se si supera questa soglia per più di sette giorni lavorativi consecutivi, in base al tasso di cambio in Euro all’inizio del periodo a cui l’imposta si riferisce: quindi, all’inizio dell’anno in cui è stata realizzata la plusvalenza. Come si può facilmente capire, si tratta di un metodo poco pratico per la natura estremamente vivace di questi asset.

La Legge Botto, in discussione in questi tempi

Esiste un nuovo Disegno Di Legge, a firma della senatrice Elena Botto, del gruppo misto, che vuole intervenire in questo ambito per rendere la tassazione più equa, in modo da rendere più semplice la situazione soprattutto i piccoli investitori. In pratica, la legge Botto introdurrebbe delle clausole aggiuntive per la determinazione dell’effettivo guadagno, e modulerebbe l’ammontare minimo necessario per far scattare l’obbligo della dichiarazione.

In sintesi, non basterebbe detenere un capitale di 51.645,59 Euro, ma bisognerebbe anche acquistare beni o servizi e la conversione in valuta fiat – quindi per esempio un cambio Ethereum Eur o altra moneta “fisica.”

Questo vorrebbe dire che chi ha un capitale investito in criptovalute, e che resta così, non deve pagare tasse finché non viene liquidato in tutto o in parte, e anche i trasferimenti tra diverse cripto sono esenti da tassazione.

Inoltre, la legge presuppone un minimo di 15.000 Euro entro il quale non sarà necessario comunicare le cripto possedute all’Agenzia delle Entrate. La legge inoltre prevede una sanatoria per i contribuenti che non avevano ancora regolarizzato la loro posizione riguardo alla detenzione di asset in criptovalute, applicando due scaglioni. Un primo scaglione, dell’8%, per capitali fino a 500.000 Euro, e uno con un’aliquota del 10% per importi superiori.

In sintesi

Restiamo dunque in attesa che la proposta veda il suo percorso parlamentare per diventare legge, anche se, dato il periodo di fine legislatura e considerata la congiuntura economica, non siamo affatto sicuri che possa essere approvata in tempi brevi. Inoltre, resta il fatto che questo DDL riguarda solo ed esclusivamente le criptovalute: asset quali gli NFT non sono previsti, e continuano a vagare in un limbo normativo in cui si vedono poche soluzioni.

In conclusione, riteniamo che questi primi passi che vanno verso un riconoscimento dell’asset digitale siano importanti, ma ancora poco sviluppati e concreti. Purtroppo i tempi della politica e quelli dello sviluppo di strumenti di finanza alternativa sono molto diversi, e questo rappresenta un problema probabilmente insanabile, almeno nel Belpaese, che ne limita l’efficienza e lo rende meno competitivo a livello mondiale su molti campi che stanno diventando strategici, come quello delle criptovalute.

 


Fonte: articolo di redazione lentepubblica.it