Il “raptus della passione” spinge l’uomo a stringere con forza il seno all’amante: ma questo gesto può essere considerato un reato? La risposta la dà la Cassazione.
La Corte di Cassazione, sez. III Penale, con la sentenza 9 giugno – 2 agosto 2017, n. 38646 ha emesso una Sentenza dal tono un po’ particolare: condannato un uomo reo di aver stretto con eccessiva forza i seni dell’amante, provocandole una «sensazione dolorosa protrattasi per un paio di giorni».
L’integrazione infatti della fattispecie criminosa di violenza sessuale non richiede che l’atto sessuale sia finalizzato al soddisfacimento del piacere erotico, essendo necessario e sufficiente, a fronte del dolo generico del reato, che l’agente abbia la coscienza e volontà di realizzare gli elementi costitutivi del medesimo (in specie, appunto, si trattava di palpeggiamento dei glutei e toccamento del seno della persona offesa posti in essere al fine di intimorire ed umiliare la stessa).
L’elemento soggettivo del reato di violenza sessuale è integrato dal dolo generico, consistente nella coscienza e volontà di compiere un atto invasivo e lesivo della libertà sessuale della persona offesa non consenziente, sicché non è necessario che detto atto sia diretto al soddisfacimento dei desideri dell’agente né rilevano possibili fini ulteriori – di concupiscenza, di gioco, di mera violenza fisica o di umiliazione morale – dal medesimo perseguiti (Sez. 3, n. 4913 del 22/10/2014, dep. 2015, P., Rv. 262470).
In specie, alla stregua delle richiamate considerazioni sulla ribadita attendibilità della vittima, nonché avuto riguardo ai ricordati principi in tema di c.d. doppia conforme e di acquisita nozione di atto sessuale, quest’ultimo è stato correttamente individuato nella forte stretta dei seni della ragazza (tant’è che la sensazione dolorosa si era protratta per un paio di giorni), a prescindere dall’intento dell’aggressore di soddisfare il proprio piacere.
Un uomo che stringe il seno di una donna non è normale
Esatto.