In Italia, una struttura su tre non rispetta le norme antincendio: ecco cosa sapere sulla situazione della sicurezza negli ospedali.
Il recente incendio in un ospedale di Tivoli, che ha provocato tre vittime, ha acceso i riflettori sulla questione della sicurezza negli ospedali italiani.
Secondo le stime, nel nostro Paese un ospedale su tre non rispetta le norme antincendio. Ciò comporta diversi rischi per i pazienti e il personale medico.
Ecco nel dettaglio la situazione.
Norme antincendio negli ospedali: problemi di sicurezza in diverse strutture
Secondo la Federazione italiana delle aziende sanitarie e ospedaliere (Fiaso), un ospedale su tre in Italia non è riuscito ad adeguarsi alle norme antincendio introdotte nel 2015 e prorogate più volte.
Come dichiarato da Giovanni Migliore, presidente della Fiaso, non esiste un quadro complessivo dettagliato, relativo agli oltre mille ospedali presenti sul territorio.
Il problema principale, che riguarda sia i piccoli ospedali che quelli più grandi, è la difficoltà ad adeguarsi alla normativa e alle sue scadenze, non facili da rispettare, sia per motivi logistici che per carenza di finanziamenti.
La normativa di riferimento è la Regola tecnica del 2015, che prevedeva una serie di passaggi da completare entro il 2022, poi prorogata più volte (l’ultima scadenza sarà nel 2025). Tuttavia, il tempo per presentare un piano d’interventi scadeva nel 2016.
I costi sono piuttosto alti, perché la maggior parte degli ospedali sono datati: come indicato nell’analisi del Cnr, il 50% degli ospedali è stato costruito fra il 1900 e il 1980 e il 22% prima del 1900. Solo una piccola percentuale è stata costruita negli ultimi 43 anni.
Gli ospedali con l’età media più alta sono in Umbria, Lazio e Toscana, mentre i più recenti si trovano in Valle d’Aosta, Molise e Calabria.
Ma per adeguarsi alle nuove norme di sicurezza, bisogna affrontare interventi pesanti, pianificando addirittura una chiusura temporanea e trovare, quindi, un’alternativa per quel periodo di tempo. Oppure scaglionare gli interventi, lasciando aperta una parte della struttura, ma allungando i tempi per la messa a norma.
Come affermato da Migliore:
“La speranza è che Stato, Regioni, Comuni e aziende sanitarie si possano sedere ad un tavolo per mettere a punto un piano di interventi realistico e aderente alla possibilità d’intervento reale”.
Fonte: articolo di redazione lentepubblica.it