Confcommercio e Confindustria propongono di integrare la sanità pubblica con una sanità complementare di tipo universalistico, capace di garantire una compartecipazione alla spesa più efficiente che permetterebbe anche di liberare risorse e stimolare nuovi investimenti e consumi.
La spesa sanitaria out of pocket degli italiani, ovvero quanto le famiglie “scuciono” di tasca propria, cresce a un ritmo più che doppio rispetto a quella pubblica e solo negli ultimi cinque anni è aumentata dell’8%. Il peso che grava direttamente sui cittadini, inoltre, è concentrato su un 40-50% della popolazione che praticamente non usufruisce delle strutture pubbliche.
E’ partendo da questi dati di fatto che Confcommercio e Confindustria sono partite per elaborare la loro proposta comune per l’integrazione tra primo e secondo pilastro illustrata nel corso del convegno “La sanità nel welfare che cambia”, svoltosi a Roma presso il Centro Congressi Roma Eventi. Se la spesa privata è oggi pari a circa 32 miliardi di euro (circa 530 euro pro capite, senza contare il sommerso) e visto che i fondi sanitari ne intermediano solo tra i 4 e i 5 miliardi, è evidente – per le due Confederazioni – che il grado di sostenibilità finanziaria complessiva del sistema sanitario va riducendosi e che va fatto qualcosa per evitare che il sistema sanitario vada “fuori mercato”.
La strada da imboccare è dunque quella di un ridisegno complessivo del sistema sanitario integrando la sanità pubblica di primo pilastro con una sanità complementare di secondo pilastro di tipo universalistico, capace di garantire una compartecipazione alla spesa più efficiente che permetterebbe anche di liberare risorse e stimolare nuovi investimenti e consumi. Confcommercio e Confindustria sono infatti convinte che la sanità complementare, messa in sinergia con la sanità pubblica, sia capace di stimolare l’efficientamento complessivo del sistema.
La riforma di quest’ultimo deve essere però accompagnata da politiche di incentivazione fiscale più incisive che favoriscano l’adesione dei cittadini ai fondi sanitari complementari, a partire dall’esclusione dal reddito imponibile dei contributi versati e dalla concessione di sgravi Irap e di un esonero contributivo totale alle aziende che versano quote per la sanità complementare a beneficio del proprio personale. Attraverso lo sviluppo del secondo pilastro, concludono le due Confederazioni, la spesa out of pocket diventerebbe spesa strutturalmente intermediata, con numerosi vantaggi per tutto il sistema, dall’efficientamento del sistema sanitario nazionale all’ingresso di risorse “private” verso il sistema sanitario.