Il TAR della Lombardia stabilisce i limiti di applicazione del Codice appalti e le deroghe per i servizi sociali gestiti dagli enti del Terzo settore.
La sentenza 2533/2024 del Tribunale Amministrativo Regionale (TAR) della Lombardia segna un punto di svolta per la gestione dei servizi sociali, precisando il ruolo degli enti del Terzo settore e chiarendo i confini normativi per l’affidamento dei servizi in deroga al Codice dei contratti pubblici. La decisione conferma che le amministrazioni pubbliche possono affidare la gestione di tali servizi attraverso strumenti collaborativi come la co-programmazione e la co-progettazione con gli enti del Terzo settore, evitando il ricorso obbligato a procedure di gara tradizionali.
Il principio di sussidarietà orizzontale
La pronuncia si basa sull’articolo 55 e l’articolo 56 del Codice del Terzo settore (d.lgs. n. 117/2017), che promuovono un modello operativo differente, fondato sul principio di sussidiarietà orizzontale, ossia una cooperazione tra pubblico e privato per il bene comune. Questo modello punta a identificare i bisogni sociali e a determinare i mezzi per soddisfarli, attraverso una stretta collaborazione tra amministrazioni pubbliche e soggetti del Terzo settore, piuttosto che tramite l’aggiudicazione competitiva di contratti o concessioni previste dal Codice dei contratti pubblici (d.lgs. n. 36/2023).
Servizi sociali gestiti dal Terzo settore: limiti all’applicazione del Codice appalti
Il TAR Lombardia ha specificato che il Codice dei contratti pubblici non regola le procedure di co-programmazione e co-progettazione in collaborazione con il Terzo settore, chiarendo che tali processi seguono principi e modalità differenti rispetto alle gare d’appalto tradizionali. Tale interpretazione si basa sull’articolo 6 del Codice dei contratti pubblici, che stabilisce un’esclusione per le iniziative collaborative elencate nel Titolo VII del Codice del Terzo settore (articoli 55 e 56), separandole dalle norme vincolanti previste per gli appalti pubblici.
In pratica, questa esclusione implica che, nelle procedure di co-programmazione e co-progettazione, non sia necessario rispettare le rigide regole di competizione e riservatezza tipiche dei contratti pubblici. Nelle gare d’appalto, infatti, le offerte vengono presentate in forma anonima e sigillata per garantire una selezione imparziale, e le componenti tecniche ed economiche devono rimanere separate per prevenire influenze reciproche che potrebbero alterare l’equità del processo.
Nel caso delle procedure di co-programmazione e co-progettazione, invece, l’obiettivo non è la competizione ma la costruzione di un progetto condiviso con soggetti del Terzo settore, che si configura più come una collaborazione per identificare i bisogni e sviluppare risposte adeguate. In questo contesto, l’assenza di una competizione rigorosa e della separazione tra offerta tecnica ed economica consente un dialogo più aperto e flessibile, orientato a definire congiuntamente il servizio da erogare e le modalità di realizzazione.
Questa modalità collaborativa permette alle amministrazioni pubbliche di scegliere uno o più partner del Terzo settore con cui instaurare una relazione di co-progettazione, fondata su intenti comuni e sull’identificazione partecipata delle risorse e delle soluzioni da adottare. La sentenza del TAR, quindi, consolida la visione secondo cui questi accordi rappresentano una valida alternativa alla contrattazione pubblica, consentendo interventi sociali più mirati e adattati alle specificità del territorio e dei beneficiari.