Torna per un attimo in mente la fraseS’ha da aspettà, Ama’. Ha da passà ‘a nuttata“, che in Napoli  milionaria il famoso De Filippo, nei panni di Gennaro, dice alla moglie Amalia. Frase che contiene in  sé molte interpretazioni.

Oggi questa frase avrebbe l’ennesima interpretazione, dell’attesa che passi la notte, una notte che  ci ha fatto dimenticare che sia esistito il giorno prima e che il nuovo giorno non riesca ad arrivare  come se il tempo si fosse incastrato da qualche parte, bloccando gli orologi, che non segnano nessuna ora, lasciando tutti nell’incertezza di un’alba e nella domanda di quando questa arriverà.

Domanda che forse non avrà mai una risposta.

Una notte bloccata perché senza passato e senza  futuro, come se una grande gomma avesse cancellato oltre i bordi di quello che è stato.

Mi sento fuori posto, come se stessi vivendo in un’altra epoca, che non è scivolata verso di me in  modo naturale, ma si è presentata proprio con un gradino che dovrei superare, per passare a tutti  gli effetti, dall’altra parte, insieme alla gran parte degli “immuni di gregge”.

Ma quel gradino per me  è insormontabile. Scorgo tutte le persone che sono passate dall’altra parte, e più persone vedo e più ho la sensazione, che quel gradino non sarà mai superato.

Anche se non si finisce mai di capire, ho capito perfettamente il mio non capire, che si può tradurre  nel non voler accettare, costi quello che costi.

Questo implica solitudine, perché quando una persona ha degli strani tarli per la mente, non  convenzionali, diventa un po’ pericoloso o quantomeno da tenere ad una certa distanza di sicurezza,  perché nell’immaginario collettivo, sei già messo al muro, condannato, senza una via d’uscita.

Le uniche mani tese sono quelle che ti vorrebbero convincere che non c’è niente da fare, se non  capitolare, per convincermi a tornare sui miei passi, basterebbe poco … ma fortunatamente per me,  quel poco è tanto, tantissimo, come un vizio a cui non si ha nessuna intenzione di rinunciare.

Quindi resto lì, fermo, dove sono sempre stato, facendo e rifacendo gli errori tipici di chi ha imparato  a farli bene e li sa rifare all’occorrenza, quando si ripresenta l’occasione, per tutti i motivi che stanno  dentro quel bilancio della vita non quadrato, dove nelle colonne di dare e avere si trovano cifre  impressionanti di sogni, valutati a patrimonio per quanto belli, grandi e pluriennali.

Alla ricerca di eroici cavalieri solitari, su cavalli alati che non hanno mai toccato terra e non  conoscono le ghiande.

Si, solitari, perché solo chi è in disposto a fare una guerra anche da solo, è  in grado di vincere le battaglie insieme agli altri.

E se sono fortunato, come lo sono, grazie alla mia  buona stella, un giorno busserà alla mia porta, qualcuno come me, disposto a lottare contro questa  nuova invasione di Vandali in odore di santità, mantenendo quell’equilibrio che serve in questi casi,  che renda le mie idee stabili, ragionate, avendo occhi accesi da sentimenti e disponibile a farsi male se proprio è necessario.

Non vorrei diventare scontroso, ma non sopporto più tutti quelli ormai ammaestrati, che nell’ora  d’aria, stanno in fila, distanziati, con la mascherina e che spesso si azzuffano come galline, persi  dentro il Corriere della Sera o La Repubblica, sommersi da immondizie di informazioni di trasmissioni taroccate e che non tollerano altri pensieri che non siano partoriti dalla dittatura sanitaria. 

Non so se il mio sentimento è di rabbia, pena o schifo, di questa società che adora l’ordine.

Quell’ordine che non ha il senso di ordinato, di pulito o di rispettoso, ma quell’ordine che ricorda il Cile e l’Argentina degli anni settanta. Le stesse persone ipocrite fondamentalmente frustrate dalla loro schiavitù e che tendono quindi a fare i collaborazionisti del potere.

Vorrei solo spiegare ai tanti, che tutto questo non è un film, dove al massimo se lecchi i piedi a  qualcuno si riesce a fare la comparsa, senza un lieto fine, perché a prescindere dai bilanci della  propria vita, che ognuno crede di gestire al meglio con il suo pallottoliere, non si può chiedere il  rimborso per la vita che non si è vissuta.

 


Fonte: articolo di Roberto Recordare